Costruire un quadro strategico di comunità è possibile!

MODELLO DIALOGICOdi Paolo Scattoni

In un precedente post avevo posto la domanda: “E’ possibile coinvolgere le intelligenze, le conoscenze, la voglia di impegnarsi per la comunità che ora sono largamente ignorate e qualche volta anche umiliate, organizzarsi “a prescindere” dalla vacuità del governo?”.

Avevo anche indicato gli ambiti di questa “organizzazione a prescindere”. In questo post vorrei trattare brevemente la possibilità per un quadro strategico condiviso.

Nella prima figura riporto uno schema (non mio) che riassume il rapporto fra il sistema della comunità e il sistema di governo. La comunità percepisce un problema che indica al sistema di governo. Quest’ultimo lo inquadra e decide una risposta che provvede poi ad attuare.

Se c’è una buca sulla strada potete telefonare agli uffici del comune. Questa vostra richiesta potrà essere ignorata (capita purtroppo) o presa in considerazione e risolta. La risposta può essere anche un po’ più articolata. Il comune decide di trattare l’insieme delle buche nelle strade. Provvederà a censirle e poi stabilisce un programma per affrontare il problema (risorse, tempi, etc.) e possibilmente come prevenire il disagio in futuro.

Nella parte bassa della seconda figura si vede come il sistema di governo può rispondere MODELLO DIALOGICO-QS copiaalle sollecitazioni del sistema di comunità a seconda delle esigenze con azioni singole o coordinate in programmi, piani e progetti. Tutte cose risapute.

la novità, credo, sta nella parte alta della figura 2. Il sistema della comunità può organizzarsi per costruire un proprio quadro strategico. A che può servire? A fare in modo che la partecipazione dei cittadini sia più incisiva. La partecipazione pubblica a piani e programmi è stata resa obbligatoria. La vicenda del Piano Strutturale ha dimostrato come questa partecipazione possa essere vista come una minaccia e sostanzialmente aggirata. Se vi fosse stato una specie di bozza, approssimativa quando si vuole, di piano strutturale maturato dai cittadini il confronto con l’amministrazione comunale sarebbe stato più stringente e molto probabilmente più efficace.

Come mi immagino questo processo? Partiamo da un’ipotesi minima. Dopo aver pubblicato sulla stampa locale e sui blog un invito pubblico al quale rispondono appena una quindicina di persone disponibili a mettere in comune le proprie conoscenze dei problemi. Basta un computer e un videoproiettore. Insieme si potranno individuare e commentare i problemi insieme alle opzioni per risolverli. Viene scritto tutto anche le posizioni in conflitto che verranno poi trattate attraverso il confronto.

Questa primissima bozza verrà poi via via aggiornata sia tramite un confronto sul web che con altri incontri. L’evoluzione di questo quadro nel tempo e reso tracciabile in un apposito sito web. Di quest’ultimo aspetto possiamo parlare in altra occasione.

L’inizio dell’anno come si sa è tempo di buoni propositi. Questo post contiene il mio. BUON ANNO!!!!

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24 risposte a Costruire un quadro strategico di comunità è possibile!

  1. carlo sacco scrive:

    Concordo molto con la sostanza dello scritto di Miccichè.Credo che comunque chi la pensi in maniera diversa da quella sua abbia una posizione di natura piuttosto opportunistica nel senso di difendere la propria posizione ed il proprio status di fatto e di pensiero(come è per tutti del resto).difendendo la propria collocazione talvolta attraverso iniziative che appaiono così democratiche che alla fine servono solo a validare l’esistente ed a difenderlo con tattiche deviazionistiche in attesa che si affermino i meccanismi validanti del sistema che rimettono a posto tutto e sempre.(La storia ci dice tanto su questo).Si pensa che l’iscrizione ad un partito della struttura com’è il Pd sia ben accetta dall’apparato esistente?Tale partito la osteggerebbe in maniera spasmodica anche perchè sono tutt’altro che fessi.Gli si moltiplicherebbero i problemi che già hanno.Sarebbe una iniziativa di un semplicismo disarmante che semmai andava fatta prima,molto prima.Oggi ci sono i ruscelletti ai lati(Civati and Co.)servono a validare il corso principale che è quello di una nuova DC di natura trasversalista:un supermercato-come qualcuno ha detto-nel quale ognuno trova da comperare ciò che più gli aggrada.Il guaio è che appaia un percorso normale,dove la forza d’uso del sistema mediatico sembra che pesi relativamente,mentre invece è tutto il contrario.

