Il luogo del ricordo

di Tiziana Marroni

Mi è capitato, nel corso di alcuni viaggi, di visitare dei cimiteri e sempre ne ho riportato una sensazione di serenità.

In Scozia, Inghilterra, Irlanda e nord della Francia questi luoghi sono di una semplicità assoluta: distese di prati punteggiati da alberi in cui trovano posto lapidi di pietra molto simili le une alle altre.

Lì la diversità del mondo dei vivi è azzerata e resta spazio solo per la memoria.

Non è così nel nostro cimitero che, nel corso degli anni (con la complicità di varie amministrazioni), ha perso completamente la sua connotazione originaria.

L’armonico viale d’accesso principale, che vede al suo fondo la piccola chiesa, è stato stravolto dalla costruzione di nuove cappelle che, oltre a precludere la visione prospettica, non legano affatto con l’ambiente circostante; uno dei più vecchi campi di inumazione è stato sostituito da un’orrida colata di cemento; la parte di nuova costruzione ha una copertura che produce un vero e proprio “effetto serra”.

Tutto ciò comporta inoltre dei “lavori in corso” senza fine: non a caso per sistemare un breve corridoio laterale ci sono voluti quasi tre anni.

L’effetto generale è confusionario e disarmonico. Se, a casa nostra, arredassimo una stanza in stile Luigi XVI, una anni 70 e una in stile valdostano ci prenderebbero per pazzi!

Sarebbe così difficile programmare gli ampliamenti senza soffocare la bellezza originaria di questo luogo?

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8 risposte a Il luogo del ricordo

  1. …..appunto…..ci sarà un perchè di questa “evoluzione”, in
    negativo, dopotutto l’istinto di sopravvivenza (non esiste l’istinto suicida, il “pensiero” suicida si’, ma non l’istinto)
    non porta al suicidio…noi stiamo commetento suicidio, sia dal punto di vista della vita fisica (allergie in continuo aumento etc,), sia dal punto di vista della vita sociale, un sempre più alto divario tra coloro che “hanno” e coloro che non “hanno”, etc. Ripeto un motivo ci sarà…..visto che è il pensiero che porta al suicidio, non la Natura, il problema sarà nel “pensiero”.
    Questo, credo, sia il punto di partenza di qualsiasi discussione rivolta a “creare” un mondo “migliore” di quello attuale.

  2. carlo sacco scrive:

    Vede Donatelli, ha messo il dito nella piaga forse senza volerlo….anche questo è figlio e parto di quell’evoluzione creata dalla mente dell’uomo, quindi direbbe lei ”un mondo artificiale” creato solo dall’agire,ma che comunque riesce a trasformare una realtà materiale rispetto alla vita umana.La causa,- non la sola s’intende-del muoversi verso l’individualismo ed il ”diverso porsi” verso il concetto della fine della vita-pur sapendone l’ineluttabilità-deriva amio avviso dalla padronanza(sempre molto limitata ma più grande e corposa di prima) assunta dall’uomo verso il dominio della natura fatto con la scienza e la conoscenza.Il possesso di informazioni ha aperto la mente dell’uomo facendo intravedere le molteplici possibilità che la vita manipolata dalla ragione può avere come effetto sulla vita stessa, e quindi il punto di arrivo è quello della fruizione di ogni cosa la vita ci propini.E’ quello che avviene intorno a noi oggi.Ma la critica a questo-secondo me- va fatta tenendo presente il sistema valoriale dove siamo immersi, che dipende quasi esclusivamente (tranne gli eremiti)dai rappporti di produzione.E sono proprio questi rapporti che determinano il modo di pensare.Marx,talvolta va anche oltre a ciò che gli possiamo attribuire.

  3. concordo con tutti gli articoli, specialmente quello del Sig. Sacco….”nella concenzione morale della nostra epoca, che tende al benessere, e che tende spasmodicamente a far prevalere l’individualismo, il distinguersi, …..”.
    Della nostra epoca, quindi vuol dire che “pirma”, non tanto
    tempo, fa non era cosi, eppure l’individualismo è sempre esistito cosi come il tendere al benessere. Io mi domando; perchè queste cose che sono sempre esistite “ora” sono diventate, come dire “croniche”?

  4. Concordo sulla distorsione della struttura architettonica del cimitero, così come l’ho conosciuta molti anni fa (40) e concordo soprattutto con (Anna Duchini) sulla necessità di una grande campagna per la cremazione, rito molto raro, se non quasi assente nella provincia di Siena. A Livorno, quando abbiamo accompagnato mio padre, c’era (letteralmente, la fila). Ora mio padre, per sua volontà, non occupa quasi nessuno spazio, essendo le sue ceneri – come quelle della seconda moglie, morta un anno dopo – in un piccolo cinerario in compagnia di altre centinaia di morti. Ciò non impedisce di ricordarli.

