Cultura alta, ma quanto ci costi?

therese-et-isabelledi Luciano Fiorani

Ora che è calato il sipario sull’edizione 2015 del Festival Orizzonti e dopo che è stato annunciato il tema della prossima edizione,”Follia”, non è il caso di chiedersi se una manifestazione di questo tipo è ciò di cui Chiusi ha bisogno?

Un Festival che tutti (o quasi) definiscono di qualità e che ha ottenuto il riconoscimento e i fondi del ministero com’è che non smuove l’animo, le gambe e i portafogli dei chiusini?

Alcuni hanno già detto, per capirci, che lo zucchero non è per i somari. Verissimo, ma se lo zucchero lo paghiamo noi, qualche domanda ce la vogliamo fare?

La cultura è una categoria analitica, ha cioè il potere di spiegare la società.

Dopo “Mediterranea”, tutt’al più dovremmo veder confermato che i cittadini appartenenti ai segmenti privilegiati in termini economico-culturali consumano cultura alta o d’èlite mentre chi sta negli strati più bassi consuma cultura popolare o di massa.

Ma a Chiusi e dintorni è davvero così? Gli strati agiati della popolazione hanno invaso il festival? Non sembra.

Evidentemente l’Amministrazione comunale consegnando risorse non indifferenti alla Fondazione Orizzonti ha pensato che il ritorno in termini turistici e di immagine per la città ne valesse la pena. Ma è davvero così?

Si ha invece l’impressione di una certa autoreferenzialità che fatica ad andare oltre gli adetti ai lavori.

Non penso sia il caso di avventurarsi qui in una discettazione su cosa si debba intendere per cultura, mi preme però rilevare che fondi pubblici consistenti, almeno per la nostra realtà, vengono spesi senza alcun criterio guida.

Siamo passati nel giro di due anni dal “tutto gratis” a spettacoli che escludono, solo col prezzo del biglietto, una bella fetta di popolazione. Qual’è la logica? Gli incassi attuali forse sono parte preponderante nel bilancio del Festival? Si degneranno di dirci quanto pesano i soldi del botteghino?

Insomma, invece di continuare ad ammorbarci con il solito “tutto va bene madama la marchesa” sarà il caso di cominciare a discutere sul serio di ciò che questo Festival è e deve essere per la nostra città?

O diamo per scontato che la “cultura alta” è quella che si fa a Chiusi città dieci giorni l’anno fresu-4-850x540per intrattenere, divertire e far discutere chi sa, mentre per il resto della popolazione basta e avanza “l’oco di Montallese”?

Così com’è il Festival è solo un modo per spendere una bella quantità di soldi pubblici per far baloccare poche persone.E’ un po’ che lo penso e non c’è stato nessun elemento, ad oggi, che mi abbia indotto a cambiare idea.

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29 risposte a Cultura alta, ma quanto ci costi?

  1. carlo sacco scrive:

    E’ senz’altro probabile ciò che dici tu Paolo Miccichè che servano da ruota per guardarsi allo specchio e dire”mamma quanto sono bello”, ma io immaginavo la cosa- e l’ho anche dettoa posteriori- che fossero spazzati via tutti quei gangli di potere che adesso formano una ragnatela che sembra fatta a maglie fitte,tutte collegate fra loro in maniera consequenziale e strettissima fra associativismo,chi tenga il portafoglio,chi decide se fare o meno una iniziativa,come e quanto investirci.Non a caso che ho parlato di ”groviglio armonioso” parafrasando la situazione che vi era a Siena,con dimensioni diverse senz’altro ma con aspetti di similitudine.La disincrostazione sarebbe l’unica cosa possibile ma in un popolo che non ragiona e che riproduce il suo consenso senza vedere criticamente ciò che gli viene presentato(fatto dello stadio,marciapiedi, scalette,e tanto altro)diventa difficile se non impossibile cambiare.Ecco perchè auspico prima di tutto una bella passata di disincrostante, senza lo scrollone a livello elettivo-politico non credo possa avverarsi una svolta.Ci vogliono partecipazione ed idee chiare,ma la consapevolezza che la premessa per ricominciare
    passi attraverso una pulizia totale ed un azzeramento elettorale e di potere delle forze che fin’ora ci hanno governato credo che sia l’unico mezzo possibile.Altro non vedo per ora.

