Dichiarazione di voto contrario de La Primavera al Piano strutturale

Signor Sindaco, signori Assessori, colleghi Consiglieri, il Piano Strutturale che oggi ci viene proposto per l’approvazione, pur avendo subìto alcune modifiche rispetto a quello adottato in Consiglio Comunale, è sempre frutto della stessa idea politica di sviluppo economico che noi non condividiamo, perché basato sul consumo di suolo, la cui conservazione e valorizzazione dovrebbe invece costituire la risorsa fondamentale per il rilancio del nostro paese.

UNA PROFONDA DIVERSITA’ DI IMPOSTAZIONE POLITICA RELATIVA ALLO SVILUPPO ECONOMICO

E’ vero che in passato l’economia edilizia è stata uno dei motori della crescita del nostro paese, ma è ormai accertato che non può più essere tale.

Lo affermano gli stessi imprenditori edili che nelle loro assemblee hanno più volte evidenziato come il futuro della categoria risiede nella ristrutturazione e nell’assetto del territorio e non più nella nuova urbanizzazione.

Lo affermano i moderni studi economici, recepiti anche nel Disegno di Legge Quadro in materia di valorizzazione delle aree agricole e di contenimento del consumo del suolo, allo studio del Parlamento, che all’art. 1 dice:

La presente legge detta principi fondamentali per la valorizzazione e la tutela dei terreni agricoli, al fine di promuovere e tutelare l’attività agricola, il paesaggio e l’ambiente, e per il perseguimento di uno sviluppo equilibrato delle aree urbanizzate e delle aree rurali, al fine di contenere il consumo di suolo” e che all’art. 4 prevede contributi per chi attua ristrutturazioni e conservazione del suolo.

Lo afferma il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali promuovedo il convegno: “Costruire il futuro: difendere l’agricoltura dalla cementificazione” nei cui atti si legge che, dagli anni ’70 del secolo scorso ad oggi, l’Italia ha perso una superficie agricola pari a Liguria, Lombardia ed Emilia Romagna messe insieme e che la cementificazione sta insediando l’organizzazione del territorio, del paesaggio e degli ecosistemi in maniera irreversibile impermeabilizzando ogni giorno 100 ettari di terreni naturali, con tutte le conseguenze idrogeologiche negative.

Quale vero sviluppo sostenibile può esistere senza tenere conto di tutte queste considerazioni?

Ed è proprio tenendo in massima considerazione questi concetti che noi, invece, crediamo in un vero sviluppo sostenibile, basato sull’utilizzo del patrimonio ambientale come risorsa da salvaguardare e valorizzare e non più solo da sfruttare e, purtroppo, questa idea non la percepiamo come prevalente nel Piano Strutturale che ci viene proposto per l’approvazione.

IL NOSTRO CONCETTO DI PIANO STRUTTURALE

Se vi ricordate, la nostra relazione al momento dell’adozione iniziava con queste parole:

Vi voglio fare una domanda: avete mai fatto un giro completo dell’edificato di Chiusi? Ma non a scopo turistico o ricreativo, bensì per fissare l’attenzione sulle sue caratteristiche urbanistiche?

Io l’ho fatto qualche domenica fa. Ho preso la macchina e ho fatto un giro. Se qualcun altro di voi l’ha fatto vorrei che mi spiegasse quale logica è racchiusa nello sviluppo urbanistico del nostro paese perché io non sono riuscito a capirla.

Ho visto solo caos e quartieri che sembrano nati da compulsioni isteriche di qualcuno che ha scambiato il territorio per un tiro a segno dove ogni tanto lanciare una colata di cemento e mattoni.”

Ebbene, questa constatazione avrebbe dovuto portare ad un Piano Strutturale che avesse come tema principale il riassetto dell’edificato e del territorio ad esso collegato. Questo sarebbe stato il nostro obiettivo se fossimo stati al governo.

