Governare le trasformazioni del paesaggio. Ma come?

lago-montepulciano1di Paolo Scattoni

C’è stato su Primapagina uno scambio intenso su un intervento edilizio al confine con il comune di di Castiglione del Lago. I giudizi sono oscillati da “ecomostriciattolo” e “un pugno nello stomaco” da una parte e “sicuramente meglio dell’edificio demolito che c’era prima”.

Ma come si fa a giudicare in maniera adeguata? La convenzione europea del paesaggio del 2000 così definisce il paesaggio: parte di territorio, “così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”.

Insomma una questione di identità, la identificazione di una comunità locale con i segni che caratterizzano il proprio territorio e le propria città. Benedetto Croce definiva il paesaggio “il volto materiale della patria”. Ma se identità si tratta come riusciamo a definirla? Come possiamo trovare uno spazio dove “il pugno nello stomaco” e il “molto meglio di prima” si possono adeguatamente confrontare. Se di identità si tratta non la possiamo lasciare all’esperto (anche se può aiutare). Non si può delegare a qualcuno di dirci qual’è la “nostra identità“. La dobbiamo scoprire noi stessi.

Per caso in questi giorni ho scoperto che un progetto di “paesaggio partecipato” condotto cinque anni fa dal Comune di Scansano  e sul quale ho avuto qualche ruolo nella messa a punto della metodologia, è da qualche anno pubblicado su Participedia, una sorta di enciclopedia della partecipazione. In quel progetto costato meno di 10.000 euro di cui 8000 sostenuto dall’Autorità per la Partecipazione della Toscana per mesi si è svolto un lavoro di consultazione (una volta a settimana nella biblioteca del paese) si ricevevano le opinioni e conoscenze di coloro che volevano partecipare. Ci sono state interviste a specifici portatori di interesse e chiunque poteva intervenire sul wiki che era stato costruito. Otto mesi di lavoro intenso che ha dato luogo a un insieme di indirizzi su specifici temi.

Non si è trattato di un’ennesima regolamentazione, più semplicemente un quadro entro il quale si può dialogare, che può modificarsi nel tempo. Poi invece la Regione ha ritenuto più importante concentrarsi su n piano paesaggistico per l’intero territorio regionale, fatto da esperti (di grande qualità, alcuni li conosco) ma che ha trascurato la dimensione del riconoscimento dal basso dei valori del paesaggio.

Ecco dunque un altro possibile tema per la campagna elettorale: le forze politiche si impegnano a lavorare su un progetto di “paesaggio partecipato”?

Comunque un progetto che potrebbe essere condotto anche indipendentemente da realtà di base a costo praticamente zero. Anche dal dibattito che sul tema via via si è discusso: le aspirazioni e anche le competenze ci sono.

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8 risposte a Governare le trasformazioni del paesaggio. Ma come?

  1. pscattoni scrive:

    Rispondo a Luciano (Fiorani) e a Enzo (Sorbera). Oggi Wikipedia compie 15 anni. Conta ormai più di 38 milioni di voci in 250 lingue. Segue un’esperienza basata sulla produzione da parte di esperti denominata Nupedia che in un anno aveva prodotto appena 21 articoli. L’apertura a tutti ha determinato un fenomeno mondiale considerato affidabile anche se i meccanismi di controllo dovranno essere migliorati. È stata una grande operazione di integrazione del sapere esperto attraverso il lavoro di tantissimi. Ha rappresentato una vera e propria rivoluzione nell’accesso alla conoscenza.
    Perché non dovrebbe funzionare per tante enciclpedie locali del paesaggio? Semplifico, lo so, ma prossimamente tornerò sull’argomento in maniera più puntuale.

  2. luciano fiorani scrive:

    Quello che dice Sorbera mi pare del tutto ragionevole, almeno nel nostro caso.
    Se guardiamo invece a qualche comune del Tirolo si capisce subito che dietro ciò che vediamo c’è un sentire comune in cui l’estetica del paesaggio ha trovato un equilibrio con l’economia e il vivere quotidiano.
    E a poco servono norme restrittive se manca il comune sentire verso il proprio territorio. Lì, non solo i professoroni ma anche l’uomo della strada pare aver compreso l’importanza di vivere in luoghi gratificanti anche sotto l’aspetto “paesaggistico”.
    Qui siamo ancora al “deturpa-non deturpa”. E per tornare allo specifico: è giusto dare il permesso al Margheritit di costruire tre “ecomostriciattoli” funzionali alla sua impresa (con quello che significa per Chiusi) o la storia delle torri impone che non un mattone venga aggiunto da quelle parti?

  3. pscattoni scrive:

    La definizione della convenzione europea del paesaggio si basa su un’identità condivisa. L’impostazione dei geografi dalla fine dell’800 e per tutto il 900 è stato quello di impostazione positivista che questi paesaggi studia e classifica, una conoscenza oggettiva che si basa sul prestigio dell’esperto. Vivo nell’università da quasi mezzo secolo e di questi grandi indiscutibili personaggi non ho avuto la fortuna di incontrare.
    Il paesaggio urbano del medioevo che ancora ci fa oggi guadagnare bei soldini sono la conseguenza di valori estetici condivisi maturati nel tempo con grande fatica. Sarebbe troppo lungo, ma ci sono coloro che ipotizzano che occorrerebbe riscoprire quelle regole che vanno al di là del tempo. In questa impostazione (certamente non maggioritaria nell’accademia)il ruolo dell’esperto è quello di accompagnamento e non di sostituzione.

  4. enzo sorbera scrive:

    Sono sempre scettico quando si invoca la partecipazione su argomenti di tipo specialistico: in genere si assiste al silenzio oppure, peggio, a una qualche sagra dell’amenità, con rilanci funambolici che finiscono per vanificare tutte le buone intenzioni. Paolo dice che il progetto non è complesso. Ok. Ma la definizione data di “paesaggio”, seppur citazione autorevole, rimane semplicemente descrittiva. Un’azione politica sul/nel/col paesaggio quali caratteristiche dovrebbe avere? Può/deve limitarsi alla conservazione? E come si coniuga l’attività umana, in senso più generale, con la tutela del paesaggio? L’urbanista può dare indicazioni all’economista? E’ vero che il paesaggio è una risorsa economica, però il paesaggio si determina anche con l’azione di trasformazione dell’attività economica che lo modifica. Insomma, c’è da perderci un po’ il capo se appena si sfiorano alcune implicazioni.

  5. pscattoni scrive:

    Il processo come ho già detto non è complesso. Appena recupero i dati del “progetto partecipato” di Scansano lo pubblico e si vedrà che la cosa è fattibile.

  6. luciano fiorani scrive:

    Il metodo proposto da Paolo (Scattoni) mi pare assai corretto ma…la partecipazione stanca (evidentemente).
    Quanto agli ecomostriciattoli del Margheriti a me non piacciono per niente ma ho ascoltato anche campane diverse.
    Insomma anche in questo caso pare proprio che il paesaggio rimanga una questione di sensibilità personale visto che non riesce a diventare identità condivisa.

  7. pscattoni scrive:

    È vero. Ma la medicina quale potrebbe essere? Io ho proposto un metodo per la costruzione di un insieme di “indicazioni” documentate e strutturate in risposta a problemi che emergono nella gestione quotidina delle trasformazioni.

  8. enzo sorbera scrive:

    A vedere certi sforzi di stravolgimento del paesaggio in atto in questa come in altre regioni vicine torna proprio in mente un altro saggio di don Benedetto Croce: Un paradiso abitato da diavoli.

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