  2. PMicciche scrive:

    Carlo Sacco…lascia perdere….gli Stati generali della Cultura sono una perdita di tempo dove la maggior parte delle persone vanno a “fare la loro ruota” in pubblico accolti da squilli di tromba. Il potere esecutivo però rimane saldamente nelle mani di altri….anzi spesso servono solo ad alimentare l’idea di un falso movimento partecipativo.

  3. pscattoni scrive:

    Le considerazioni di Enzo (Sorbera) sollecitano un approfondimento che, però, dovrebbe essere rimandato a un incontro dal vivo sotto forma di convegno o seminario. I dati che Enzo riporta non sono aggiornatissimi. Credo di conoscere bene la situazione delle università inglesi. In una di queste ho svolto per qualche anno attività di ricerca e mantengo ancora contatti. Il mio amico (quasi ex allievo) Alessandro Aurigi che è professore e direttore del dipartimento di Architettura alla Plymouth University mi dice che rispetto ai loro i nostri tagli sono zuccherini. Da poco le tasse universitarie sno state aumentate a circa 10.000 euro. Lo stato garantisce un mutuo presso le banche che comunque dovrà essere restituito dopo la laurea.
    Questo è soltanto un primo segnale. L’università è cambiata a ogni grande cambiamento di tecnologia della comunicazione. L’università medievale è cambiata in pochi decenni nel ‘500 con l’introduzione della stampa a caratteri mobili. Un altro cambiamento è quello dell’800 quando la “comunicazione elettrica” (telegrafo, telefono, etc.) ha favorito la riorganizzazione positivista delle discipline. Oggi con INTERNET abbiamo un nuovo drastico mutamento, che prelude a mutamenti imprevedibili. Nel conto c’è anche la fine dell’Università.
    L’Espresso di questa settimana pubblica 50 pagine sulla sharing economy. Ne consiglio la lettura.

  4. enzo sorbera scrive:

    Ah, la Germania. Ti invito a leggere http://www.roars.it/online/spesa-risultati-efficienza-miti-leggende-e-realta-delluniversita-italiana/ : è una vera miniera di dati. Pensa che, nel 2012, il rapporto docenti/studenti in Italia era 18,7 contro il 15,5 dell’OCSE. Di più. In Italia, terra di Cultura, abbiamo– tra pubbliche e private -, 1,6 università per milione di abitanti contro le 3,9 della Germania, le 8,4 francesi e, incredibile dictu, le 14,5 per milione di abitanti degli USA. Non parliamo poi della scuola primaria e della secondaria. Dà un’occhiata alle considerazioni delle prime 10 righe qui http://www.roars.it/online/su-paola-mastrocola/. Fortuna che ora è diventata “buona”. Tutto questo per dire che siamo un paese che non investe su se stesso. Siamo l’unico paese che non finanzia traduzioni in lingue estere dei propri prodotti letterari: un vero primato.

  5. carlo sacco scrive:

