Una scuola al lampone

di Paolo Scattoni

Fra qualche giorno, finiti gli esami di maturità, chiuderà un altro anno scolastico. Forse la stagione migliore per meditare sulla nostra scuola. Appare sempre più una struttura rigida che non sembra rendersi conto di quello che potrebbe e dovrebbe fare. Utilizzerò alcuni esempi per dare l’idea.

1) L’importanza del lampone. Ieri mio figlio si è prenotato per acquistare un computer Raspberry (lampone appunto). Mi ha chiesto 60 euro per l’acquisto, spese di spedizione comprese. Si tratta di un computer della dimensione di una carta di credito e un peso di poche decine di grammi(quindi facilmente trasportabile) e con una memoria aggiunta di 5 giga. Connesso a una tastiera e a un  televisore (se non si vuole comprare un monitor) è un computer vero e proprio sufficiente per le necessità di uno studente e della stragrande maggioranza di noi. La barriera per la diffusione del computer nella scuola non è più dunque quella del costo, quanto piuttosto la volontà di integrare lo strumento nella vita scolastica di tutti i giorni. Raspberry è stato messo a punto da un’organizzazione di volontariato inglese che ha come obiettivo quello di fare del computer uno strumento per tutti anche nei paesi in via di sviluppo.

2) Con l’aiuto di Arduino. Arduino d’Ivrea, primo re d’Italia (1002) ha dato il nome a un prodotto elettronico che costa una trentina di euro. È concepito per iniziare alla programmazione artisti e altri neofiti, che siano a digiuno di pratica nello sviluppo di software. E’ un prodotto tutto italiano che sta avendo successo in tutto il mondo e potrebbe essere utilmente impiegato nell’ambito di programmi degli istituti tecnici, professionali e artistici. Può sostituire apparecchiature che costano migliaia di euro.

3) Ardesia un progetto per una lavagna digitale che costa meno di una di ardesia. Ci hanno detto che le nuove lavagne digitali avrebbero rappresentato il futuro per la nostra scuola. Ne sono state distribuite alcune migliaia con costi rilevanti. Ce n’è di solito una o due per scuola relegate in aule apposite dove qualche volta si va come ad adorare il totem. Ebbene un progetto italiano di nome Ardesia ha permesso, con un investimento di 60 euro per un dispositivo da videogioco di trasformare un qualsiasi computer (anche il Raspberry da 60 euro!!) e un videoproiettore in una lavagna digitale. Quelli di Ardesia hanno poi studiato un carrellino apposito per poter trasferire l’apparecchiatura da classe a classe.

4) Libro di testo gratuito o quasi. Alcuni insegnanti di matematica hanno collaborato per mettere a punto manuali di matematica da mettere a disposizione di tutti, rompendo così il monopolio dei grandi editori.

5) La misteriosa allergia per le piattaforme didattiche. Fino a pochi anni fa soltanto le università più ricche si potevano permettere piattaforme didattiche per favorire attività accademiche come la messa a disposizione di documentazione, forum per la comunicazione di studenti e docenti, vere e proprie lezioni tramite istruzione programmata e così via. Uno strumento per poche istituzione ricche, poi uno studente di dottorato australiano ha prodotto una piattaforma gratuita di nome Moodle che con il contributo di tanti è diventata una sorta di standard a disposizione di tutti. Ma nonostante non costi nulla (se non la gestione) in Italia le scuole sono molto restie ad adottarla.

Soltanto cinque esempi (se ne potrebbero portare molti altri) per dimostrare che non sono più i costi e gli investimenti ad impedire il miglioramento della qualità della nostra scuola. Il nodo è la nostra classe insegnate ormai demotivata che non riesce a sfruttare quanto può offrire una tecnologia a costi nulli o comunque affrontabili.  Un tempo gli insegnanti erano poco pagati come oggi, ma intorno alla figura dell’insegnate c’era un’aurea di grande rispetto e considerazione. C’è bisogno di ritrovare quella considerazione. Più volte abbiamo scritto che è dovere della nostra comunità locale considerare la scuola come un patrimonio di tutti. Spetta forse agli insegnanti e agli studenti aprirsi alla comunità locale.

