Per un progetto di economia della conoscenza

strategia di Liosbonadi Paolo Scattoni

Alcuni commenti di Enzo Sorbera in appendice a quanto dibattuto sul festival Orizzonti mi inducono ad intervenire sulla possibilità che uno sviluppo basato sull’economia della conoscenza possa essere impostato anche in zone periferiche come quella di Chiusi.

Un contributo per l’economia della conoscenza fu dato da Romano Prodi presidente della Commissione europea. Nel consiglio europeo del 2000  fu votata la cosiddetta Strategia di Lisbona in cui di ipotizzava uno sviluppo di conoscenza che in 10 anni avrebbe portato l’Europa a guidare il processo di un tale sviluppo nel mondo.

Quell’obiettivo non è stato raggiunto. Come noto l’impostazione partiva da alcune esperienza USA come quella di Cleveland, dove la produzione tradizionale era entrata in crisi ed era stata sostituita con un certo successo da altre basate su tecnologie avanzate, soprattutto in campo biomedico.

Qui finisce la premessa generale. Cerchiamo di capire le possibili applicazioni in “periferia”. Qualche anno fa impostai il mio corso di “urbanistica operativa” su un possibile progetto di sviluppo per il comune di Orte, in provincia di Viterbo. Ci divertimmo molto, e alla fine si arrivò alla conclusione che un tale sviluppo non poteva essere affidato al governo della città. Lo si poteva fare soltanto se si fossero sviluppate forze endogene il cui studio non era possibile fare in un modesto corso semestrale.

Veniamo allora a Chiusi. E’ quanto mai evidente che anche da noi la qualità dei canali della politica (consiglio comunale, giunta, etc.) potrebbero consentire un’operazione del sicegenere. Allora andiamo a vedere quali specificità potrebbero permettere di iniziare a parlare di economia della conoscenza a Chiusi.

Prima di tutto l’impresa. A Chiusi imprese basate su produzione ad alta tecnologia ce ne sono poche, ma ce ne sono. E’ possibile lavorare per favorire condizioni perché se ne creino altre?

Qui dobbiamo necessariamente a toccare il tasto scuola. Può il nostro professionale giocare un ruolo? Secondo me sì. Quello di via Santo Stefano non deve essere considerato un edificio che nella mente malata di qualcuno viene visto come un possibile futuro albergo a non sio quante stelle. La NOSTRA scuola deve essere considerata uno dei possibili motori dello sviluppo.

fotocorso 2In quella scuola si sta concludendo un progetto molto interessante in cui si è dimostrato come con attrezzature a basso (sempre più basso) costo si possono incoraggiare i nostri giovani a “creare” prodotti. All’inizio come hobby, ma come spesso accade alcuni di questi potranno un domani rappresentare la base per nuove imprese.

Per la scuola comunque si aprono prospettive interessanti con quello che si sta muovendo nel mondo con i i MOOC (Massive Open On line Courses) organizzati dalle più importanti università (Harvard, MIT, etc.). Non sostituisce ovviamente l’insegnamento dal vivo, ma lo può valorizzare e rendere sempre più efficace. Durante il progetto laboratorio ambiente di cui sopra ho incontrato tanti insegnanti motivati e competenti che sarebbero felici di iniziare un percorso di questo genere. Se poi ce ne sono alcuni che questo entusiasmo hanno perso, prego si accomodino. Grazie per quanto hanno fatto sinora, ma prego si accomodino, cerchino il modo di andare in pensione e dedicarsi alla loro libera professione privata, prima di rovinare quel capitale di capacità e intelligenze che è stato loro affidato.

Enzo Sorbera sollecita a considerare gli investimenti in cultura come “produttivi”. Se allora Copertina-volume-IIIdebbo scegliere fra le iniziative chiusine, preferisco sicuramente quello che la ricerca del gruppo archeologico è riuscito a esprimere in questi anni piuttosto che iniziative estemporanee come quelle della nostra costosa estate musicale dai corti orizzonti. Personalmente sono stato molto positivamente colpito dall’ultimo lavoro del presidente  Sanchini che ha presentato il suo lavoro di ricerca degli ultimi anni in un volume distribuito a poco più di tre euro.

Il lavoro del nostro importante gruppo archeologico dovrebbe essere messo in relazione anche con la valorizzazione del turismo.

In un contesto di questo genere si potrebbero poi individuare percorsi di auto-pianificazione strategica. Qui però mi fermo perché non vorrei che lo si possa percepire come un’orazione pro domo mea.

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8 risposte a Per un progetto di economia della conoscenza

  1. pscattoni scrive:

    Rispondo volentieri a Enzo (Sorbera) di cui condivido in parte l’analisi. Veniamo aciò che credo di non condividere. Trieste secondo me non è l’esempio adatto. La componente di economia della conoscenza inizia nel 1964 quando viene fondato il… Nel gruppo dei fondatori c’è un certo Abdus Salam, Nobel per la fisica nel 1979. Non so che computer avessere, ma sicuramente molto costoso (l’equivalente di qualche milione di euro di oggi) meno potente del nostro personal computer di oggi. Due note. Per l’economia della conoscenza dimentichiamo la fisica delle particelle perché la si può seriamente condurre in pochissimi centri di ricerca nel mondo. Il secondo elemento è invece positivo, tutte le componenti per la ricerca tecnologica in molti campi ormai la si può affrontare a costi minimi (in attrezzature e accesso alla letteratura). Un esempio eclatante riguarda due ragazzini. Uno americano che ha posto le basi per un test a bassissimo costo per una diagnosi precoce del cancro al pancreas. Discorso analogo per un altro quindicenne (britannico) per un test di diagnosi precoce dell’Alzheimer. Lo hanno fatto da soli, quanto sarebbe costato se questi progetti fossero stati intrapresi in strutture tradizionali?
    Oggi l’innovazione non è prevedibile e quindi neppure programmabile. Si tratta invece di creare le condizioni per facilitarla.

