Chiuse le tombe etrusche. Una mazzata per l’immagine della città e per il turismo

di Marco Fè

Le tombe etrusche della Scimmia e della Pellegrina, fiori all’occhiello dell’archeologia della Città di Chiusi, sono chiuse ai turisti dal 7 dicembre 2011.

Lo annuncia un laconico avviso per i turisti affisso all’ ingresso del Museo Nazionale Etrusco che ne giustifica la chiusura con motivi di “accessibilità e sicurezza”.  Lo ha disposto la dott.ssa Monica Salvini, direttrice dello stesso museo, dietro comunicazione della Soprintendenza Archeologica di Firenze.

Il disagio per i turisti è notevole e lo sconcerto della popolazione è enorme, soprattutto perché il fatto rende palese la contraddizione, purtroppo non nuova nella storia recente di Chiusi, per la quale sono mortificate quelle che sono le originalità e le ricchezze della città che potrebbero costituire invece il punto di forza su cui far leva per lo sviluppo turistico e, di conseguenza, per una ripresa economica che di queste originalità tenga conto.

La notizia  è stata il colpo di grazia nel momento di crisi che stiamo vivendo a livello nazionale, reso ancora più grave, a livello locale, dal vedere il centro storico sempre più deserto e relegato ai margini dei progetti che pongono altrove il futuro sviluppo della Città. Le autorità competenti, per ora, tacciono e la notizia, nonostante l’importanza, è passata pressoché sottosilenzio.

Tutto il contrario di quando, negli anni ’90, per l’incuria dei diretti responsabili, crollò il soffitto della Tomba della Scimmia. La giornalista Tina Lepri ne divulgò la notizia al TG1 ed ebbe una risonanza tale che, anni dopo, la Banca Valdichiana ne ha curato la piena e completa ristrutturazione per poter offrire il celebre sito archeologico al flusso turistico. Ma i tempi sono evidentemente cambiati. 

“Se tu riguardi Luni ed Urbisaglia come son ite e come se ne vanno di retro ad esse Chiusi e Sinigallia, udir come le schiatte si disfanno, non ti parrà cosa nuova ne’ forte poscia che le cittadi termine hanno” recita il canto XVI del Paradiso e, di questi tempi, sembra una funesta profezia di Padre Dante per la Città di Chiusi. Alla quale però i chiusini che hanno a cuore il bene comune della loro città non sono disposti a rassegnarsi. In altro passo Dante così si esprime: “… non furon ribelli né fur fedeli … ma per sé furon …”.

E sembra riferirsi agli indifferenti e a tutti coloro che hanno ben altre mire che quelle delle tombe etrusche riguardo a Chiusi.

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