di Paolo Scattoni
A qualche giorno di distanza ritorno su un argomento: la necessità di una seria riflessione politica sui risultati del referendum. In Italia abbiamo dovuto subire una campagna referendaria che è durata più di un anno. È stata pervasiva, personalizzata e drammatizzata. Il risultato è stato chiaro e clamoroso. Il 60% dei votanti ha detto NO a quella riforma. È stato detto no al tentativo di centralizzare il potere politico. La cosa che più meraviglia è la mancanza di un‘adeguata riflessione su quanto è accaduto.
Ritorno sull’argomento sollecitato dal “risultato” dell’assemblea degli iscritti al PD. Era stata già programmata per il 21 di dicembre. Poi era stata rinviata di un mese. Ieri si doveva tenere, ma la segretaria dell’unione comunale Pamela Fatighenti ha spiegato in apertura che i tempi non sono ancora maturi. Quel dibattito quindi doveva essere rinviato a data da destinarsi. Visto che però c’eravamo si poteva organizzare un dibattito sui temi sollevato dal bilancio comunale. La logica della sostituzione dell’ultimo momento io sinceramente non l’ho capita. Comunque è stata data la parola a chi avesse qualche cosa da dire sul referendum. Cinque brevi interventi che sono andati dalla preoccupazione per il futuro del PD che non riesce ad interpretare i bisogni e le necessità della gente all’appoggio alla richiesta di rinvio con la motivazione che ancora chi governa il partito non ha prodotto una posizione che possa essere discussa. Chi ha avuto la bontà e la pazienza di leggere i miei interventi su questo blog può immaginare il contenuto del mio intervento. Dibattito e introduzione di Pamela Fatighenti sono durati poco più di 30 minuti. Fine. Io credo che non può finire così. Il rigetto della riforma sulla base di quanto sentito nel dibattito pone almeno tre problemi:
1) COSTI DELLA POLITICA. C’è una quasi unanimità di opinioni sulla necessità di ridurli. Il mantenimento del Senato nella sua attuale configurazione è stato “venduto” come una fonte di spreco. Basterebbe però diminuire del 30% degli stipendi e benefits accessori per poter bilanciare abbondantemente quei costi. Ma su altre misure si può discutere.
2) BICAMERALISMO PERFETTO. Si detto, troppo spesso urlato, che questo ping pong fra le camere è la causa del blocco delle riforme di cui il Paese ha necessità. L’affermazione non è fondata. Comunque l’attuale assetto può essere fortemente migliorato attraverso una saggia riforma dei regolamenti parlamentari. Non sarà il caso di discuterne per sollecitare il Parlamento a discuterne seriamente e a provvedere.
3) RIFORMA DEL TITOLO QUINTO. Nel 2001 lo stato federale era visto come una risposta al secessionismo leghista. Quella riforma basata sul principio di sussidiarietà era stata voluta e sostenuta dal centrosinistra. Personalmente credo che quei principi siano ancora validi. Si tratta di capire cosa non ha funzionato negli ultimi 15 anni (p.e. un eccessivo ricorso alla Corte Costituzionale) e capire come si possano introdurre misure per far funzionare quella riforma.
Insomma si tratta di capire quale messaggio l’elettorato abbia dato e come si può rispondere a quelle domande. Prima lo si fa e meglio sarà.
Il concetto di ciò che è giusto e ciò che non è giusto non abita più nelle teste prima dei dirigenti poi della gente.La formazione delle istanze e quindi-a monte- delle idee,da parte dei militanti di quel partito non ha più legame con la realtà.Si sente dire in tutti gli ambienti frequentati dal pubblico a Chiusi e di chiara marca PD, che il Referendum era una occasione per imprimere un cambiamento e tale occasione è stata persa.Chiaramente era il cambiamento al quale pensavano i dirigenti renziani,ma attenzione: a questo punto posso ritenere che vi sia un bivio che riguardi il futuro e che si riflette nelle istanze di ciò che sentiamo tutti i giorni bollire in pentola: il matrimonio- che non chiamerei più mercimonio- perchè le due parti (PD e Forza Italia)non stanno divenendo più parallele ma si apprestano ad incanalarsi in quella strada che le vede convergenti.Ed il tutto per continuare a reggere, col consenso di una base soprattutto politica che ha odorato che questa sia l’unica forma con la quale si possa resistere alla crisi morale che li attanaglia e che non può essere rivelata, pena ancor più la loro crisi.Quindi da tale immobilismo non se ne esce e prova ne sia se prendiamo ancor più ad esempio dell’attività svolta adesso da Renzi.Cosa si aspettano?Forse una cosa:il cambiamento del nome del partito?Perchè un tutt’uno con Forza Italia forse agli occhi della gente comune sarebbe troppo….ecco come si pesca nei cervelli della gente…