Srinagar, Kashmir 1948: In ricordo di Cartier Bresson

di Carlo Sacco

Spesso rifletto su quante possano essere le cose che in una vita ti passano vicino senza riceverne la sensazione della loro presenza, del loro attimo che se potesse essere da noi fermato ci porterebbe più lontano.

Non sono uno che crede che esista una natura intrinseca delle cose per la quale persone siano portate a ritenere che esista un livello di comunicazione per cui siano le cose stesse a venire a te anziché tu ad andare verso di loro e incontrarle.Tutto questo non esiste ed è solo una proiezione della nostra mente. Invece ciò che si verifica raramente è proprio il fatto consequenziale al nostro spirito di osservazione che in tempi diversi talvolta riesce a portare fuori la nostra memoria e ad accoppiarla alle immagini del vissuto.

Mi è capitato più volte come del resto sarà capitato quasi a tutti coloro che hanno concentrato nel tempo la loro attenzione alle immagini e alle situazioni del loro vissuto. Il viaggiare col corpo e con la mente ”sottolinea in grassetto” tale condizione e per questo voglio evidenziare due fatti emblematici che ultimamente hanno caratterizzato tale status. Scorrendo su Internet qualche giorno fa su di un sito che vendeva lastre e vecchie stampe fotografiche ho potuto osservare un luogo ritratto nel 1900 e riportato su di una stampa fotografica all’albumina.

Un posto panoramico fra le montagne del Kashmir Indiano ove 50 anni più tardi Cartier Bresson avrebbe scattato la celebre foto dal titolo “Srinagar,Kashmir 1948” con un gruppo di donne che riprese dal retro, davano la fronte alle montagne con sotto il Lago Dhal.

L’imagine del famoso fotografo è divenuta una icona mondiale e ultimamente nel formato 40×50 è stata venduta a 12.500 dollari nel mercato statunitense. Questo per dire che spesso la nostra mente assorbe inconsapevolmente le immagini e riesce a riaccoppiarle nel momento che immagini simili ci passano casualmente davanti. Il problema non è certo sconvolgente, ma in quel preciso istante la casualità è proprio il saperle riconoscere.

L’immagine che ho osservato era una immagine ripresa quindi mezzo secolo prima del 1948 ed era mancante di quelle figure umane che sul bordo di una valle all’alba stavano forse pregando quando Bresson ha scattato. Il profilo delle montagne e l’atmosfera hanno fatto il resto ed hanno impegnato la memoria. Poi è venuta la verifica dato che ho acquistato per l’Archivio detta immagine alla modica somma di 10 dollari. Chi l’ha venduta senz’altro non ha avuto tale imput poiché diversamente non l’avrebbe ceduta.

L’altro fatto successomi molto tempo addietro è stato quello di aver riconosciuto un personaggio sconosciuto fotografato da me in Hyde Park a Londra nel Settembre 1970 e poi averlo ritrovato circa 40 anni dopo in un libro della Magnum (la famosa Agenzia fondata da Bob Capa e Cartier Bresson), ma il luogo ripreso nella foto del volume non era più Londra bensì Santa Monica in California, e la persona non era nota, era un uomo normale (Foto di Dennis Stock).

Se tale cosa fosse successa a qualche indiano o religioso induista quasi senz’altro avrebbe trovato un collegamento con un fatto divino per il quale secondo lui ci sarebbe stata senz’altro l’intromissione di un Dio nella cosa e l’interrogativo tutto umano che sarebbe rimasto avvolto nel mistero sarebbe stato il chiedersi le motivazioni recondite di tutto ciò.

Le cose insolite diventano divine anche se non si riesce a dar loro una spiegazione e per di più se maneggiate dagli umani…Il credere a tali scherzi spesso si produce nella mente delle persone. Siamo comunque spettatori di una realtà che riusciamo ad influenzare per nostro conto, di piegarla alle nostre caratteristiche intellettive, ma le nostre percezioni sono di un limite talmente infinitesimo che se potessimo registrare e collegare tutto quanto ci passa accanto potremmo sostituire una centrale d’ascolto stellare.

dennis stock.santa monica,california 1968

 

E tutto questo per la nostra limitatezza umana risulta impossibile. Avete mai pensato che tutto ciò che vediamo intorno a noi non sia che l’espressione a nostra misura della nostra realtà oggettiva di persone causata dalla nostra mente? In effetti può essere così. Le frontiere della fisica subatomica sempre più ce lo fanno intuire e ci disegnano una realtà a più dimensioni.

Se si ascoltasse il parere di uno di quei vecchi asceti dell’Himalaya ci verrebbe detto che tutto questo non è casuale, ma è un segno determinato della facoltà data agli uomini di saper leggere quanto passa intorno a loro stessi. Un segno del divino insomma.

C’è chi si sforza a dirlo ma convince sempre di meno e spesso cerca di riciclarsi. Brutto segno, ma per lui…

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