Il Museo Guimet a Parigi è il contenitore più prestigioso esistente al mondo specializzato in Arte Orientale.
Nelle sue sale ristrutturate si trova il fior fiore dell’Archeologia del Sud Est Asiatico, collezioni di livello quanto più eccelso possa esistere in fatto di Ceramiche Cinesi, Tanka Tibetani, Pitture Giapponesi, Mobili Ming e quant’altro si possa immaginare relativo a tutto ciò che il colonialismo ha potuto saccheggiare da quelle regioni negli ultimi secoli.
Un duplice discorso obbiettivo però sotto questo aspetto però va fatto: da un lato c’è quello sì riprovevole di depredare un paese della propria cultura portandone fuori i tesori d’arte mentre dall’altro c’è la preservazione di tali pezzi che quasi senz’altro se ciò non fosse stato fatto – sarebbero stati saccheggiati, dispersi, venduti ad uomini danarosi e collezionisti senza scrupoli, come normalmente è successo nelle varie epoche storiche.
Il Museo Guimet nei giorni scorsi è stato informato dalla Onlus The Face of Asia sul fatto della possibilità dell’utilizzo di immagini d’autore sulla Birmania di fine ‘800 in lastre di vetro, ne è stato proposto l’utilizzo per una possibile mostra di livello internazionale. Il materiale posseduto è di notevolissima importanza ed è stato scattato dai primi fotografi passati alla storia che hanno fotografato il Sud est Asiatico nelle ultime decadi dell’800, ed in particolar modo la Birmania, fotografata appunto da Adolphe Klier, un austriaco che a Rangoon, oltre,che ad,essere fotografo, riparava anche orologi.
Di questo primo fotografo che operò in Birmania , in maniera casuale e fortunosa The Face of Asia è venuta in possesso di qualche decina di lastre fotografiche che potrebbero essere scannerizzate, stampate e mostrate ad un pubblico di appassionati che appare in crescita esponenziale specialmente in Europa.
Il Museo Guimet è disposto a mettere a disposizione le sue prestigiose sale e ha invitato The face of Asia a presentare un progetto per tale esposizione. Ma ha già premesso che difficilmente potrà fornire il supporto economico per realizzare la mostra e il catalogo.
Non solo in Italia ma anche in Europa succede che la cultura non riceva i necessari supporti e le potenzialità contenute negli Archivi, nei Musei, nelle Biblioteche rimangono inespresse, e le opere stesse che fanno parte della nostra storia e di quella di altri paesi languono negli scantinati e nei cassetti, mentre potrebbero essere impiegate proficuamente per attrarre turismo, suscitare dibattiti, far crescere un interesse generale e specifico dei cittadini. Insomma fare cultura.
E’ pressochè certo che la collezione e la relativa possibile iniziativa di The face of Asia non saranno valorizzate (e molte potenzialità legate ad essa inespresse) senza una necessaria sponsorizzazione. Ma in questi tempi bui esistono ancora i mecenati?
E’ triste constatare che le migliaia di euro si trovano solo per feste, pranzi, cene, per quella che viene chiamata “cultura del divertimento e dello spettacolo” che ormai impera sovrana, per un calcio che fa entrare in crisi i semplici cittadini al solo pensiero di non essere giocato nei tempi programmati, per concerti rock ai quali i giovani partecipano con lo stereotipo della bottiglia di birra in mano, e per tanto e tanto altro ancora.
D’altra parte cosa si vuole? E’ evidente che a questo è ormai ridotta l’Italia: un paese dove è concentrata la maggior quantità di opere d’arte al mondo, un luogo dove è presente cultura ai massimi livelli mondiali ma che pare aver fatto dell’ignoranza il cemento costitutivo politico-sociale che la tiene unita e compattata.
4 risposte a Bambole, non c’è una lira…per la cultura