    Cui prodest ti chiedi paolo Miccichè ?A chi riceve compensi Paolo Miccichè, a quelli ”prodest”, ai cittadini poco, anzi nulla.Incominciamo a ragionare così e vedremo che
    il vecchio detto che per trovare ”cui prodest” occorra seguire il flusso dei soldi è sempre valido, in tutte le situazioni.Se poi si riconosce che la ”pasta culturale” della quale abbisogna la gente è una pasta che si acquisisce nel tempo è chiaro che tutti siano d’accordo su questo punto,ma il problema di spalamarla non mi sembra che si risolva con quanto venga fatto.Quato ho detto sulla necessità degli ” Stati generali della Cultura”a Chiusi credo che sia una necessità improcastinabile,ma prima occorre lavare il pavimento dalle incrostazioni di cui parlavo e che si sono accumulate in decenni.Se non lo vorranno fare si assumeranno anche tale responsabilità perchè è chiaro che in tutti questi anni-e sono molti- si è formato quel groviglio armonioso che fa ripassare il flusso delle sostanze,delle idee, e della difesa dei propri interessi dentro il circuito,non consentendo che vi siano varianti.Cambiano le persone ma il Gran Premio che si corre sempre quello è.La lotta quindi è solo politica e non solo delle idee.E siccome i consensi seppur ogni volta in gran diminuzione sono ancora a pannaggio di chi governa,fino a quando dura tale solfa ci sorbetteremo tutto questo.

  6. roberto donatelli scrive:

    E’ proprio quello che cercavo di dire. Mi viene in mente una frase; delusioni di grandezza.
    Purtroppo chi ne fa le spese siamo noi; soldi dei cittadini dati ad Orizzonti, Chiusi in una specie di coprifuoco, e via dicendo. Ne vale la pena, cosi come Orizzonti è strutturato?

  7. PMicciche scrive:

    Già Donatelli, a chi serve una nuova Spoleto? O Montepulciano bis, Chigiana ter ecc? Questi ultimi troppo lontani per andarci? Meglio farsene uno proprio in puro stile “terra dei campanili” invece di collaborare e ottimizzare le risorse? Un Festival va fatto pensando al territorio in cui si svolge. Può essere indirizzato principalmente al pubblico locale, ma allora nel caso di Chiusi dovrebbe pedagogicamente andare a prendere il pubblico dove è ora e cercare di stimolarlo e innalzarlo gradualmente verso una maggiore curiosità. Serve però prima un lavoro di base, per poterlo poi nutrire con proposte più complesse e magari coinvolgendo anche lo Scalo no? E’ invece un Festival indirizzato al Turismo culturale – da fare nel salotto buono di Chiusi alta – per portare pubblico esterno e indotto economico? Bene, si faccia con questo taglio. In ambedue i casi – e per motivi diversi – uscendo però dalla logica del Festival in un periodo compatto e spalmandolo su almeno un paio di mesi. A Chiusi non è né uno né l’altro. Se si vuole far parlare di se e prendere la medaglia ministeriale di Festival d’eccellenza conosco decine di persone in grado, con metà del budget annunciato, di portare qualcuno che abbia risalto sui giornali nazionali. La domanda però rimane quella iniziale: cui prodest?

  8. roberto donatelli scrive:

    Ero a Sarteano per l’Amico Fritz, mi è piaciuto. Per quanto riguarda la ‘non risposta’ da Chiusi, non se la prenda, non è l’unico (purtroppo) a cui non ci si è degnati di rispondere. Per di più, Chiusi aveva contattato qualcuno per vedere se poteva dare la sua disponibilità per un evento. Risposta affermativa. Non si è più fatto sentire alcuna persona! Morale della storia, lasci stare Chiusi, ormai fa soltanto onore al suo nome.
    Il Carro dei Tespi di vecchia memoria sta avendo un revival in Italia. Basterebbe informarsi. E poi ce ne abbiamo uno a portata di mano, Gli amici di Fritz.

    X PMicciche. L’idea è proprio quella, cioè di fare di Chiusi una nuova Spoleto!!!!

  9. luciano fiorani scrive:

    Ma di cosa si vuol ragionare? Spiegatemelo, per cortesia.