  5. anna duchini scrive:

    Il nuovo campo di inumazione vicino alla chiesa è un vero schifo che deturpa ulteriormente la bella unità compositiva del progetto Betti del 1884.
    Se si ha mancanza di spazi per le tumulazioni invece di aguzzare l’ingegno con sempre più improbabili colate di cemento non sarebbe il caso di cominciare a fare campagne di sensibilizzazione sulla cremazione?
    Rispetto all’incuria poi vorrei segnalare la vera perla del magazzino realizzato all’interno della chiesa. Appoggiati alla parte interna della facciata si trova di tutto: strutture per spostare carichi, carriole, secchi per l’immondizia, attrezzi per la pulizia, scale…
    Anche la parte sottostante la chiesa è indecorosa con attre da lavoro e tavole lasciati in ogni dove. Sopra al nuovo ossario si possono ammirare scatole secchi e resti di immondizia in bella mostra.

  6. carlo sacco scrive:

    Ho i componenti della mia famiglia sepolti nel vecchio cimitero di Moiano, un altro di quei luoghi-diciamo della memoria anche se non è proprio così- e la sensazione che subisco ogni volta che vado in quel luogo è quella di una serenità estrema, forse dovuta anche ad una ambientazione di un luogo pervaso da un decadente romanticismo D’Annunziano. Un luogo che sembra quasi abbandonato, decadente , ma che secondo me ha una ” bellezza intrinseca” che altri luoghi non hanno.Tale bellezza è dovuta ad un complesso di cose e di ricordi e di strutture che la parte nuova dello stesso cimitero non possiede. Non perchè si voglia in tutti i sensi anteporre la caducità umana , il sentimento della morte che pervade tutto e emozioni di tal genere a ciò che debba essere nella prassi reale e materiale la funzione di un luogo di sepoltura com’è un cimitero , ma perchè la struttura del cimitero vecchio e con quanto esprime e suscita, entra di prepotenza a far parte di uno di quei luoghi dove si celebra l’unione con le cose del mondo, con il tempo, con gli affetti, e l’uomo oggi ha bisogno soprattutto di questo. Una struttura nuova, anche se funzionale alla destinazione d’uso, dovrebbe sempre contenere ed essere progettata con criteri che salvaguardino l’etica umana, anche se materialmente serve ai vivi.

  7. luca scaramelli scrive:

    concordo assolutamente con leconsiderazioni della signora Marroni, fin da piccolo sono stato abituato a frequentare spesso il cimitero, adesso lo faccio sempre in orari in cui ci sono pochi o addirittura nessun visitatore, per me è un momento di intimità, di ricordo e di riflessione. La trasformazione degli ultimi decenni ha completamente rovinato il cimitero e sicuramente il suo aspetto ormai senza uno stile uniforme, oltre che colpire negativamente da un punto di vista puramente estetico, non aiuta certo a creare quel senso di solennità che dovrebbe avere un luogo simile.

  8. carlo sacco scrive:

    Evidentemente è difficile,ma non tanto credo per non salvaguardare motivazioni etiche, memoriali o di serenità(di quelle la maggior parte delle persone oggi se ne frega) ma perchè oggi come oggi risulta sempre più difficile coniugare lo spirito con il profitto, per cui si tende a far prevalere-in primis da parte di coloro che decidono di costruire cappelle o di rimodernarle-il senso della assoluta distinzione anche dopo la morte.E’ un fatto atavico che viene da lontano, radicato soprattutto nella concezione morale della nostra epoca, un epoca che allontana la sofferenza,che tende al benessere,e che tende spasmodicamente a far prevalere l’individualismo, il distinguersi, il credere di non far parte mai di quella ”livella”, per dirla alla Totò.A tale tendenza ormai centenaria in parte portata” dal secolo dei lumi” si affiancano spesso le pubbliche amministrazioni che decidono gli interventi con logiche rivolte alle strutture guidate dall’assoluta ricerca di profitto per le ditte che operano nei settori, e quindi è il connubio di interessi che fa risultare la disarmonicità.Spesso se c’è da far prevalere una visione armonica dell’ambiente si tende a relegare quest’ultima in seconda fila rispetto al possibile profitto e convenienza, immettendo strutture che cozzano con il senso estetico.Nel nostro Comune non c’è da andare solo al cimitero per accorgersi di tutto questo.E’ la politica anche nella gestione della morte.Ma oggi tutto è così ed il guaio è che la gente è assuefatta e non lo nota nemmeno più.

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