Primo contributo per un programma elettorale

di Francesco Orsini, Enzo Sorbera e Agnese Mangiabene

In seguito alla sollecitazione di Simona Cardaioli a proporre osservazioni e integrazioni alle linee programmatiche presentate all’alleanza elettorale che sta prendendo forma, proponiamo alla discussione alcune riflessioni. Sono riflessioni personali su alcuni dei temi proposti (quindi, presenteremo più di un intervento) e vogliono essere un contributo alla discussione che porterà al programma definitivo. 

Il primo passaggio che vogliamo portare alla riflessione è relativo alla visione di Chiusi nel prossimo futuro: “la città del buon vivere”.

Un governo del territorio che metta al centro i suoi abitanti più fragili, i bimbi ed i servizi per loro e le loro famiglie (scuola e dopo scuola) gli anziani con l’assistenza medica domiciliare telegestita e le attività di svago e d’inclusione nella vita cittadina. 

Chiusi diventerà un piccolo centro da imitare: un attrattore per chi non ha garantita qualità della vita così alta nei grandi ed alienanti centri urbani. 

Quindi, ripensiamo i luoghi di gioco, manuteniamo e potenziamo il verde urbano, riprogettiamo una città con zero barriere, una città inclusiva a partire dai centri storici, non solo ad appannaggio dei giovani ma anche degli anziani autosufficienti e non, dei disabili, grazie soprattutto alle nuove tecnologie. 

Una città che investe sulla tecnologia verde, il che non significa ricoprire il suolo di pannelli fotovoltaici per lucrare sugli incentivi come fatto sin ora ma integrare i sistemi di produzione sui nostri edifici e condividere la produzione in una rete locale riutilizzando ciò che generiamo per abbassare i costi di produzione alle aziende che decideranno di insediarsi nelle nostre zone artigianali grazie al concetto di comunità energetiche. 

Una città che investe sulle tecnologie delle reti veloci per offrire servizi avanzati che rendano appetibili le residenze fuori dalle metropoli (una tendenza che sta assumendo dimensioni sempre più ampie) che qui trovano un ambiente non inquinato e sicuro dove svolgere il loro lavoro a distanza ovvero poter continuare ad essere pendolari senza l’assillo di trasporti scadenti perché non puntuali e rarefatti. Questo significa ripensare la città nel suo ruolo di porta di accesso all’intera area interprovinciale e interregionale, un ripensamento della mobilità di area, anche in un’ottica di riduzione delle emissioni inquinanti, che rimetta Chiusi al centro del nodo logistico della Valdichiana, come è stato storicamente nei momenti di maggior sviluppo, non solo elettrificando la Chiusi-Siena ma creando una rete di infrastrutture leggere elettriche e di interscambio (colonnine elettriche e pensiline di scambio fotovoltaiche su sentieri e viabilità da manutenere valorizzando gli antichi sentieri per il turismo ma soprattutto per i cittadini residenti) che parta da qui per servire non solo il territorio comunale ma tutta l’area prossima.

Tutto questo vede nella “condivisione” il punto di forza: rendere piacevole il pendolarismo fornendo a livello comunale la mobilità non solo per i ragazzini che vanno a scuola ma anche per le loro mamme e i loro papà pendolari sfruttando i mezzi comunali al di fuori delle ore scolastiche perché, qualsiasi sia il carburante prescelto, la vera rivoluzione della mobilità, non solo in termini ambientali ma soprattutto in termini economici e di vivibilità urbana, è nello sviluppo dei servizi di mobilità condivisa. Il ruolo fondamentale l’avrà la tecnologia informatica ICT che faciliterà l’utilizzo su richiesta dei mezzi condivisi. 

Accanto ai lavori di conservazione e la manutenzione ordinaria delle opere faraoniche sin qui messe in atto dalle varie amministrazioni, i lavori pubblici nei prossimi anni dovranno essere quelli di ripristino delle reti di mobilità fisica e digitale. Le opere da ripensare sono quelle che possano servire a fruire in maniera più efficiente di ciò che abbiamo ragionando in termini di area: l’intera Valdichiana come una Città di cui i vari Comuni possono essere immaginati come quartieri e Chiusi il punto nodale di interscambio!