  10. luciano fiorani scrive:

    Ognuno, come in tutte le cose, ha i suoi gusti, le sue preferenze, le sue concezioni e naturalmente vale anche per la cultura. Qualche proposta in passato, nel mio piccolo, l’ho fatta, senza nessuna pretesa che venisse letta e presa in considerazione; così per ragionarne, almeno.
    Ora non è più tempo.
    In un paese dove (escluse rare eccezioni) si ignora bellamente la differenza tra Poulenc e Tissot (non è un peccato, è la realtà!) vogliamo perder tempo a discutere di “cultura alta” pagata con i nostri soldi?
    Ma fatemi il piacere.
    In ogni campo ci sono quelli bravi e il fuoriclasse (Thomas Bernard, Il soccombente-Adelphi).
    Chiusi il suo fuoriclasse, per pura casualità, l’aveva avuto ma nessuno l’ha riconosciuto, nessuno se ne è voluto giovare (parlo ovviamente di chi poteva decidere). E non si può neppure dire che non aveva dato disponibilità.
    Vogliamo provare a ri-cominciare?
    Secondo me non possiamo che farlo ri-partendo dalla realtà che ci circonda e prendendo atto una buona volta che siamo immersi in un luogo dove l’ignoranza regna sovrana e incontrastata fornendo l’opportunità a quattro scalzacani di fare i loro squallidi affarucci di bottega.
    Solo successivamente sono disposto a ragionare di “Follia”.
    ps Per vedere l’amico Fritz della Compagnia Lirica “Gli amici di Fritz”, siamo andati a Radicofani. A Chiusi non l’hanno voluti nemmeno gratis. Ma di…

  11. pscattoni scrive:

    L’ultimo messaggio è strato scritto da Allan Rizzetti, animatore principale della compagnia “Gli amici di Fritz”. Grazie Allan per questa testimonianza!
    Posso confermare che quella rappresentazione fu un successo. Come pure quella di qualche mese più tardi: Cenerentola di Rossini che ho visto a Sarteano. Chiusiblog ne ha dato notizia e dibattuto.
    Quello che fanno Allan Rizzetti e i suoi colleghi è qualcosa che riguarda questo dibattito. Il loro obiettivo è quello di riproporre l’esperienza del Carro dei Tespi molto popolare nella prima metà del secolo scorso. Si trattava di artisti itineranti che diffondevano la cultura teatrale e del melodramma. Grazie a questo fenomeno persone semplici come i miei genitori hanno potuto accedere ad un patrimonio culturale che altrimenti gli sarebbe stato impedito. Secondo me anche di questo si dovrebbe dibattere.

  12. Compagnia Lirica "Gli amici di Fritz" scrive:

    Orizzonti o no, io dico soltanto che quando scrivemmo diverse volte per portare GRATIS nel Teatro di Chiusi dedicato a Pietro Mascagni l’opera L’AMICO FRITZ (e ripeto gratis), nessuno ci ha mai risposto. Chi ci ha perso? Noi? Chiusi? Sicuramente la Cultura. Era uno spettacolo poco degno, forse? Mah… Chi l’ha visto è andato via commosso, sia per le voci sia per la passione con la quale abbiamo messo in scena questa opera stupenda. Ah… Abbiamo avuto anche il patrocinio del Comitato Promotore Maestro Pietro Mascagni… Non credo sia cosa da poco conto. Cordialmente.

  13. pscattoni scrive:

    Enzo (Sorbera), economia della conoscenza è altra cosa e ne possiamo parlare, ma ha molto poco a che fare con le rappresentazioni estive. Il calo delle iscrizioni all’università può essere un fenomeno negativo, ma non è detto. La Germania ha una percentuale più bassa di laureati, ma un’economia molto più robusta. Con la cultura si può mangiare certo, ma si può anche fare la fame. Il comune di Fiesole ha un bilancio dichiarato in dissesto per aver impiegato risorse esagerate nell’Estate Fiesolana.
    Luciano (Fiorani) ha chiesto una valutazione costi benefici. Io propongo una più semplice costi-efficacia. Stabiliamo delle soglie di investimento e vediamo cosa si può fare, misurando le alternative su criteri di efficacia: crescita culturale della popolazione, attrattività turistica, impatto sull’economia locale, risonanza mediatica etc.
    Partiamo dalla soglia più bassa: per esempio 20.000 euro. Parto da questa ricordando un’iniziativa del passato da parte dello stesso PMiccichè: un accordo con il Conservatorio di Siena (Istituto “Franci”) per l’uso del teatro. In quel quadro con un investimento davvero minimo si potevano organizzare iniziative con l’esibizione di giovani talenti (come si vede le idee ci sono anche state). Ma poi possiamo raddoppiare la cifra e vedere cosa si potrebbe aggiungere e sempre valutare con i criteri stabiliti, poi 60.000 e così via…