  2. pmicciche scrive:

    Caro Giulietti, il Movimento 5 Stelle ha preso il voto dei cittadini e ha eletto dei rappresentanti e, per fortuna, esiste dando un contributo importante al funzionamento della nostra fragile Democrazia. In Italia le decisioni le prende chi riceve il mandato attraverso il voto popolare e questo è un dato di fatto.
    Venendo al caso specifico, non contesto pregiudizialmente l’iniziativa di Paolo Scattoni. Io stesso a Chiusi ero stato uno dei promotori di Res Publica, iniziativa fallita perchè a base troppo eterogenea e chiunque finiva per ingolfare il processo elaborativo non condividendo parte delle premesse. Contesto il fatto che si voglia fare politica in modo ambiguo, non stando alle regole del gioco e quindi favorendo il prosciugamento dei Partiti che sono diventati solo degli strumenti elettorali in mano a poche persone. Peccato che sia un’oligarchia ad utilizzare quello che è l’unico strumento di legittimazione del potere. Per fare un esempio se dentro SEL fossero confluite le persone che aderivano ad una certa idea comune, invece di lasciarla in mano a pochi intimi, le sorti delle ultime elezioni forse non sarebbero state così certe e forse anche molte scelte della attuale Amministrazione sarebbero state diverse…..Se venti persone non singolarmente ma in gruppo omogeneo entrassero nel PD di Chiusi, non sono così sicuro che verrebbero così facilmente neutralizzate…

  3. carlo sacco scrive:

    Leggendo i commenti che fin qui ci sono stati ,osservo che parallelamente a questi , forse parecchi non hanno chiaro ancora come funzioni realmente ”la politica” e dico così in maniera spicciola perchè mi sembra che siamo ancora a ”caro babbo”.Qui si opera e soprattutto si pensa come se la politica tenesse conto di cosa possa scaturire dalla gente e dipendesse grandemente da quello che la gente possa proporre o prospettare.Guardate,forse nelle vostre elocubrazioni i risultati di ogni situazione, di ogni condizione,di ogni grumo di volontà di sperimentare la conduzione democratica delle proposte,dalla politica vigente tutto questo viene saltato a piè pari….mentre- permettetemi-voi state a discutere di una cosa giusta teoricamente ma che attualmente è il sesso degli angeli.La cinghia di trasmissione dei partiti che non esistono più è saltata;la proposizione del ” comitato popolare”o chiamatelo tale, intorno ai possibili argomenti non viene minimamente ascoltata da questo nuovo modo di conduzione della politica, indipendentemente se anch’io credo che alla fine certi politici si stiano scavando la fossa con le loro mani come spero avvenga.Discutete magari più proficuamente sul come ”sputtanarli”sia localmente che nel paese costruendo una lettura critica che la gente possa fare sulle loro azioni.E’ quanto di più temono.Non c’è altro.

  4. Carlo Giulietti scrive:

    Paolo ha un po’ sintetizzato il mio commento e questo lo ha leggermente “deformato”, ma il senso credo si sia afferrato lo stesso.
    Per ritornare sui partiti “non è meglio che una ventina di persone con…”, ma venti persone con una base di partenza omogenea e interessate a discutere sullo stesso argomento, ad es., sulla stazione in linea, siamo sicuri di trovarle, disposti ad inserirsi in un partito, ammettiamo di opposizione, (che magari ha una base di trenta-quaranta iscritti) o (più facile) in quello di maggioranza, ma avete mai provato ad andare contro corrente in un partito organizzato? Tutt’al più le vostre proposte finiranno dove cominciano! Vedete cosa succede anche nel movimento di Grillo appena qualcuno ci prova?
    Per iniziative locali, direi, meglio organizzarsi diversamente.
    Se in una comunità si ponesse il problema di scegliere come utilizzare i fondi in bilancio e l’amministrazione proponesse una scelta, se, contemporaneamente, un movimento di cittadini riuscisse a organizzare un piano di azione e dimostrare che i vantaggi di una seconda scelta potrebbero essere molto maggiori per la collettività, questo potrebbe portare ad un cambiamento di rotta. Se la cosa si ripetesse su un’altra decisione, potremmo contare anche sul fatto che sarebbero i partiti stessi a cercare il confronto con i cittadini che prima sfuggivano.