Tutta la Valdichiana ha una popolazione di 70.000 abitanti: dobbiamo superare la logica 1:1 di un comune = un servizio ad es., è ridicolo immaginare che per ogni comune da 8000 abitanti si abbia una piscina mentre è più logico ragionare su come investire per spostare gli utenti da un comune all’altro per valorizzare e potenziare le risorse esistenti. Possiamo in quest’ambito ragionare come quartieri di una grande città: se a Chianciano ho una piscina olimpionica è giusto che questa venga valorizzata e utilizzata anche dalle utenze di Chiusi a patto che come Chianciano guadagni sull’utilizzo della piscina, Chiusi guadagni sulla gestione della mobilità di area. 

Le opere pubbliche esistenti potranno essere rifunzionalizzate con le nuove tecnologie spendendo poco e bene ed investendo massivamente le risorse sulla gestione oculata delle opere di manutenzione ordinaria e straordinaria. Non è possibile assistere ad una logica di governo del territorio che favorisce la nascita di opere non commisurate all’utenza locale e la dismissione dei volumi e spazi sotto utilizzati in aree nevralgiche del paese a vantaggio di aziende private.

Grande rilievo in queste attività di manutenzione e recupero l’avranno le associazioni culturali e di volontariato : solo lavorando a stretto contatto con il pubblico sarà possibile valorizzare l’enorme patrimonio associativo per generare ricchezza per la comunità. 

Per amplificare però il risultato di questa partecipazione sarà necessario sostituire il meccanismo del “contributo comunale” con un meccanismo simile a quel che tempo fa era detto di “Banca delle Ore” uno scambio alla pari tra benefit ottenibili e ore prestate alla comunità. Tale meccanismo è assolutamente utile per eliminare scambi clientelare che tanto bene fa a pochi e tanti danni porta a molti.

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10 risposte a Primo contributo per un programma elettorale

  1. carlo sacco scrive:

    Non avrei desiderato una risposta prettamente tecnica su come bisognerebbe fare ma di natura ”politica”su come riprogettare il cambiamento.Se poi all’interno di questo si provveda secondo l’analisi dei costi-benefici è chiaro che questo è un problema che si debba necessariamente affrontare diversamente si fanno i disegni in aria anche tenuto conto della programmazione tecnica.Il mio interrogativo dopo tali risposte rimane insoluto anche guardando a cosa sia stato detto prima del mio intervento ed è quello di chi paghi tali costi che in pratica debbono affrontare le aziende e tali aziende producono solo se hanno utilità a produrre cioè guardando il conto economico, diversamente non producono ma riducono il lavoro e premono su di esso,dislocano in base alla legge sulla mobilità dei capitali,diversamente da tutto questo potrebbero chiudere e spostare le sedi all’estero con tanti saluti.Le trasformazioni che si fanno presente diventano quindi non appetibili a meno che venga coinvolta la presenza del settore pubblico ma questo cozza e richiederebbe una trasformazione profonda che legiferi sulla proprietà privata ed i suoi mezzi di sviluppo.Credo che a questo punto i passaggi incomincerebbero ad essere molto lenti e non adeguati ai tempi nei quali venga richiesta tale trasformazione.C’è sempre poi in ballo la legittimità e la limitazione delle libertà di scelta ed economica,quindi tutto dovrebbe cambiare sennò il tutto resta per aria.

  2. enzo sorbera scrive:

    Non avevo fatto il copy&past dell’ultima parte. Dobbiamo inoltre considerare che non è solo l’emissione dello scarico a produrre inquinamento. C’è da tener conto dell’impatto acustico (rumore del motore) e soprattutto del calore prodotto sia dal motore sia, ancora maggiore, dagli pneumatici. Cominciare a incoraggiare l’uso di pneumatici di classe A invece che di classe inferiore può servire a limitare la quantità di particelle tossiche sospese. Gli interventi al suolo sono costosi, vero, però dovranno essere soppesati e valutati. Insomma, possiamo già ragionare di riduzione senza spendere quasi niente.

  3. enzo sorbera scrive:

    Abbiamo una struttura viaria che è stata ereditata da un passato che ha sempre esaltato la gomma e il trasporto su gomma. Già da qualche anno qui da noi si è cercato di disciplinare il transito dei mezzi pesanti. Su questo occorre lavorare ancora per poter alleggerire ulteriormente il carico del traffico sul centro urbano e significa un primo step per abbattere i carichi d’inquinamento della mobilità (sia privata che pubblica, sia di grosso calibro che di piccole dimensioni) e se possibile incentivare la sostenibile (car sharing, bus urbani di ridotte dimensioni e alimentati a gas, incentivo alla mobilità pedonale, ecc.) L’idea dello stoccaggio di merci non deperibili in zone esterne al centro abitato è certo una delle possibili soluzioni (anche i Francesi hanno il problema dei centri – storici e non – congestionati), ma non la sola. Non possiamo pensare di eliminare la mobilità privata: una popolazione progressivamente più anziana ha esigenze che devono essere valutate con attenzione.

