Caro Marco,
tu sei sicuramente un politico di grande esperienza, ho grande stima nelle tue capacità personali e forse vedi cose che la gente comune come me non riesce ad afferrare subito, può darsi quindi che mi sbagli, ma nella tua introduzione ravviso anche un fondo di populismo, nel senso che pare tu voglia far passare il discorso che la eventuale fusione dei piccoli comuni comporterebbe rischi di minori servizi al cittadino, mentre in realtà, in caso di riorganizzazione, i servizi non verrebbero smantellati e gli uffici essenziali potrebbero rimanere al loro posto, verrebbero condivise strumentazioni e procedure.
Si potrebbero avere risparmi sui materiali, attrezzature e organizzazione. Il personale non diminuirebbe (questo in una situazione come l’attuale mi pare fondamentale), anzi potrebbe specializzarsi ed evitare, come ora, di “fare un po’ di tutto”.
Si potrebbero affrontare con più incisività le problematiche finanziarie e di gestione dei servizi, i continui tagli sui trasferimenti statali che danneggeranno in primo luogo le nostre piccole comunità locali provocandone, questi si, inevitabilmente invecchiamento e abbandono da parte di giovani famiglie. Si potrebbe avere un rafforzamento delle potenzialità territoriali in una logica di accrescimento della competitività economico-turistico dell’area, sicure risorse aggiuntive rispetto alle gestioni singole, riduzione negli investimenti in beni,una posizione di maggiore forza contrattuale, maggiori possibilità di accesso a finanziamenti agevolati o a fondo perduto proposti da enti nazionali o europei. Mi pare che ci siano proprio finanziamenti diretti a comuni sopra i trentamila abitanti
Indispensabile sarebbe una gestione oculata e partecipata all’eventuale fusione, in grado di garantire parità a tutti i membri della nuova comunità locale e questo è ovvio.
4 risposte a Razionalizzare non significa chiudere. Risposta a Marco Nasorri