di Paolo Scattoni
Quello che sta succedendo nella politica locale in questi giorni potrebbe rappresentare l’occasione per la ripartenza. Per impostare una seria politica di rilancio occorre partire però dal riconoscimento del declino, che purtroppo negli ultimi anni è stato pervicacemente negato con argomentazioni intrise di retorica.
Vi ricordate che per la redazione del Piano Urbanistico si favoleggiava un aumento a 10.000 abitanti? Ecco un esempio eclatante di fuga dalla realtà.
Fra i tanti aspetti del declino quello della popolazione è sicuramente il punto di partenza. L’ISTAT ci dice che la popolazione al 31 dicembre 2019 è di 8312 unità. Dal 2011 ad oggi la popolazione è diminuita di oltre 500 residenti. Altro che crescita a 10.000!
Questo è uno dei sintomi che racconta di un territorio che progressivamente si allontana dalle zone più sviluppate e si configura come “area interna”. Chiusi come altri comuni della zona. Un secondo indicatore è quello del progressivo invecchiamento. Il grafico per classi di età in un sistema sano dovrebbe assomigliare ad una piramide dove le classi più giovani stanno alla base. Quella di Chiusi assomiglia invece ad una piramide rovesciata dove a prevalere sono i cinquanta-sessantenni (vedi figura). Infine la presenza di stranieri che a Chiusi rappresentano il 15% della popolazione. Se togliamo i 1274 stranieri i residenti sarebbero quelli del 1921-31.
Stiamo quindi vivendo una riduzione e trasformazione della popolazione che dovrebbe far riflettere sulle possibili politiche. Già il riconoscimento del declino sarebbe un primo fondamentale passo.
Sono ormai anni che si dicono sempre le stesse cose sul declino di Chiusi e su come tentare di invertire la tendenza, ma se chi ha in mano le redini politiche del paese non sente ragioni è tutto inutile.
Se si lasciano in mano le sorti del paese a chi ha interesse a far passare il messaggio che tutto va bene, perché così si ottengono consensi per le proprie ambizioni politiche e per soddisfare i propri narcisismi, allora tutti i discorsi sono inutili.
Se, invece, si fa una seria valutazione, da parte di tutte le organizzazioni politiche, economiche e sociali, della situazione e di come poter ripartire, allora si può avere qualche speranza di rilancio, anche se con notevole ritardo e quindi con maggiori difficoltà.
Ci vuole una comunità politica che sappia elaborare un progetto serio, mettendo insieme le migliori risorse del paese, che purtroppo non sono molte.
Fino ad oggi, invece, chi ha governato ha diviso il paese in buoni e cattivi, ma non sulla base del merito bensì su quella dell’accondiscendenza alle proprie politiche, valutata tramite i like su Facebook, e questo è il risultato.
I problemi di un paese si possono risolvere solo con l’umiltà e con l’ascolto e non con la presunzione.
Io, nonostante i mei impegni passati, oggi sono fuori da tutti i contesti politici e quindi quando intervengo su qualche argomento lo faccio da amante del mio paese e come tale sono molto dispiaciuto della situazione politica che si è creata, anche se da me prevista da tempo.
Il PD sulle strategie per la coesione territoriale e sociali può vantare un bel patrimonio di competenze, a cominciare da uno studioso come Fabrizio Barca. Anche gli altri partiti e movimenti potranno contribuire con i loro riferimenti. È però necessario voltare pagina.
Prendere atto del declino, delle nuove criticità e ricominciare da lì. È indispensabile non solo per i gruppi politici che sono stati sempre all’opposizione ma anche per il partito che governa Chiusi ormai da tempo immemorabile.
X Roberto Donatelli. La tendenza allo spopolamento e il declino economico dei piccoli centri lontani dalle aree metropolitane e dai centri urbani maggiori è una tendenza. Quelle che tecnicamente vengono definite “aree interne” sono purtroppo in crescita. D’accordo con te che si potrebbe operare per contrastare e possibilmente annullare questa tendenza. Prima di tutto, però, bisognerebbe prendere atto del declino e da lì ripartire.
Noi siamo venuti a Chiusi nel 2005. C’erano diversi negozi ed una popolazione visibile.
Oggi di persone se ne vedono poche e di negozi ancora meno. Io di statististiche me ne intendo poco, ma un fatto è evidente: nei 15 anni trascorsi Chiusi è diventata un deserto, nonostante la sua storia plurimillenaria, l’autostrada e la ferrovia. Non credo che lo spopolamento, generale, dei piccoli centri sia la causa del declino di Chiusi, forse le varie istituzioni comunali hanno un ruolo rilevante nel progressivo declino di Chiusi che, nonostante tutto, ritiene un fascino che non vuole essere riconosciuto e sfruttato.
Sarà che da vecchi si vive di ricordi, ma mi è comunque sembrato opportuno rileggere un mio intervento su questo blog proprio a commento di un’iniziativa al teatro del settembre 2011. Si discuteva proprio del dimensionamento del nuovo Piano Strutturale che si DOVEVA redigere in base alla legislazione regionale. Erano presenti il sindaco Scaramelli e l’urbanista Andrea Filpa.Leggere quell’articolo può rinfrescare la memoria ai tanti che non bayyerono ciglio di fronte alla proposta.
https://www.chiusiblog.it/?p=7004
Molto interessante e questo dimostra con i dati di fonte ufficiale Istat che la popolazione invecchia e che l’unico modo per porre seriamente la questione demografica sia quello di ripartire dal coinvolgimento dei cittadini stranieri. Fermiamoci e ripensiamo fortemente le questioni legate allo sviluppo dei centri urbani che siano motore di sviluppo sociale ed
economico come base per quel rilancio tanto atteso ovviamente abbiamo fortemente bisogno della componente straniera come motore di sviluppo e di crescita culturale.
Bravo!