Primarie: non una guerra per bande e neppure votanti sprovveduti

di Enzo Sorbera

Alcune considerazioni in margine a quanto ha sottolineato Luciano (Fiorani) sulle primarie del PD.

Il suo discorso segue una logica apparentemente ineccepibile e, per qualche episodio, anche fondata. Mi sembra però doveroso sottolineare alcuni aspetti che, con l’ipotizzata “guerra tra bande” , sono in stridente contrasto.

Intanto, le primarie  richieste a gran voce da Renzi sono state accordate in deroga ad una norma statutaria molto chiara: il candidato a presidente del consiglio da presentare alle elezioni è il segretario del pd (http://www.partitodemocratico.it/doc/54548/StatutodelPDCapoIIArt.3). Le primarie sono date tenersi solo per l’elezione del segretario o di cariche istituzionali di secondo piano (Sindaci, Presidenti di Provincia e Regione Capo IVArt.18).

Bersani avrebbe potuto trincerarsi dietrolarticolo richiamato: si sarebbe sentito qualche mugugno sui soliti“comunisti”, o poco più. Invece, non ha avuto esitazione a misurarsi: nonostante quella norma, le primarie si sono tenute. Penso sia un dato politico forte, oltreche il segno del carattere del personaggio.

Ora, se si fosse trattato di un problema di sola conservazione dello status quo o di “guerra per bande”, sarebbe bastato attenersi alla norma citata. Credo quindi che si faccia una forzatura a parlare di “regolamento” di conti. Semmai, c’è stata forte considerazione per un gruppo coagulatosi intorno a Renzi c he ha avanzato una serie di questioni e problemi, (in parte anche giusti e condivisibili, seppur posti sul tappeto con modi a dir poco urtanti), ma che non avrebbe dovuto chiedere le primarie per il “premierato” – richiesta che probabilmente è sintomo di una scarsa attenzione alle regole –.

Il PD si è misurato su un piano politico che avrebbe potuto essere particolarmente scivoloso (le note di Scattoni sono lì a ricordarlo). La partita ora è, anche, sulla collaborazione che sarà in grado di dare lo “schieramento” renziano, al di là di tentazioni che potrebbero affiorare verso improbabili partitini “a latere”.

Altro aspetto che mi piace poco dell’analisi svolta è la sottile, ma sempre presente, denigrazione dei votanti alle primarie. Intendiamoci, liberi di denigrare o fare ipotesi anche strampalate, però occorre cercare di capire e le etichette e i preconcetti non aiutano. Il refrain è sempre il solito: ma chi sono questi “votanti”, non si sa perché/perchi lo fanno, comprano un prodotto “a scatola chiusa” o, nella migliore delle ipotesi, hanno un tornaconto personale, ecc.

Manca solo che si dica che acquistano un prodotto “avariato” e la denigrazione diventa completa accusa di cecità. Si, è vero che, almeno io, sono andato a votare per una serie di motivi “esterni” più che perché convinto dal programma presentato da Bersani – candidato per cui ho votato -: al di là della sua proposta, vedevo in Renzi un pericolo di deriva, un problema per la tenuta del partito nel suo insieme – si badi, non sono iscritto al PD -, cioè per la tenuta di quello che ritengo un patrimonio del nostro sistema democratico.

Le mie simpatie, più volte espresse, andavano e vanno a Laura Puppato, ma non si poteva votarla quando la partita era la difesa dell’integrità del partito piuttosto che l’affermarsi dell’una o dell’altra proposta. Quindi, motivazioni forse fondate su un errore di valutazione, ma non peregrine o, peggio, indotte dalla risonanza mediatica o dalla televisione (oggetto tenuto in scarsissima considerazione, a casa mia). Smettiamola di dare del cogl%&ne a chi è andato a votare alle primarie: è un motivetto già cantato (tra l’altro, si è visto che tipo di “furbi” lo intonavano) e non guarisce (o fa desistere) i cogl%&ni come me. Tanto varrebbe allinearsi a Monsignor Fisichella, che ha visto una minaccia tremenda nei pugni chiusi dei festeggiamenti.

 

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