  5. Paolo Scattoni scrive:

    Quelli di Carlo Giulietti ed Enzo Sorbera sono due commentesti emamente interessanti per la discussione. Dice Sorbera: e se qualcuno bara e non mette a disposizione la conoscenza che ha? E’ una delle intertezze possibili.Niente paura, si fa senza. Il processo è continuo. Se fosse arrivato qualcuno e avesse portato la favola (anche in cattiva fede) dei 20 minuti di penalizzazione della fermata degli eurostar nell’attualestazione rispetta a quella in liniva, la si sarebbe presa per buona. Poi ci sarebbe stato un Luciano Fiorani che raccoglie informazioni e dimostra che invece i minuti sono 5.
    Giulietti ci racconta una storia interessante: il tentativo di una ventina di partecipanti a un tentativo di costruzione di un piano strutturale alternativo. Grande cosa. Poi l’esperienza è fallita per mancanza di tempo e per le posizioni ambigue di alcuni. Anche qui per me non ci sarebbe problema. Non si doveva cercare, a mio avviso, una soluzione singola, ma registrare anche una molteplicità di soluzioni dovute a differenti giudizi di valore (altro tipo di ncertezza). Quelle diversità potevano anche essere discusse. L’importante è TRACCIARE tutto. Poi quando i processi formali (obbligatori)si aprono si va con ben altro che qualche mugugno o protesta.

  6. pmicciche scrive:

    Se si tratta di un “gruppo di studio” è un conto, se invece è un “processo politico” non è meglio che una ventina di persone – con una base di partenza omogenea – vadano a riempire il vuoto dei Partiti? Almeno finché le regole del gioco non cambiano e non ci si debba ritrovare alle prossime elezioni a veder spuntare fuori, che so, i Socialisti che eleggono qualcuno che poi voterà provvedimenti destinati a concretizzarsi. Dall’esterno al sistema istituzionale si contribuisce con gli studi oppure con le rivoluzioni. Altrimenti il gioco lo conducono altri, quelli che agiscono secondo il mandato popolare. A Chiusi mi sembra si continui a fare confusione tra piani diversi. Quando uscì il volantino del Comitato sul Piano strutturale persino io, in prima istanza, non riuscì a capire quasi nulla di quello che era scritto. (“Persino io” non è relativo all’intelligenza ma al fatto che ero stato partecipe di un percorso e quindi sarei dovuto essere informato sui fatti). Mi dicevo: ho votato Primavera e ora c’è un Comitato di cui non conosco i contorni e in cui non riesco ad identificarmi. Avevo votato Primavera e nelle riunioni – in base all’ecumenicità – c’è chi parlava di necessità di ripartire con l’edilizia (!!!) e incontravo persone con tessere di partiti di maggioranza che però fanno distingui alla maggioranza che hanno pur votato….insomma che pasticcio!

  7. Carlo Giulietti scrive:

    Tempo fa, in attesa piano strutturale e altre scelte che la nuova amministrazione comunale avrebbe dovuto presentare, piano di rilancio turistico, centro carni, ecc., una ventina di persone, tra cui io, si riunirono in un’associazione che, tra l’altro, si proponeva: – di promuovere “il dibattito ed il confronto partecipato, libero e democratico sui temi di interesse sociale, politico … tra la società e lo spazio ufficiale della politica, delle istituzioni dei partiti…”, di elaborare piani di attività, anche alternativi, se necessario da contrapporre a quelli ufficiali – , per rendere, come dice Paolo, un eventuale confronto con l’amministrazione più efficace.
    Il lavoro del gruppo stava dando risultati interessanti, solo che il notevole impegno e per qualcuno, la voglia di tenere i piedi su due staffe per non rischiare di cadere, fermarono l’iniziativa.
    Quella esperienza mi fa concordare con Paolo, . Alla luce dell’esperienza sulla partecipazione in “Laboratorio Ambiente”, condivido la necessità di coinvolgimento di giovani. A noi non riuscì. Inoltre occorre trattare un argomento per volta, una sorta di laboratorio a tema cui, ovviamente, partecipa solo con chi è motivato. Escluderei invece l’affidare ai partiti quanto proposto. Due i motivi: 1. limita la partecipazione, 2. i muri all’interno delle organizzazioni “politiche” spesso sono invalicabili.