  14. enzo sorbera scrive:

    E’ questo, che non ci possiamo permettere!
    Quanto alle proposte, ho invitato a ragionare “in prospettiva”: se fossi il presidente, farei… E’ un modo per sottolineare la propria identità, mettere in luce ciò che non va di quel che abbiamo visto e ipotizzare comportamenti virtuosi, non un fare proposte tanto per farle. E’ un esercizio di politica culturale. Forse è un esercizio troppo faticoso? Ma sì, meglio guardare a quanto fanno gli altri. Si, dài, chiudiamo Orizzonti, così risparmieremo anche il tempo di commentare su questo blog.

  15. enzo sorbera scrive:

    Come rispose il Rettore di Harvard: “La cultura costa troppo? Prova con l’ignoranza!”. Da Presidente, niente e, da Sindaco, azzerereste la Fondazione: prendo atto, ma non condivido. Prendiamola da un altro aspetto. Quando compro un tavolo non acquisto (solo) un oggetto con un piano e una, tre o quattro gambe, ma quell’oggetto, cioè un “coso” fatto di funzionalità, forma e insieme design, studio del materiale, contesti che incontrano il mio gusto. Compro cultura. Compro un’identità in cui mi riconosco. Questa è fatta di un contesto che è presupposto di un vivere comune. Pensa alla Silicon Valley: è nata dove c’erano i Grateful Dead e il rock di sperimentazione, c’erano gli hippies, il teatro d’avanguardia. Un contesto creativo che ha dato nutrimento e atteggiamento per gli sviluppi successivi. E’ oggi l’indicazione dell’Europa per il 2020, ma in Italia non ascolta nessuno. Sappiamo che l’economia del futuro è nella conoscenza. Il commercio internazionale dei beni culturali è passato dai 204 miliardi di dollari del 2004 ai 407 miliardi del 2008. Ma noi italiani non ci siamo, perché con la cultura non ci si mangia o “non ce la possiamo permettere”. Siamo quelli che tagliano e abbiamo il 20% dei laureati contro il 63% della Corea del Sud. Tra il 2002 e il 2012 abbiamo perso 58.000 matricole: praticamente, l’intera università Statale di Milano. Questo, non ce lo possiamo…

  16. PMicciche scrive:

    Non c’ero ad “Orizzonti” ma posso capire di cosa si parla dalla lettura del cartellone e dai commenti. Scusate, non è pura presunzione ma solo esperienza, come un meccanico che da un certo rumore capisce quale è il problema. Per puro paradosso credo abbiano ragione sia Lorenzoni che Fiorani ovvero coloro che sembrano rappresentare i due opposti, ma anche il bravo e furbo Andrea Cigni, però anche Manfredi Rutelli che spero ora non passi per quello che volava basso. Ma il discorso è lungo e forse anche inutile da fare, non essendoci orecchie pronte ad ascoltare. L’unica cosa: non si parli di Festival di valore nazionale per l’amor di dio – patacche attribuite solo per meriti politici – né di artisti selezionati con cura che, detto così, sembra abbiano scelto Chiusi al posto di Salisburgo; perché solo chi sta sempre e solo “chiuso a Chiusi” può pensarlo. Se poi si scoprisse che il vero costo dei soli eventi, insomma del solo Festival fosse 200.000€ (però una cifra di per sè non significa molto) allora, forse forse, ci si potrebbe anche incazzare…ma chi lo fa davvero nella nostra decadente Italia? Altro che Cultura, più giusto sarebbe dividere la parola in due e trarne le debite conseguenze….