L’assenza dei temi della scuola da questo blog significa poco. L’assenza di queste voci da tutti gli strumenti dell’informazione locale è invece fenomeno assai preoccupante.

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8 risposte a Una scuola al lampone

  1. Complimenti bell’articolo, decisamente un input che se diventasse efficace sarebbe di grande aiuto per privati e pubblica amministrazione.

  2. pscattoni scrive:

    Infatti l’ho scritto nel post: sono soltanto alcuni dei possibili esempi.

  3. enzo sorbera scrive:

    Il problema cmq è sempre il solito: la tecnologia che esiste non può fare a meno delle gambe che la fanno camminare. A gamba corta, corrisponde un passo corto. Occorre un quadro forte di riferimento che abbini l’entusiasmo del progetto all’idea dell’accessibilità. Ma cosa possiamo aspettarci da una politica che abdica il suo ruolo a tecnici incapaci di cantare persino l’inno nazionale? Quale pro-getto, quale sguardo in avanti è possibile da chi sa solo tagliare senza discriminare? A proposito, i “tagli” alle Province non si faranno 😉
    E si badi che Moodle è solo uno dei possibili “attrezzi” disponibili. La sfida di Arduino, poi, è nel suo rendere disponibile in forma GNU il disegno dei circuiti che presuppone: roba da pazzi! Non vuoi comprare la scheda?, eccoti il suo progetto e, se non lo sai leggere, ti spieghiamo come fare.

  4. Complimenti Paolo per l’articolo: ciò che hai riportato descrive sinteticamente le potenzialità della tecnologia per tutti che può aiutare a far ripartire la scuola a secco di fondi e di idee. Aggiungerei che questa benzina hi-tech potrebbe essere utile anche per le imprese e le pubbliche amministrazioni.

  5. Daria Lottarini scrive:

    Grazie Paolo per il bell’articolo e le informazioni che contiene, purtroppo la scuola non gode dell’interesse che meriterebbe.

  6. carlo sacco scrive:

    Bella e profonda citazione Nasorri !:”la vera rivoluzione sono le idee che nascono da modi non convenzionali di vedere le cose”.Vorrei sottoporre tale citazione all’osservanza del mondo religioso e dei fedeli credenti e considerarla nell’approccio ai comportamenti ecclesiali al riguardo della politica.Il primo rivoluzionario della storia è stato Gesù Cristo e questo credo che la maggior parte delle persone ne possa convenire sia laici che credenti.Lui col suo esempio rappresentava una trasgressione,forse la più forte,ma neanche tanto furbescamente c’è stato per secoli chi si è appropriato di tale teoria,l’ha fatta sua a parole ma negli atti l’ha isolata per affermare il proprio potere.E questo spesso porta gli adepti a cui dispiace essere attaccati a dire che ”La Chiesa” sia una cosa e gli umani un’altra(è una spiegazione trovata dalla organizzazione ecclesiale,neanche tanto sbagliata, ma i secondi fini in pratica solo a chi non li vuole considerare non sono evidenti).Con tale teoria da millenni si firmano cambiali a ogni tipo di potere e si frena ogni idea di cambiamento perchè si vede nel cambiamento un pericolo per la propria casa.

  7. Simone Nasorri scrive:

    Ottimo ed interessante articolo che sintetizza cinque idee rivoluzionarie che, oltre al loro valore intrinseco, mostrano quale sia l’unica soluzione per un progresso, anche al di la del mondo didattico, sostenibile e finalmente basato sui contenuti reali.
    Il valore reale di un pezzo di ferro che faccia ciò che realmente deve fare un personal computer non può essere superiore, al giorno d’oggi, alle poche decine di euro. Il resto che paghiamo quando compriamo l’ultimo modello di iMac – o altro naturalmente – serve solo a far ingrassare produttori, distributori, pubblicità e supermercati. Solo una piccola parte invece serve per la ricerca.
    Raspberry, come dice Giovanni, può essere una rivoluzione, ma la vera rivoluzione sono le idee che nascono da modi non convenzionali di vedere le cose.

  8. Il Raspberry sarà una rivoluzione! Bell’articolo! 😉

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