  8. enzo sorbera scrive:

    Condivido l’impostazione di Scattoni. C’è però più di un dubbio in merito. Quello più importante è che l’ipotesi di Scattoni vale solo se, per il problema da affrontare, l’informazione è disponibile e accessibile, cioè se tutti gli interessati possono avere accesso alle stesse informazioni e per intero. Sorvolo sulla possibile manipolazione del problema in sé. Questa è una questione pressante, visto che l’informazione potrebbe essere travisata o radicalmente mancare.Quanto alle competenze necessarie di fronte a una situazione complessa, certamente si può condividere e crescere insieme su tanti temi, ma alcuni aspetti rimarranno sicuramente off-limits o confinati in un gruppo ristretto.

  9. pscattoni scrive:

    Per carità, ognuno può pensarla come meglio crede. Faccio rispettivamente presente che alla convenzione ONU di Rio sull’ambiente del 1992 fu votato (poi fatto proprio da molti paesi fra cui l’Italia) un documento intitolato agenda 21. In questo documento si dice che le comunità sono chiamate a costruire agende locali per il XXI secolo per uno sviluppo sostenibile.
    D’altra parte i principi della “democrazia deliberativa” sono applicati in molte realtà, compresa la Toscana, che, prima regione in Italia, ha finanziato progetti di partecipazione come contributo alla decisione sin dal 2007.
    Questi progetti possono essere proposti anche da gruppi di cittadini e associazioni, ma viene richiesto l’assenso dell’autorità locale di competenza. La mia proposta cerca di ovviare all’eventuale mancanza di questa “autorizzazione” attraverso un sistema secondo me efficace a costo quasi zero.

  10. pmicciche scrive:

    Se non si capisce che i Partiti dobbiamo essere NOI e non solo votarli turandoci il naso alle le elezioni (per dare loro il potere poi di fare proprio le cose che a noi non piacciono) non se ne uscirà mai. Non sono solo i Partiti che non funzionano, è la cultura della Democrazia che noi non sappiamo far funzionare, oscillando tra l’uomo forte e la iper-frammentazione “familistica”. Conosco molte persone che hanno una tessera in tasca , votano quel partito e poi passano il tempo a criticare quel partito e la partitocrazia. Tutto deve essere più lineare. Si hanno delle idee, ci si presenta, si prende i voti e si prova ad applicarle. Opposizione, giornali, sindacati, studiosi ecc controllano e fanno le pulci, oltre agli organi istituzionali come Corte dei Conti ecc. Cerchiamo di diventare normali, se possibile, senza percorsi ambigui ed involuti.

  11. carlo sacco scrive:

    Caro Miccichè,dici che alla meglio si tratta di una ingenuità.Alla peggio secondo te di che si tratta ?Parliamo un momento di sentimenti e di spinte e di come si facciano sorgere nelle moltitudini. Ricordo sommessamente che nei periodi storici quando l’impostazione della struttura dei sistemi economici-sociali e morali vacillava, oltre che all’ultimo rimedio delle guerre(alle quali stiamo assistendo in silenzio)dove venivano tirati per i capelli i poveri nella guerra contro altri poveri,chi era e da cosa era guidato chi sopravviveva? Non solo da un sentimento di volontà di ricostruzione delle macerie ma anche dalla volontà di riposizionare al loro posto storico gli elementi che avevano favorito le catastrofi.Tutto questo è stata fra fughe in avanti e ritorni indietro una costante storica.C’è bisogno di condivisione per far questo in attesa che meccanismi dell’alternarsi generazionale leniscano le contraddizioni e facciano realizzare gli automatismi di riposizionamento.A questo serve alla fine tale visione del post.Se c’è da scomodare questa politica la si scomoda,anzi le si fa un favore.Quello che non si tollera è il non controllo di tutto questo perchè pericoloso,altro che ingenuo….Paolo Scattoni mi perdonerà quando mi chiede di non parlare di massimi sistemi in un Blog locale,ma come si fa di fronte a questo ? Lui e te parlate di politica.Io no?

  12. pmicciche scrive:

    Continuo a capire e continuo a dissentire. Politicamente credo sia un vicolo cieco, alla meglio una ingenuità.