  4. carlo sacco scrive:

    Chiedo per pura ed un po’scettica curiosità in che cosa consisterebbe” la pianificazione SERIA della mobilità dentro e fuori il paese”nel senso che le merci una volta prodotte debbano evitare di passare vicino alle abitazioni e concentrate in punti di raccolta come inizia a concepire la Francia,oppure altro? Ed oltretutto chi dovrebbe frugarsi le tasche per una attività industriale i cui profitti non vengano divisi con l’ente pubblico al fine di provvedere a quanto si dice ma a scarico di questo si proclama che serva all’indotto anche verso l’ente pubblico poichè quest’ultimo già fruisce delle tasse?Vorrei capire quali metodologie soprattutto economiche che riguardino lo sviluppo ne stiano alla base e che portino a tali decisioni su tutto questo al di là del dispiegamento tecnico delle progettazioni al suolo che possono benissimo e concepibilmente fruire del progresso tecnologico.E’ senz’altro una risposta complessa da analizzare caso per caso ma chiedo questo poichè mi sembra che i discorsi siano tanti e anche belli se si vuole ma occorrerebbe in una economia come la nostra il rivoluzionare profondamente il concetto di sviluppo economico e le strutture esistenti- in pratica soldi seri a miliardi per uno sviluppo incerto sottoposto all’accettazione da parte delle popolazioni di trasformazioni che hanno scopo e finalità di profitto privato- Oltre a pagare stuoli di progettatori ed ingegneri e strutture alla fine chi paga i soliti noti ?

  5. pscattoni scrive:

    Bene. Un consiglio però, certi acronimi vanno spiegati altrimenti sono pochi quelli che riescono a capire.

  6. Francesco Orsini scrive:

    Si, abbiamo un istituto professionale e indirizzi attivati in ambito meccatronico, una delle chiavi per una lettura del futuro che ritroviamo nel piano nazionale di ripresa e resilienza nei capitoli dedicati all’istruzione e alla cultura. Alla prossima puntata.

  7. pscattoni scrive:

    Che cos’è STEM? Science, Technology, Engineering e Mathematics?

  8. Francesco Orsini scrive:

    Questo che abbiamo redatto è un documento di poche righe, la prima di più puntate. Non penso si possa sviscerare le problematiche tutte in una volta. Del ruolo dell’istruzione nello sviluppo sostenibile.del paese ne parleremo in altri interventi che stiamo preparando poiché l’innovazione nelle STEM è alla base della società inclusiva. Anche dell’incompatibilita’ tra le funzioni, della mobilità per le persone e per le merci se ne parlerà in una specifica puntata. Certo è che la posizione di alcune aziende come il passaggio di tanti mezzi pesanti sono il retaggio di un epoca che vedeva la coesistenza di attività industriali con le abitazioni. È chiaro che certi carichi sono incompatibili con la residenzialità ma la risoluzione passa da una pianificazione seria della mobilità dentro e fuori il paese non semplicemente da divieti od obblighi a totale carico delle imprese.

  9. Rossella Rosati scrive:

    Progetti certamente condivisibili nell’ottica di uno sviluppo sostenibile per il futuro , solamente che esistono dei temi pratici che si presentano quasi come non affrontabili in sede di campagna elettorale ma che invece necessiterebbero di una visione prospettica precisa . A questo punto chiedo come si può conciliare il tema di “Chiusi quale città del buon vivere” con i 50/60 tir che passano a qualsiasi ora all’interno del centro abitato dello Scalo ? Si può trovare una soluzione alternativa rispetto all’attuale salvaguardando da un lato “ il buon vivere” dei residenti e dall’altro i posti di lavoro ?

  10. pscattoni scrive:

    Condivido il quadro coerente di una strategia per il futuro di Chiusi e non solo. Rimane però il dubbio che senza la indicazione di azioni precise può rimanere oggetto di interpretazioni diverse nella pratica.
    Uno degli autori ha partecipato attivamente al progetto Laboratorio Ambiente dell’Istituto Vakdichiana svolto inizialmente con un piccolo finanziamento dell’Autorità per la Partecipazione della regione Toscana. Un progetto pratico che ha a sua volta prospettato possibili sviluppi: fablab, co-working per l’innovazione, startup, creazione di uno science shop (un junior science shop presso la scuola), etc.
    Non c’è molto tempo, ma spero che i prossimi passaggi a questo siano dedicati.

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