Così non è stato, ed il risultato è la predisposizione di un Piano che punta in maniera importante sulle nuove urbanizzazioni che, di fatto, come osservato anche dalla Regione Toscana, e come detto dagli stessi progetisti del Piano, in alcune relazioni facenti parte del progetto, impediranno di realizzare i recuperi, con il risultato che avremo periferie urbane più vaste e scollegate e centri storici sempre più degradati.

Il nostro giudizio complessivo sul Piano Strutturale è quindi ancora una volta un giudizio negativo perché rimangono in piedi tutte le precedenti motivazioni che lo avevano fatto maturare.

Per chiarezza però bisogna ribadire ciò che dicemmo in sede di approvazione e cioè che la precedente affermazione non significa che non condividiamo nulla.

Alcuni concetti di base sono condivisi e facevano parte anche del nostro programma elettorale e quindi non sarebbe corretto tacerli.

Mi riferisco a tutta la parte riguardante il recupero dell’edificato che può e deve essere la base per il rilancio dell’economia commerciale che può sopravvivere e svilupparsi solo se i centri storici tornano ad essere abitati.

Mi riferisco a tutta la parte riguardante l’edificabilità produttiva che è giusto sia prevista in quei contenitori naturali che abbiamo a disposizione che però non devono diventare solo sede dei soliti capannoni commerciali, oramai inflazionati, ma incubatori di imprese innovative che possano creare una nuova economia che dia occupazione ai nostri giovani che più di tutti stanno pagando le conseguenze di una crisi che è sì mondiale ma che localmente nulla è stato fatto di quello che si poteva fare per alleviare.

Quello che non condividiamo, ancora una volta, è tutta la parte relativa alle nuove urbanizzazioni perché, seppur mitigato rispetto alla precedente proposta, si tratta sempre di notevole consumo di territorio, specie in alcune zone di pregio ambientale, che non ha nessuna motivazione forte per essere attuato ed è in netto contrasto con quanto previsto dalla normativa regionale, così come evidenziato nell’osservazione della Regione Toscana che oltretutto avete accolto, dandogli una vostra interpretazione abbastanza singolare, e che così rischia veramente di mettere in dubbio tutta la parte relativa al recupero e al completamento.

Questa è il nostro progetto di piano che, ripeto, avevamo già enunciato in sede di approvazione ma che qualcuno ha fatto finta di non conoscere, andando spesso a dire in riunioni ed assemblee che l’opposizione non aveva presentato proprie proposte, dimostrando così mancanza di stile e ricerca del consenso basato su slogan vuoti.

IL CONTRASTO CON LE NORMATIVE DI RIFERIMENTO

Anche nella nuova versione, e nonostante le consistenti osservazioni di alcuni gruppi di cittadini, della Regione Toscana e della Provincia di Siena e le conseguenti modifiche adottate, come già detto in precedenza, il Piano contrasta con le normative che consentono nuovi impegni di suolo a fini insediativi e infrastrutturali esclusivamente qualora non sussistano alternative di riutilizzazione e riorganizzazione degli insediamenti e delle infrastrutture esistenti.

Sappiamo ormai bene, e lo dimostreremo successivamente, che nel nostro caso esistono alternative più che sufficienti a garantire le necessità per molti anni ancora.

Nonostante la riperimetrazione di alcune UTOE e lo spostamento di nuova urbanizzazione da un’UTOE all’altra, così da nascondere il concetto di saldatura tra i due centri urbani, in precedenza sbandierato in più occasioni come un valore aggiunto e poi abbandonato perché non consentito dalle normative, la maggior parte delle nuove previsioni residenziali è collocata nella zona collinare tra Chiusi Città e Chiusi Scalo, una zona di pregio ambientale che verrà degradata e subirà un insediamento abitativo concentrato che recherà notevoli disagi sociali e costi infrastrutturali. Si prevedono infatti 128 nuovi alloggi, inferiori ai 206 precedentemente previsti, ma sempre tali da portare nella zona 296 nuovi abitanti con, nella migliore delle ipotesi, 200 nuovi autoveicoli, 128 nuovi allacci di acqua potabile, di energia elettrica e di metano per riscaldamento.