  17. luciano fiorani scrive:

    Fare proposte dice Sorbera. E a chi andrebbero fatte? All’attuale amministrazione?
    In ogni caso, il primo passo, sono d’accordo con Paolo (Scattoni), deve essere l’azzeramento della Fondazione.
    Bisognerebbe cominciare una buona volta a pensare a una politica culturale ma pare non interessi a nessuno e allora…ieri Schönberg, oggi Therese e Isabelle, domani chissà?

  18. carlo sacco scrive:

    Hanno sentito bene le mie orecchie? ”…anche in altri settori ”? Bene, mi sembrerebbe più che giusto perchè personalmente è una vita che parlo di univocità e che secondo me serve per produrre la stasi di cui ci si lamenta.Quanto all’interesse delle forze politiche però credo che sia veramente utile indire ”gli Stati Generali della cultura a Chiusi”.Credo che occorra considerare una totale libertà dai vincoli, senza deferenze, senza sviolinate a chi tenga i cordoni della borsa e che influenza rendendo dipendente anche l’impostazione delle manifestazioni, evidentemente non solo associativismo. Non è facile uscire dalla ragnatela.Su tale piano credo che occorra un vento totalmente nuovo e che tagli i legami che in questi ultimi 40 anni sull’onda o del volontariato ma che anche dell’associazionismo,poi rivelatisi serbatoi di voti,che hanno operato tenendo presente il peso di istituzioni bancarie ed altro, che lo si voglia o no hanno condizionato con quanta forza sia stata stretta la fascia con la quale l’attività è stata legata a soggetti istituzionali ed anche alla politica.E quando dico nuovo voglio dire contare sulle proprie forze,ripartendo dal basso,con finanziamenti pubblici e non permettendo a nessuno di infilarvisi.Questa dovrebbe essere una condizione essenziale,vitale,per un possibile e difficile risollevamento.Un team di ferro…

  19. pscattoni scrive:

    Rispondo a Enzo (Sorbera). Ero stato invitato a considerare il Cantiere di Montepulciano e ho raccontato l’aneddoto (autentico) di un sindaco che si era opposto a che un gruppo di mimi si esibisse su una palcoscenico tutto rivestito di pizza. Quel sindaco ebbe le scuse pubbliche di un critico importante che inizialmente per quella “interferenza” ne aveva chiesto le dimissioni.
    Alla domanda che cosa farei io a Chiusi al posto della Presidente rispondo:niente. A una domanda analoga su cosa farei se fossi sindaco: scioglierei la Fondazione Orizzonti.
    Si ritorna alla domanda iniziale di Luciano (Fiorani). I risultati valgono l’investimento? Un altro amico mi ha obiettato “l’amministrazione è stata eletta e quindi può operare la scelta”. Certamente, ma siccome siamo vicini alle elezioni sarà bene che le forze che si candidano alla guida del Comune si esprimano. Possibilmente non all’ultimo momento perché anche su questa scelta ci sia adeguato dibattito perché gli investimenti su Orizzonti che sono rilevanti debbono essere messi a confronto con tanti altri possibili in quello come in altri settori.

  20. roberto donatelli scrive:

    Si potrebbe mettere l’aria condizionata nel Teatro. Sarebbe senz’altro pieno, dato il tasso artistico, di conseguenza Chiusi sarebbe ‘ libera ‘. Inoltre, alcuni commercianti si sono offerti di offrire un piccolo rinfresco, gratis, dopo lo spettacolo. Piazza Duomo potrebbe essere usata per spettacoli che non richiedono silenzio e che potrebbero essere offerti gratis. Ma tutto questo, ovviamente, è pura utopia!

