di Paolo Scattoni
Il 7 ottobre 2001, nel giorno del mio compleanno, andai a votare per il referendum confermativo sulla riforma del titolo V della Costituzione. Votai SI con convinzione. Quella riforma ridisegnava la struttura dello Stato e delle sue articolazioni in senso federale. Erano i tempi di una Lega in grande spolvero che predicava la secessione. Per Bossi il tricolore andava usato al posto della carta igienica.Vi erano dunque elementi tattici. Per le mie convinzioni, però, era un grande passo avanti per l’attuazione del principio di sussidiarietà: il governo deve essere esercitato ad un livello in cui la specifica competenza non può essere esercitata ai livelli inferiori.
Dopo 15 anni il centrosinistra che aveva sostenuto quella riforma, ha proposto e strenuamente sostenuto un processo inverso volto ad una nuova centralizzazione del governo della cosa pubblica. Per mesi e mesi siamo stati sottoposti ad una propaganda martellante. Una consistente maggioranza degli italiani ha detto NO a questo disegno. Sebbene Matteo Renzi, attore principale nella commedia, abbia riconosciuto che quel voto ha segnata una “straperdita”, un serio dibattito su quel risultato non è ancora avvenuto. A livello locale, dopo l’annuncio di un confronto fra i tesserati previsto per il 21 dicembre si è rinviato il tutto a sabato prossimo. Anche le forze che hanno sostenuto il NO qui non ha impostato alcuna iniziativa pubblica per una riflessione seria su come affrontare il dopo referendum.
È mia convinzione, probabilmente non condivisa o condivisa da pochi, che un impegno per il vero federalismo debba partire dal basso. Quali iniziative possono essere prese a Chiusi?