Molte Associazioni sono diventate vere e proprie aziende. Vogliamo parlarne?

di Luana Scipioni

Ho visto solo ora che una mia velocissima considerazione sul volontariato, fatta durante la presentazione della Conferenza con il Prof. Bartolini, ha dato vita su questo blog a un dibattito sulle Associazioni. Mi preme precisare che l’intenzione era quella di voler sollecitare una riflessione sul ruolo e i limiti del volontariato in tempo di crisi economica.

Sia chiaro che in materia esiste una normativa nazionale e regionale a cui fare riferimento, pur tuttavia mi chiedo quante persone sanno distinguere i ruoli e le competenze e quanti di coloro che sono stati o sono in Consiglio comunale, hanno sentito l’esigenza di fare un bilancio economico (e non solo economico) sulle convenzioni stipulate con le associazioni di volontariato che svolgono attività e funzioni nella gestione di servizi pubblici essenziali del Comune e della ASL.

Ho l’impressione che le buone intenzioni del legislatore hanno invece prodotto un sistema in cui l’Ente pubblico tende a delegare sempre più servizi alle Associazioni le quali a loro volta sono costrette, per garantire tali servizi, a trasformarsi in Aziende vere con personale dipendente, investimenti, bilanci da far quadrare, competenze da formare ecc., un sistema in cui girano tanti soldi, e il volontariato rischia, in quei contesti, di risultare marginale.

Il volontariato di cui parliamo è organizzato, strutturato, burocratico. E la solidarietà? Quella di vicinato, relazionale, occasionale e di emergenza è cresciuta? La risposta dovrebbe essere positiva! Ma lo è ?

Poi vi sono i contributi, a volte anche consistenti, che le Associazioni ricevono per sostenere spese di formazione dei volontari e realizzare progetti sul territorio. Chi controlla e misura i benefici che questi finanziamenti producono e la ricaduta reale che hanno localmente?

Ma vi è da considerare che l’associazionismo non è un universo omogeneo, ci sono molte associazioni che vivono esclusivamente dell’impegno volontario dei propri soci, e si dedicano con passione e costanza a progetti importanti, a volte senza riflettori.

Se posso parlare dell’esperienza compiuta in questi anni all’interno della Goccia, devo testimoniare assolutamente la nostra volontà di non diventare uno strumento per chicchessia ma anche di aver tenuto un atteggiamento laico, di non contrapposizione preconcetta nei confronti delle Istituzioni. Quel poco o tanto che è stato realizzato lo abbiamo fatto esclusivamente con le nostre forze, ma devo riconoscere che questo è spesso impossibile quando si devono garantire servizi ai cittadini.

Per quanto riguarda il numero delle associazioni a Chiusi, anch’io noto un certo affollamento e non mi sembra solo un dato solo chiusino. Questo è un fenomeno complesso che presenta secondo me motivazioni positive e negative: da un lato evidenzia la vitalità di una popolazione che comunque non intende rinchiudersi nell’individualismo, sia che questo significhi formare un gruppo per soddisfare bisogni interni a quel gruppo o che l’azione sia proiettata all’esterno con apprezzabile senso civico; dall’altro mostra in modo assoluto l’assenza della politica (quella sana) che riesce a recepire e mediare le istanze dei cittadini nei confronti della Pubblica Amministrazione.

Certo è che le Associazioni rispetto ai Partiti politici hanno il limite di essere settoriali e in taluni casi monotematiche e quindi, non perseguendo una visione d’insieme, non si pongono l’obiettivo di un progetto per la città.

Poiché ho grande rispetto per le motivazioni e le scelte che ogni persona compie, anche quando non le condivido, non sento di poter esprimere un giudizio qualitativo sulle altre associazioni, quindi niente polemica. Esprimo invece il desiderio di capire meglio una realtà dove non si sa bene chi, tra i protagonisti, è il forte e chi il debole. Forse consiglierei all’assessore competente di organizzare una giornata di approfondimento e di confronto sull’argomento, invitando a partecipare oltre ai cittadini anche i responsabili provinciali del settore e coinvolgendo, con convinzione, i gruppi consiliari e il mondo dell’associazionismo di Chiusi. Mi rendo conto che fermarsi a riflettere su certi argomenti può apparire tempo perso, ma così non è. A furia di dare tutto per scontato non riusciamo davvero a dare un senso alle cose importanti.

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3 risposte a Molte Associazioni sono diventate vere e proprie aziende. Vogliamo parlarne?

  1. Argomento importantissimo quello sollevato da Luana Scipioni. Posto che la dimensione politica è un dato antropologico essenziale, non si può pensare di servire il territorio, i poveri e la stessa comunità ecclesiale standosene schifiltosamente fuori!
    Questo non vuol dire che tutti i ruoli politici siano uguali! E’ evidente che un gruppo come il nostro (parlo della fraternità Renè Hagen) non presenterà mai una lista elettorale, nè farà patti elettorali con nessuno! Per quanto ci riguarda i contributi pubblici del 2011 sono stati 150 euro dal comune di Cetona e 100 dal comune di Chiusi. Noi non eroghiamo servizi.
    In quanto cristiani battezzati nella Chiesa cattolica ci sentiamo, come insegna il Concilio, “in Cristo come un sacramento di salvezza per l’ unità di tutto il genere umano”. Questo è per noi fonte di identità ma è in qualche modo anche programma politico; attuato nello stare tra le pieghe e le piaghe della società e servire gli uomini a partire dai poveri!

  2. pmicciche scrive:

    Certo è pericoloso generalizzare, soprattutto in questo settore dove si muovono alcune tra le forze migliori di questo paese, ma di sicuro almeno una parte dell’associazionismo ha coperto anche lo spazio libero e la funzione che un tempo era propria della Base dei Partiti….nel bene e nel male…e anche questa in fondo è una forma di anti-politica…

  3. lucianofiorani scrive:

    Alla luce dell’intervento di Luana Scipioni sull’associazionismo e il volontariato nel nostro comune credo che a maggior ragione si debba andare a “vedere le carte”.
    Ritengo che accomunare tutto in un indistinto “socializzare” non sia più possibile.
    Esistono e quante sono le associazioni politicamente orientate?
    L’aver trasferito servizi remunerati ad associazioni è stata una scelta giusta?
    Chi paga il conto di tante associazioni rafforza il tessuto sociale o è attento prevalentemente al consenso elettorale?
    Si può continuare ad eludere queste e tante altre domande?
    Io credo di no, e bene ha fatto Luana Scipioni a tornare sull’argomento precisando anche l’esperienza della sua associazione.

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