  13. pscattoni scrive:

    Centro studi non proprio, anzi. Una quindicina di persone (o più) che cercano di mettere insieme le proprie conoscenze di problemi e le relative preferenze anche conflittuali non assomiglia a un centro studi, ma a un metodo di confronto. Il concetto di Bene Comune viene fatto risalire al pensiero di San Tommaso. Ma né da lui né dai tanti che ne hanno parlato nei secoli successivi è arrivata una ricetta per determinarlo. E’ un accordo inter-soggettivo che va ricercato. La mia proposta è uno dei metodi per tentare di farlo.

  14. pmicciche scrive:

    Si, è un problema semantico il nostro. Per me, quello che tu descrivi, è un Centro Studi a cui la Politica poi può (e dovrebbe) attingere. Io però credo che sia Chiusi che l’Italia abbia bisogno di far ripartire la Politica; altrimenti sarà sempre un’oligarchia a decidere secondo interessi che non necessariamente coincidono con il Bene comune (quasi mai). Francamente non credo che questa strategia possa coinvolgere in molti. Il tempo a disposizione delle persone è poco e si impiega solo se si pensa che possa produrre dei risultati concreti, non solo prefigurare degli scenari che forse (chissà) potranno essere presi in considerazione.

  15. pscattoni scrive:

    Due soluzioni invece che una? Diciamo pure migliaia di possibili soluzioni. Semplifico. Consideriamo 7 grandi problemi percepiti: stazione in linea, parcheggi, stadio, nuova edificazione, etc. Ammettiamo che di questi sette problemi si individuino almeno tre opzioni di soluzione (compresa l’opzione del permaeare del problema, la cosiddetta opzione zero) allora siamo a più di duemila.
    Non si ipotizza l’esistenza di un gruppo omogeneo che arrivi a un’unica soluzione generale, ma semplicemente avere uno strumento che ci permetta di discuterne in un’arena aperta a chiunque voglia partecipare. Questo permetterà di avere una maggiore consapevolezza. Se poi dal dibattito si arriva a “chiudere” qualcuna delle opzioni questo significa aver contribuito a diminuire le soluzioni possibili. E’ ovvio che poi a decidere saranno col.oro che sono stati eletti per farlo, ma almeno non sarà più possibile evitare di rendere conto dei criteri utilizzati e degli interessi presi in considerazione. Saranno poi le elezioni l’ultima verifica di gradimento

  16. pmicciche scrive:

    In realtà avevo compreso che ritenevi la tua proposta un processo politico ma personalmente non credo ciò sia possibile. Creare un gruppo di studio si (che svisceri l’oggettività delle situazioni) ma un processo politico implica una scelta propositiva sulla strada da intraprendere e la condivisione di una “visione” del mondo e di come organizzare la società da parte dei proponenti. Ci possono essere persone oneste e preparate che hanno una differente idea su soluzioni, strategie, priorità e modalità esecutive. Chiudo con un piccolo episodio. Anni fa fui invitato a tenere un Laboratorio Lirico in un paesino delle Madonie in Sicilia. La giunta era di Sinistra e il Sindaco mi disse che avevano deciso di fare il Laboratorio e riempire i luoghi della città con concerti strumentali e operistici piuttosto che riempire di asfalto le buche delle loro strade comunali. Avevano 20 milioni e non bastavano per ambedue le necessità. L’opposizione di Destra tuonò contro quella “scellerata” scelta. Il Laboratorio fu un successo, vennero dei turisti e la popolazione fu contenta di nutrirsi per due settimane del prodotto entusiasta di decine di giovani artisti che avevano invaso il paese. Però fu una scelta tra due opzioni, ambedue rispettabili e supportate da buone motivazioni. Questo per dire che non c’è quasi mai una sola possibilità e la scelta alla fine la fanno gli eletti dal…

  17. carlo sacco scrive:

    Vedo che si continua a sorvolare il problema ”pratico” dicendo che ”si continua a confondere le pere con le susine acerbe”.Non contesto il procedimento teorico relativo alla formazione della conoscenza da parte di una larga opinione pubblica che poi si ristringa su singoli progetti.La conoscenza è sempre illuminante per chicchessia e soprattutto per formare gruppi di pressione per poter contrastare eventuali allontanamenti dalla necessità reale delle iniziative.Il problema è politico e di tempo nel quale si permette all’autorità pubblica che è fornita di autorità tesa a far rispettare le sue decisioni poichè la ragione logica che ne sta a monte è quella di chi possegga la democrazia rappresentativa(vedi NO TAV in Piemonte):una estesa partecipazione di cittadini informati,la cui guida cerca di essere permeata in mille modi dalle istanze dei partiti al governo.La pratica ci dice questo e ci dice anche un altra cosa:che nel frattempo che si discute,Sagunto(l’idea nella gente che si oppone)viene espugnata.Lo lo scenario che abbiamo davanti e ciò che ne uscirebbe è questo,si o no?Mi ripeto: classifico questo come un tentativo che darebbe adito a rimestare la polenta al fine di conoscere i polli che si possano opporre,guidarli, entrando per primi nel pollaio delle loro decisioni,attuate poi dalla politica evitanto grandi scossoni.Fine.

  18. pscattoni scrive:

    Dibattito interessante, necessità però di precisazioni. Scrive Paolo (Miccichè) che ipotizzo gruppi di studio (meritori ma non determinanti). Se questa è l’impressione mi scuso per non essermi spiegato. Ipotizzo invece un processo politico: un’arena di confronto dove si possono costruire strategie (o la gamma possibile di strategie) basata sulle conoscenze (esperte, ma soprattutto diffuse). Per cosa? Nella migliore delle ipotesi a confrontarsi in pubblico sui processi decisionali del “governo”. Nella peggiore, quando il governo (come a Chiusi) rifiuta di confrontarsi, di avere strumenti molto più potenti per aprire contenziosi basati su un alto grado consapevolezza. Il lavoro di Luciano (Fiorani) che ha basato le sue argomentazioni sulla stazione in linea utilizzando informazioni di macchinisti in pensione ha dimostrato come le “conoscenze diffuse” rappresentino un elemento essenziale nel dibattito e nei processi possibili di partecipazione. Da quel lavoro è poi l’ipotesi di un progetto di dibattito pubblico, previsto dalla legislazione regionale.
    Confondere questo con la democrazia diretta significa confondere le pere con le susine acerbe.
    Quello che propongo “chiudere” su una singola soluzione è altrettanto fuorviante. Si tratta invece di un un quadro strategico che esplori le soluzioni possibili da discutere .
    Spero che ora la proposta sia più chiara.

  19. roberto donatelli scrive:

    Il progetto è buono, ma c’è un però, la volontà dell’A.C. In Italia con la volontà si fà quasi tutto. Se il futuro è visto come uno sviluppo industriale ( nuova stazione, centro merci etc.) le energie verranno rivolte verso quel progetto. Se la volontà è quella di basarsi sul turismo culturale sia laico che religioso le energie saranno rivolte verso quel traguardo.
    Secondo me l’A.C. dovrebbe decidere quale strada percorrere. Sempre secondo me, Chiusi potrebbe benissimo vivere di turismo culturale senza, per questo stravolgere la vita della cittadina. E’ questione di volontà e di punti di vista. Beni culturali, centri storici e direttive europee non possono vincere, specialmente nel nostro Paese, sulla volontà di fare, per di più quando il’ fare ‘ porterebbe indubbi benefici. Il turimo culturale è sempre esistito, crisi o non crisi.

  20. pmicciche scrive:

    Si Paolo, quelli che tu proponi – sempre ben accetti e meritori – sono gruppi di studio per aumentare la consapevolezza collettiva. Quello che dico io riguarda la Politica, ancora e ( se vuoi) purtroppo l’unico sistema che permetta di influire in modo determinante sulla realtà. Finché i Partiti non avranno più una base numerica concreta di persone documentate e impegnate, saranno preda di ristretti gruppi di affari. Loro però prendono i voti, eleggono dei rappresentanti e determinano le scelte, inclusa quella di disperdere un bene pubblico come il Trasporto Ferroviario, la Sanità, l’Acqua e via dicendo. Per rimanere a Chiusi, troppo poche persone si erano avvicinate a Sel impedendogli così di condizionare virtuosamente il PD, troppe si sono allontanate dal PD lasciandolo in mano ad un gruppo ristretto, poco coraggio ha avuto la Primavera pensando che il suo ruolo poteva essere quello, al massimo, di condizionare alla meno peggio le scelte della Maggioranza correggendole, ma mai di poterle efficacemente contrastare. Tutti poi, hanno messo il “fare” prima del “pensare a cosa fare”, in una logica cocciutamente anti-ideologica. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.

