Il Piano Strutturale non è e non può essere lo strumento di rilancio dell’economia chiusina. Non lo è mai stato (i dati sui volumi non edificati del vecchio PRG lo dimostrano), ma oggi meno che mai lo può essere.
La contrarietà a questo Piano è dovuta ad una doppia inadeguatezza: prima di tutto perché assume l’edilizia come principale volano di sviluppo, ma l’edilizia non è più un settore trainante. In secondo luogo perché non fornisce risposte convincenti in termini economici alla crisi che è si generale, ma che a Chiusi ha ragioni specifiche locali: in assoluto l’assenza di una idea forte che valorizzi le potenzialità di questo territorio secondo logiche di integrazione tra i vari settori economici.
Dicevamo che l’edilizia non è più un volano per lo sviluppo: ad affermarlo è il CRESME, uno dei più prestigiosi Istituti di ricerca italiani, che di recente ha pubblicato il Rapporto Annuale sul Settore delle Costruzioni. I dati e le prospettive sono a dir poco preoccupanti: dal 2008 a livello nazionale –33% di compravendite, -40% di nuova produzione, – 21% dei prezzi, i permessi per costruire sono crollati del 50%. Tutto questo per quattro fattori.
In primo luogo è entrata in crisi la domanda “di sostituzione” (vendere per ricomprare) che ha alimentato per oltre il 60% il mercato negli ultimi 10/15 anni. In secondo luogo non funziona più l’equazione che basta comprare qualcosa e attendere per vedere incrementato il valore. Terzo: è in forte aumento la propensione a mantenere liquidità o al massimo spendere per rimettere a posto la casa. Nel 2011 gli investimenti nel settore sono ritornati quelli del 2000 azzerando tutta la crescita di un decennio.
Se però andiamo a vedere i dati disaggregati si vede che il crollo ha riguardato il settore delle nuove edificazioni mentre ha tenuto quello del recupero e della manutenzione straordinaria. Quarto ma non per importanza: è venuta a mancare la domanda di abitazioni per necessità. Sulla base di questi elementi le previsioni per i prossimi anni del CRESME sono al ribasso e nel futuro ci saranno sempre meno nuove costruzioni e più trasformazione, recupero, riqualificazione urbana e manutenzione del territorio.
Come si vede ragioni strutturali sono alla base di questa tendenza e noi a Chiusi cosa facciamo? Variamo un Piano che prevede 1.000 nuovi alloggi.
Deve essere chiaro a tutti, forze politiche, economiche, sociali, produttive che questo Piano Strutturale lungi dall’essere un’occasione per tentare un rilancio dell’economia va nella direzione diametralmente opposta.
Le risorse economiche di una comunità sono sempre limitate e ora più che mai c’è scarsezza di mezzi. Mezzi che non possono essere dispersi dall’inadeguatezza di una Giunta incapace di capire la complessità e che sta indirizzando il nostro paese nella direzione opposta a quella nazionale. Servirebbero politiche che orientino gli investimenti verso il settore del recupero/riuso ed invece si opta in modo acritico e ingiustificato per gli investimenti sul “nuovo”.
Invertire la rotta consentirebbe il doppio beneficio di inserirsi nel trend nazionale del recupero e di valorizzare il patrimonio edilizio ed imprenditoriale locale con coerenza rispetto alla vocazione territoriale. Si otterrebbe anche, cosa non da poco, una maggiore salvaguardia delle nostre imprese artigiane che senz’altro avrebbero molto più spazio nel settore della ristrutturazione che in quello del nuovo dove ormai gli investitori ricorrono a squadre di cottimisti provenienti da fuori.
In buona sostanza: costruire si ma con un progetto di sviluppo sistemico forte e che orienti gli investimenti e valorizzi il territorio.