  21. enzo sorbera scrive:

    Mi sembra una polemica un po’ artefatta. In questa edizione ci sono state delle scelte notevoli – alcune buone, altre meno interessanti, ma de gustibus… – e ci sono stati errori e limiti, tanti e anche vistosi. Confrontare con Monticchiello o Montepulciano è però tempo perso: si tratta di due situazioni fortemente caratterizzate contro un’offerta, come quella chiusina, più frastagliata e, diciamolo, anche più ambiziosa. Ridisegnare “Orizzonti” al basso sarebbe una scelta perdente: con tutto il rispetto, sarebbe contrapporre il richiamo di Nino D’Angelo a quello di Tom Jobim. Si tratta, semmai, di fare uno sforzo di fantasia propositiva per far crescere un “intorno” che sia richiamo. Qualcuno si è mosso (5 euro per pizza e birra, ad es.), molto altro si può fare. Idea: se invece di muoversi in negativo, si proponesse quello che faremmo noi al posto della Presidente?

  22. pscattoni scrive:

    Bene analizziamo pure la vicenda del Cantiere di Montepulciano. Fu un’iniziativa di Hans Werner Henze che è continuata anche dopo la scomparsa del suo fondatore. Ricordo la prima edizione del 1976 (ah come sono vecchio!!!). Fu messo in scena il Turco in Italia di Rossini diretto da un giovanissimo Riccardo Chailly. Ricordo anche un incidente di percorso. Memè Perlini (se non ricordo male) aveva previsto di far esibire una compagnia di giovani mimi su un palcoscenico pavimentato di decine di metri quadrati di pizza. Il fornaio era andato dall’allora sindaco Colaianni e gli aveva chiesto se davvero doveva fare una pizza tanto estesa. Colaianni bloccò l’operazione e ci fu un putiferio. I mimi scioperarono e impedirono la prima. Il critico dell’Espresso Fedele D’Amico che nell’animata discussione al teatro chiese le dimissioni del sindaco, fece poi autocritica nella sua rubrica ne L’Espresso. Ecco secondo me la questione sta tutta lì. In nome della cultura alta tutto è permesso? Oppure la “politica” può dire qualcosa? Quanto può dire? Ma poi se vogliamo dirla tutta, a Montepulciano, salvo qualche eccezione, la gente ci va numerosa. A Chiusi, se si fa la tara dei critici invitati, gli spettatori sono stati nell’ordine delle decine e non delle centinaia. Per 200.000 euro? Lasciamo stare.

  23. Massimo Mercanti scrive:

    Paolo, l’esempio Monticchiello è stato analizzato “scientificamente in ogni suo aspetto, da quello teatrale a quello sociologico”. Vuoi provare ad analizzare la genesi del Cantiere Internazionale d’Arte o quella di Orizzonti? Organizza un focus in una sala adeguata e ti ritroverai ad essere un promotore culturale. Chi è che decide cosa sia cultura? Intanto dovresti decidere quale cultura è giusta o qual’è quella sbagliata o dannosa. Il “Direttore Artistico” ti confeziona lo spettacolo nel suo insieme (dietro compenso) che tu o magari altre decine di persone addette ai lavori avete pensato sia “giusto” proporre. Sui costi vale la pena? E’ una decisione per chi tira fuori i soldi. Comunque ti invito a mettere in relazione le energie spese (materialmente) per un allestimento di Orizzonti e per una sagra come può essere quella dell’oco di Montallese. Vedi tu quale delle due è sprecata…

  24. E’ sicuramente opportuno che i cittadini chiedano di conoscere secondo quali criteri ed obiettivi vengano spesi i loro soldi, così come sarebbe opportuno, in un contesto amministrativo normale, che venissero date loro le opportune risposte.
    Purtroppo a Chiusi non siamo in un contesto amministrativo normale ma in un regime “medioevale” in cui il “principe” di turno crede di avere poteri assoluti e di non dover rendere conto a nessuno di ciò che fa.
    Nel 2014 abbiamo dovuto faticare le proverbiali sette camicie per ottenere un dibattito in consiglio comunale sul bilancio 2013 della Fondazione Orizzonti con il risultato che poi è finito tutto a “quanto siamo bravi” perché una discussione sugli obiettivi e sui risultati non siamo riusciti a portarla in fondo per l’ostruzionismo della maggioranza e dei vertici della Fondazione per i quali era più importante dimostrare la loro “bravura” che far comprendere quale fosse stato il beneficio per il paese, non solo economico ma anche turistico-culturale, forse perché nemmeno loro lo sapevano.
    Siamo ormai giunti alla fine dell’edizione 2015 e alla presentazione di quella 2016 ma il bilancio 2014 non è stato ancora pubblicato.
    E’ così che si risponde alle legittime richieste dei cittadini?
    Forse si pensa che i cittadini non siano in grado di capire?