  21. carlo sacco scrive:

    ,.Cerchiamo di scendere dalle nuvole ed andare verso la realtà. La problematica che dite, esiste certamente sul come promuovere le idee dal basso e che debbano avere una penetrazione maggiore nell’apparato che poi le deve mettere in pratica. Personalmente cercando di non essere avulso dalla realtà e vedendo cosa è successo nel percorso storico della formazione delle decisioni la possibilità evocata da Paolo Scattoni in cosa in pratica si risolverebbe se non in un più diretto controllo da parte delle istituzioni su quanto possa scaturire da pubbliche e libere assemblee di cittadini che si riuniscono intorno ad un progetto? Secondo me tenuto presente di come stanno andando le cose in Italia e quindi anche e non solo a Chiusi,vista la permanente e possibile vicinanza di osservatori” interessati” al lesso che non sono mai mancati, si potrebbe prevedere di indirizzare anche anzitempo le richieste di interventi sensibilizzando le coscenze di tali gruppi che si riuniscono e che quindi prospettano.Un controllo ancora maggiore di formazione delle istanze a fatto alle origini e scambiate per volontà popolare, indirizzata e fatta scaturire da pochi,perchè è storia che a tali decisioni soprassiedano pochi.Va da se che dietro alla ”democrazia diretta” spesso c’è la zona grigia,dove pescano spesso anche squali.Non è mai successo il contrario.

  22. pscattoni scrive:

    Luciano (Fiorani) e Paolo (Miccichè) pongono questioni interessanti.
    x Luciano. Se la proposta è credibile perché non provare? La questione dei giovani si porrà al momento della prova. Se come dicono molti il web “individualizza” il contributo al dibattito. Ma perché non tentare la creazione di un’arena pubblica che utilizzi anche gli strumenti del web?
    x Paolo. Se ho capito bene la critica non credo di poter essere d’accordo. La complessità dei problemi non può essere lasciata ai soli esperti. Si ci sarà bisogno del loro contributo li potremo cercare. D’altra parte a ben cercare il sapere comune (nel senso che è distribuito nella comunità) e assai più rilevante di quanto si possa pensare. Inoltre il sistema proposto è continuo e cumulativo. Non si preoccupa di disegnare un solo futuro desiderabile, ma quello di far incontrare e confrontare molte proposte anche conflittuali.
    Quello che proponi (soluzioni maturato all’interno di gruppi) è quello che è avvenuto sino ad ora. Interessi specifici sono maturati all’interno di partiti e partitini, gruppi e gruppetti, logge e loggette. I risultati sono quelli che vediamo. Come è maturata la sesquipedale sciocchezza della stazione in linea? Da qualche parte il parto è avvenuto, sul come nessuno sembra essere disposto a dirlo.

  23. pmicciche scrive:

    Oggi abbiamo anche altri parametri da considerare: globalizzazione, velocità dei cambiamenti (e perciò delle decisioni) e quindi anche alta specializzazione degli argomenti trattati (per poter “leggere” correttamente i continui mutamenti che la realtà ci impone). Perché ipotizzare un gruppo parallelo che cerca di influire dall’esterno sulle decisioni? E una volta trovata una valida alternativa progettuale, con quale forza d’urto potrebbe farla applicare, in più persa nell’entropico mondo del web? Perché invece non elaborare progetti all’interno di associazioni private che poi si presentino alle elezioni e, grazie al voto dei cittadini, abbiano gli strumenti per poterli applicare? Non credo siano i Partiti in se il problema ma credo lo siano QUESTI Partiti. Credo che la grande battaglia del futuro sia quella di fare funzionare nuovamente i Partiti come cinghia di trasmissione delle progettualità. Allora, di fronte ad un progetto che ha concretezza e una prospettiva forte, vedremo arrivare anche i giovani….altrimenti rimarranno rispettabili progettualità, scarsamente incidenti sulla realtà.

  24. luciano fiorani scrive:

    Questa proposta oltre che interessante dimostra che le idee e gli strumenti per favorire la partecipazione dei cittadini alle decisioni della comunità evolvono e si affinano.
    Quello che mi da da pensare è la quasi nulla reattività delle giovani generazioni a certe sollecitazioni perchè, è chiaro, senza di loro è difficile svegliare dal letargo la nostra città.

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