Deve essere chiaro a tutti che rifiutare aprioristicamente il confronto con i temi e le ragioni che stiamo ponendo costituisce una grande responsabilità non solo per la Giunta e i partiti che la sostengono, ma anche per tutte quelle forze economiche e imprenditoriali che dovrebbero avere interesse a ragionare senza pregiudizi di questioni che le riguardano direttamente e che rischiano di produrre conseguenze ancora peggiori per la situazione di tutti noi.
Credo anche io che ormai la macellazione del nostro territorio sia ormai irrecuperabile. Quello che secondo me è mancato è una campagna di informazione insistente verso la gente, anche verso coloro che hanno votato gli attuali amministratori, che faccia rendere loro conto di chi hanno votato e di che scempio stanno commettendo. é vero, non sarà utile nell’immediato, ma farà sì che tra quattro anni questa gente possa essere rispedita alle rispettive occupazioni senza fare altri danni!
Come ho già avuto modo di scrivere in un precedente post, le osservazioni, anche nell’ottica che dice Paolo Scattoni, pur essendo utili e a questo punto unica strada per emendare in meglio il Piano e stoppare se possibile qualche obbrobrio, non sposteranno di una virgola quello che è il problema principale: cioè l’indifferenza, l’assuefazione dell’opinione pubblica e l’accondiscendenza della politica nei confronti degli interessi diretti e dominanti.
Del resto le cose che scrive Romanini con precisione e competenza, sono più o meno le stesse che a varie riprese sono state scritte su questo blog, su primapagina e sono emerse anche nelle assemblee pubbliche di quest’anno e pure in quelle del 2008. Io non ricordo interventi nelle assemblee a sostegno del piano tout court, ricordo molti interventi critici sui singoli aspetti e sull’impianto generale. Ma nonostante quegli interventi, nonostante l’impegno preso pubblicamente da Ceccobao prima e da Scaramelli poi di tenerne conto, il Piano adotttato è quello che volevano adottare, senza troppi se e senza troppi ma…
La trasparenza è mancata, è mancato il doveroso e largo dibattito. Le opposizioni non hanno fornito né idee alternative (tranne qualche rilievo sui singoli aspetti), non hanno fornito occasioni di confronto e coinvolgimento della cittadinanza. La battaglia consiiare finisce sempre 8-4 ed è una partita senza storia. Questo è il quadro. Purtroppo.
Giusta la nota di Massimo Mercanti che ringrazio. Debbo, però, far presente che in questo caso non si tratta di “aggiustamenti” minimi, ma di un’impostazione errata e quindi il lavoro per le osservazioni dovrà essere visto in questa dimensione.
L’acceso dibattito intorno al Piano Strutturale vi fa onore come cittadini responsabili e consapevoli delle problematiche locali che spesso la comunità in generale non recepisce, resta indifferente o è a tutti gli effetti disinteressata. Vorrei confortarvi con un dato statistico apparentemente insignificante: le vicissitudini del Piano Strutturale Cetonese vide: 9 osservazioni formulate dalla Regione Toscana e furono tutte accettate. La Provincia di Siena ne fece 44 di cui 9 non furono accettate. Mentre le 5 formulate sempre dalla Provincia di Siena relative agli aspetti geologici ed idrogeologici furono accettate. Delle 23 formulate dall’Ufficio Tecnico Comunale 5 non furono accolte. Delle 23 osservazioni presentate dai cittadini privati, 10 non furono accolte. Passarono le 7 presentate dall’Ufficio Regionale per la tutela delle Acque e del territorio (URTAT Siena). Delle 5 presentate dai cittadini oltre i termini di scadenza 3 non furono accolte. Per queste ultime la scelta dell’Amministrazione Comunale volle ispirarsi al principio dell’autotutela, per cui intese decidere nel merito, pur non essendo obbligata con questa motivazione, “….soltanto qualora la decisione stessa travalichi l’apprezzamento della compatibilità di un interesse privato con quello pubblico e risponda autonomamente a quest’ultimo.
Auguri