  25. pscattoni scrive:

    Rispondo a Massimo Mercanti. D’accordo sulla possibilità di “sussidiare” la cultura. Ma chi decide cosa sia cultura? Il direttore artistico Cigni? E perché mai? A Monticchiello lo decidono insieme. Possono anche chiamare gli esperti, ma sono loro a decidere chi debba essere.
    In questo caso si arriva all’estremo per cui il biglietto è soltanto una frazione del costo. Si può fare una considerazione sui costi? O nel nome dell’alta cultura tutto è accettato?

  26. roberto donatelli scrive:

    …E poi, parliamoci chiaro. Piazza Duomo è, forse, la più suggestiva e bella piazza di Chiusi,
    ma è anche il posto meno adatto per rappresentare eventi culturali che richiedono un assoluto silenzio e che devono essere visti comodamente seduti e non su sedie di plastica
    e, per di più, è soggetto ad inevitabili rumori circostanti. In poche parole, credo che voler fare di Chiusi una piccola Spoleto è pura utopia che, senz’altro porterà prestigio agli organizzatori…..e nient’altro.

  27. roberto donatelli scrive:

    ” Autoriferenzialità ” credo sia più che un impressione. Ogni giorno c’era un foglio stampato intitolato ” Zenit ” sparso sui tavolini dei Bar di Chiusi. Un edizione riportava la notizia che Orizzonti era entrata a far parte di un gruppo di 25 altre compagnie grazie alla sua eccellente programmazione. Ed infatti Chiusi ne trae un enorme benefitto, sia dalla partecipazione di turisti che affollano la cittadina, sia dalla entusiasta partecipazione dei cittadini stessi. Tra parentesi, i termini ‘ educazione e rispetto ‘ credo facciano parte della parola ‘cultura’.

  28. Massimo Mercanti scrive:

    Concordo nel dire che non è il caso di discettare su cosa si debba intendere per cultura, perché già una analisi del genere favorirebbe una divisione tra “ignoranti”, cioè tra chi è figlio di una cultura nazional popolare e chi invece è aperto a qualsiasi genere di confronto sentendosi vicino alle avanguardie. Nella vicenda “Orizzonti” come in tante altre iniziative per le quali concorrono finanziamenti pubblici, l’errore, secondo me, è far pagare un biglietto. L’ esclusione non può essere la disponibilità del portafoglio ma la sete di cultura in qualunque latitudine sia proposta, venga offerta. Chi professionalmente è parte della produzione culturale deve avere un sostegno economico, come gli attori, i registi, le orchestre, i cantanti, i tecnici che allestiscono. L’interesse a fare “cultura” deve partire dall’utile conoscitivo che non riguarda le maestranze e i protagonisti degli spettacoli, ma colui o coloro che ne risultano i promotore iniziali.

  29. pscattoni scrive:

    Dalle nostre parti c’è un’indiscutibile eccellenza che è il Teatro Povero di Monticchiello, dove una frazione di poche centinaia di abitanti si auto-rappresenta su un tema deciso dalla popolazione. Studiarne la storia farebbe bene anche ai nostri amministratori. Non tanto per imitarlo quanto piuttosto per capire che un progetto di successo ha bisogno di tempo e partecipazione. Concordo con Luciano (Fiorani) che una prima indicazione di quanto sia partecipato Orizzonti è quello del numero dei biglietti venduti.

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