  2. enzo sorbera scrive:

    Economia della conoscenza non si realizza se non c’è la compiuta saldatura tra progetto politico, investimenti pubblici e formazione. Un nome tra tutti, per le indicazioni che da’, è Krugman. Progetto da “copiare” sono lo sviluppo del bacino della Ruhr: riconversione della cokerie in economia verde (60000 ettari di bacino industriale inquinato ch’è nato a nuova vita); la “rinascita” di Bilbao – l’investimento pubblico sul Guggenheim (1,3 milioni di euro) è rientrato in un solo anno (incasso di 1,4 milioni di euro già nel rpimo anno di apertura). La cultura, da sola, non produce richiamo: è il contesto progettuale in cui si inserisce a fare la differenza. Penso qui a Trieste e alla sua trasformazione, in pochi decenni, in città di richiamo internazionale per la ricerca nella fisica d’avanguardia. Tutelare quanto abbiamo e guardare al futuro è la ricetta che funziona da altre parti, perché non dovrebbe funzionare da noi?

  3. pscattoni scrive:

    Commenti di quattro anni fa? Almeno la soddisfazione di averci azzeccato. Con Laboratorio Ambiente abbiamo visto che le teste ci sarebbero. Abbiamo incontrato studenti notevoli capacità che potrebbero essere valorizzati. Poi, quando i MOOC erano di là da venire, l’intuizione di un’università che, se continuerà a vivere, non sarà più come prima.

  4. enzo sorbera scrive:

    Sono passati quattro anni, da allora. Ritengo sempre valide le mie proposte, anche alla luce degli esiti del lavoro fatto quest’inverno – e siamo ancora su livelli di low- , medium-technology – . La mia fiducia, (quasi) incrollabile, sulla possibilità di produrre eccellenza localmente, purché la si supporti (o dovrei dire “sopporti”? 🙂 ), è confermata. Conosco poco il lavoro di Sanchini perché esula completamente dai miei ambiti di interesse. E’ comunque un amico di cui ho avuto modo di apprezzare sia l’accuratezza scientifica, sia la vastità di conoscenza. L’ipotesi di progetto di robotica applicata all’archeologia – le cui prime avvisaglie sono i miei “esperimenti” di Computer Vision – spero che ci porterà a collaborare.

  5. pscattoni scrive:

    Intervengo di nuovo perché navigando sul blog ho trovato un dibattito simile di 4 anni fa.
    Forse varrebbe la pena rileggerlo:
    http://www.chiusinews.it/?p=6439

  6. roberto donatelli scrive:

    ….Difficile a farsi quando le persone continuano a lamentarsi e poi dicono sempre
    ‘ signorsi’.
    Mia moglie ed io se vediamo una bottiglietta di birra, o un pezzo di carta per terra lo raccogliamo e lo mettiamo nel cestino. Certamente non raccogliamo tutte le bottigliette o tutti i pezzi di carta. Se io noto un ‘pericolo’ lo faccio presente al Comune. Certamente non vado a dirgli che il tale lampione non funziona, o che quella cosa ha bisogno di riparazione, come uno degli scalini della fontana in Piazza Grande, ridotto in frantumi.
    Paolo ha ragione, sembra che a Chiusi ci sia una forza ‘ occulta ‘ che fa di tutto per ridurre la cittadina ad uno ‘ straccio’, e la popolazione sembra adeguarsi. Mah!!

  7. Paolo Scattoni scrive:

    In effetti sembra quasi un cupio dissolvi, un desiderio a distruggere, scientificamente studiato. L’unica possibilità di risposta è la mobilitazione delle persone di buona volontà che a partire da questa situazione cercano di organizzarsi per trovare alternative.

  8. roberto donatelli scrive:

    “….Quello di Via S. Stefano non deve essere considerato un edificio che NELLA MENTE MALATA DI QUALCUNO viene visto come un possibile futuro albergo..”
    Il guaio sta proprio li, nella mente malata di qualcuno. Ho la netta impressione che a Chiusi ci sia più di una persona con la ‘mente malata’ nel senso che non si capisce cosa vogliano fare di Chiusi che, al momento è un paese morto. Non attira i turisti, nonostante tutto ciò che abbiamo, non favorisce le (tante) buone realtà che ci sono. Se non ricordo male il Sindaco aveva annunciato la creazione di un assessore alla qualità di vita. Dov’è finito? Lampioni stradali spenti da un mese, come sono spente le luci sotto il muro del Prato. La vasca ai giardinetti che funziona a singhiozzo, per non parlare dell’asfalto che fa semplicemente pietà. Sono 10 anni che abito a Chiusi, in questo tempo Chiusi si è sempre più ‘rimpicciolita’ (per piacere non portate l’esempio di Orizzonti). Mi da una tristezza enorme quando vedo come Chiusi si è ridotta.
    Scordavo, Chiusi è all’avanguardia in tutto e per tutto, ne consegue che io sono il solito rompiballe a cui non va bene niente.
    Non parlo del gruppo archeologico, che ammiro, altrimenti ci vorrebbero 3 pagine.

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