LA MANCANZA DI MOTIVAZIONI GIUSTIFICATIVE DELLE PREVISIONI

Grazie alle specifiche richieste della Regione Toscana e della Provincia di Siena, che anche noi avevamo presentato, senza però, nonostante la tanto propagandata, ma poco applicata, trasparenza, ricevere soddisfazione, ma addirittura sentendoci dire che i dati erano indicati e che noi non eravamo capaci ad estarli, siamo finalmente riusciti a conoscere, all’interno del CRUE, quante fossero le quantità di recupero e quante quelle di nuovo impegno di suolo.

Alla luce di ciò il dimensionamento del nuovo Piano, anche se leggermente ridotto rispetto al precedente, si rivela ancora più incongruente relativamente alla necessità di nuova urbanizzazione.

Le previsioni indicano complessivamente 427.167 mc di recupero, 550.432 mc di nuovo impegno di suolo e 269.149 mc di nuova urbanizzazione, per un totale di 1.246.748 mc di cui 819.581, pari al 65,74%, costituiti da previsioni di nuovo consumo di territorio.

Ma i dati più eclatanti sono quelli relativi al comparto residenziale in cui si prevedono 112.793 mc di recupero, 45.571 mc di nuovo impegno di suolo e 94.761 mc di nuova urbanizzazione, per un totale di 253.124 mc di cui 140.332, pari al 55,44%, costituiti da previsioni di nuovo consumo di territorio.

Ma quali sono le motivazioni alla base di queste previsioni?

La Relazione Generale ci dice che:

Dall’esame della documentazione agli atti del Servizio Anagrafe e Affari Generali, con particolare riferimento all’evoluzione demografica degli ultimi dieci anni, nell’ambito ed in rapporto al procedimento di redazione del nuovo Piano Strutturale del Comune di Chiusi, si evince una decisa crescita del numero dei nuclei familiari tra l’anno 2001 e l’anno 2010, evidenziando il passaggio dalle 3305 famiglie dell’anno 2001 alle 3876 dell’anno 2010, con un saldo quindi positivo di oltre 500 nuclei familiari.

In tale contesto si conferma il dato crescente della popolazione residente nel Comune di Chiusi, come risultante dai risultati, ancorché ancora ufficiosi, del censimento 2011.

Dai dati in possesso dei servizi demografici risulta, alla data odierna, dalle risultanze ormai quasi definitive del censimento, una popolazione di 8853 unità, con una crescita di circa 728 abitanti nell’ultimo decennio, attestandosi a 8125 unità alla data del 31 dicembre 2001.”

I dati citati, che si dice ottenuti dall’esame della documentazione agli atti del Servizio Anagrafe e Affari Generali, non sono compatibili con quelli che noi abbiamo ottenuto dall’interrogazione dei dati contenuti all’interno del sito dell’Istat.

L’Istat attesta che nel 2001 gli abitanti erano 8.607 e nel 2010 8.838, con un incremento quindi di 231 abitanti. Anche ammesso che le risultanze dell’ultimo censimento indichino in 8.853 gli abitanti al 2011, avremmo comunque un aumento di 246 abitanti. Non si capisce quindi da dove derivi l’aumento di 728 abitanti citato dalla Relazione Generale.

Anche per quanto riguarda il dato relativo alle famiglie ci sono notevoli discordanze.

L’Istat attesta che nel 2003 le famiglie erano 3.780 e nel 2010 3.876 con un incremento quindi di 96 famiglie. L’Istat inizia la sua valutazione nel 2003, ma noi possiamo calcolare anche le famiglie nel 2011, prendendo come base la media dei componenti per famiglia che è sempre stata intorno al 2,30%. In base a questa considerazione le famiglie nel 2001 sarebbero state 3.742 e quindi l’aumento dal 2001 al 2010 sarebbe di 134 famiglie, ben lontano dai 500 nuclei familiari citati nella Relazione Generale.

Tutte queste valutazioni portano ad una sola considerazione: prima si è deciso di dimensionare un Piano Strutturale in base al criterio della ricerca dello sviluppo edilizio e poi si è cercato di trovare motivazioni che lo sostenessero. Motivazioni che, come abbiamo dimostrato, sono completamente inconsistenti.

Un’altra motivazione singolare, sempre contenuta nella Relazione Generale, riguarda la migrazione di abitanti verso la vicina Po’ Bandino:

Nonostante il trend in crescita della popolazione chiusina, infatti, va registrato un dato costante di migrazione della popolazione dal Comune di Chiusi al Comune di Città della Pieve nella misura di circa 50 persone in media all’anno dal 1 gennaio 2000, per un totale di 529 persone e con un incremento sensibile nell’ultimo biennio, con una migrazione di 125 unità dal 1 gennaio 2010 alla data odierna. Questi fenomeni sono avvenuti nonostante la continua evoluzione urbanistica di Chiusi, con la recente realizzazione di opere di urbanizzazione ed edificazione di nuove lottizzazioni residenziali”.

Prima di tutti sarebbe stato importante, ai fini statistici, citare anche la migrazione da Città della Pieve a Chiusi i cui dati ci dicono che, negli ultimi dieci anni, è stata di 250 persone.

Perché questo dato non è stato inserito?

In secondo luogo noi sappiamo benissimo, conoscendo molti di coloro che hanno scelto Città della Pieve, che la causa della migrazione non è stata prevalentemente la mancanza di abitazioni, ma il costo delle stesse e la burocrazia necessaria per realizzarne di nuove, perché il dimensionamento del Piano Strutturale ci dice chiaramente che c’erano a disposizione 112.793 mc. di recupero e 45.571 mc. di nuovo impegno di suolo per un totale di 529 nuovi alloggi possibili che sarebbero stati sufficienti a far rimanere a Chiusi chiunque avesse voluto.

Così come, se si fossero create condizioni politiche migliori, sarebbero rimaste a Chiusi le decine di aziende che si sono trasferite a Po’ Bandino e così come sarebbe iniziato il recupero dell’area della Fornace, bloccato per anni da incomprensibili veti politici, un’area che avrebbe rivoluzionato l’assetto urbano di Chiusi Scalo creando, quella sì, un’attrattiva economica e un miglioramento dell’assetto sociale che sicuramente avrebbero reso meno dura la crisi che attualmente Chiusi sta attraversando.

Il Piano Strutturale che oggi ci proponete per l’approvazione è in perfetta continuità con quel tipo di gestione politica e per questo non può essere condiviso da chi si è battuto perché quella gestione politica avesse termine.

GLI EFFETTI NEGATIVI SULL’AMBIENTE, SUL TERRITORIO E SULLE RISTRUTTURAZIONI

Venendo meno le motivazioni che avrebbero dovuto giustificare una previsione di impatto ambientale così invasivo, nonostante, ripeto, gli adeguamenti adottati, rimangono in piedi tutte le nostre precedenti contrarietà relativamente alla compromissione del “patrimonio collinare della Toscana” e alla disincentivazione di tutti i recuperi a causa della notevole quantità di nuove urbanizzazioni previste ed è scontato che non servirà a risolvere questo problema la dichiarata volontà di prevedere minime percentuali nel primo Regolamento Urbanistico. Si tratta infatti di una dichiarazione generica che, se voluta perseguire veramente, avrebbe dovuto trovare una precisa parametrazione, così come richiesto specificatamente, ma inutilmente, dalla Regione Toscana.

Non possiamo quindi che concludere con le stesse parole che abbiamo usato in sede di adozione:

Peccato per l’occasione persa. Peccato davvero perché a farne le spese saremo ancora una volta noi cittadini che vedremo peggiorato il nostro patrimonio naturale, che invece dovrebbe costituire la risorsa fondamentale del rilancio economico di Chiusi, in cambio del miraggio di uno sviluppo basato su concezioni oramai superate, ma ancora riproposte, nonostante il loro fallimento sia sotto gli occhi di tutti.”

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