Un ambiente per la creatività tecnico-scientifica dei nostri giovani

archimededi Paolo Scattoni

Nel viaggio di Obama in Kenya c’è stato un passaggio che la stampa non ha colto. Uno dei risultati di quella visita è stato il lancio di un programma cofinanziato di sviluppo dell’energia solare. In una nazione dove molti sono i villaggi troppo isolati per pensare ad integrarli alla rete elettrica se non a costi proibitivi. La produzione di energia elettrica con pannelli fotovoltaici è sicuramente una possibile prospettiva.

Quello che non è stata sottolineato è stato l’incontro con i ragazzi che hanno sviluppato progetti per svariate applicazioni del solare utili ai villaggi.

Quell’incontro seguiva di poco l’annuncio della scoperta di un ragazzino inglese quindicenne che ha scoperto un test per la diagnosi precoce dell’Alzheimer ( http://www.ibtimes.co.uk/alzheimers-disease-1510729 ). Già tre anni fa avevamo visto il caso di Jack Andraka che a 14 anni aveva scoperto un test per una diagnosi precoce del cancro a pancreas.

Ci ricavo due elementi:

1) Ricerche anche importanti possono essere condotte al di fuori dei centri di ricerca a basso costo (quanto sarebbe costato un progetto di ricerca come questo se condotto attraverso i canali tradizionali?). In fondo anche Guglielmo Marconi evitò accuratamente gli ambienti universitari, ma lui era comunque ricco di famiglia 🙂

2) La creatività tecnico-scientifica dovrebbe essere favorita ad un’età molto più precoce di quella dello studente universitario, per non parlare dei corsi di dottorato.

Tutto questo per dire cosa? Che forse anche noi dalle nostre parti dovremmo pensare in maniera diversa alla possibilità di creare un ambiente in cui i nostri giovani possano esprime le loro capacità creative. Abbiamo spesso parlato nel blog del progetto “Laboratorio-Ambiente” finanziato dall’Autorità per la partecipazione della Regione Toscana e sviluppato al nostro Istituto Valdichiana.

Doveva terminare a giugno, ma grazie ad alcune economie è possibile, eccezionalmente, estenderlo fino a Ottobre.

Ma dopo cosa succederà? Dovremo registrare il progetto come un’esperienza di successo, ma isolata e non ripetibile? Oppure possiamo immaginare che da questa esperienza possa derivare uno sviluppo a costo zero o quasi per i nostri giovani?

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8 risposte a Un ambiente per la creatività tecnico-scientifica dei nostri giovani

  1. pscattoni scrive:

    Scrive Carlo Sacco: “ma davvero si pensa che possa esistere e svilupparsi un sistema non supportato nè dal settore pubblico nè dal privato e che questo si affermi sul mercato?”
    RISPONDO: SI
    Le regole di questo blog parlano di dibattito sui problemi locali e su questo chiedo che ci si attenga. Mi ero ripromesso di non rispondere a commenti sui massimi sistemi. Purtroppo ho fatto un’eccezione. Per quanto mi riguarda quindi il dibattito è chiuso.

  2. carlo sacco scrive:

    Indipendentemente dal fatto che prima di parlare occorra leggere e questo è vero,la stessa cosa posso dire io quando penso che vorrei che mi si rispondesse su quello che dico e lo ripeto dal momento che vedo che si insiste ad andare avanti senza considerare ciò che in prospettiva esce dalle mie parole nell’attualità:ma davvero si pensa che possa esistere e svilupparsi un sistema non supportato nè dal settore pubblico nè dal privato e che questo si affermi sul mercato?Posso fare almeno una volta l’avvocato del diavolo dicendo che è l’attenzione e la promozione del settore pubblico-privato che procede in avanti,elimina il vecchio e costituisce il nuovo? Per te questa marcia avrà un termine temporale o no? Io dico di si ed è chiaro che dentro ad un sistema globale ineludibile che si chiama mercato allo stesso conviene spingere su tale acceleratore e quando deciderà porrà l’innovazione raggiunta attraverso il contributo gratuito dei singoli che l’hanno concepita per approdare subito dopo(anche anni) alla non gratuità.Allora conosci un altro sistema che non tenga conto di tali fattori quali prima di tutto il tempo,il servirsi di risorse umane ed artificali,la parametrazione fra costi e profitto e l’inevitabile obbligata scelta finale?Io no.E’ lo stesso sistema che intrinsecamente ha bisogno di tutto questo che dici tu.O non lo vedi tutto questo?

  3. pscattoni scrive:

    Se non si è letto è sufficiente provvedere leggendo.

  4. carlo sacco scrive:

    Paolo,non ho cognizione alcuna di quanto Rifkin affermi.Detto questo però dico anche che il problema che diventerebbe” centrale”dei beni pubblici poichè l’attenzione della rete avrebbe promosso tale tema di discussione come prerogativa principale mentre ancora non esiste un modello su questa tematica,nulla esprime.Si resta solo all’interpretazione postmoderna macroeconomica partorita dal sistema e dei suoi derivati post-keynesiani (Frish, kaldor-kalesky e soprattutto Harrod-Domar ancora molto attuale e difficilmente superabile almeno per il prossimo secolo a venire).Quindi queste sono tutte illazioni,ben comprendendo invece che il fatto della concentrazione dell’attenzione della rete e del modello che manchi porta le conseguenze a rispettare per fila e per segno i modelli esistenti ormai in auge in tutto il ‘900.Non esiste altro modello,ed allora? E’ vero che non esiste,ma con la modesta conoscenza e con la altrettanto più modesta immaginazione mi rimane difficile pensare che il sistema del mercato lasci sguarnito uno dei suoi baluardi di difesa storici,anzi forse il più ferreo e che lasci la difesa dei beni comuni come le risorse(perchè di questo in fondo si parla)ad un coacervo di forze che tolga l’acqua a coloro che fin’ora ne hanno fruito(occidente)per ripartirla alla globalità.C’è qualcosa che non quadra,qualcosa di profondo,e mi puzza.

  5. pscattoni scrive:

    Ne abbiamo già parlato sul blog. I modelli di funzionamento del mercato sono attualmente tutti carenti. Elinor Oistrom, premio Nobel per l’economia nel 2009, tratta di beni comuni, ma li considera ancora come fenomeno abbastanza circoscritto. Più recentemente altri studiosi (Benkler, Rifkin, ed altri) teorizzano che invece oggi, grazie soprattutto allea rete, diventano centrali e non c’è ancora modello che li consideri. A questo proposito “Società a costo marginale zero” di Jeremy Rifkin è una lettura interessante. È semplice, riesco a capirlo persino io!!!

  6. carlo sacco scrive:

    Non metto in dubbio il valore di quanto tu dica, ma la finale è quella che anche se l’allargamento della conoscenza e la fruizione di risorse culturali non spinte solo da un motore privato e che preveda ed usi risorse che provengano dall’imput della gente,il tutto esiste e si confronta dentro l’inevitabile ”mercato”.Scusa la mia limitatezza di visione ma le regole sono regole e quelle sono le regole che stabilisce il mercato e che se anche provvisoriamente sembra che vengano ”tollerate”,alla lunga subiscono un processo di variazione di natura,se non altro a causa del ricambio generazionale e della presenza permanente del sistema del profitto.Sembra che si parli di visioni avute in sogni notturni ma alla fin fine è così.Il sistema del profitto tollera la convivenza con altri sistemi e produzioni intorno ad esso fino a quando non venga messa in dubbio la propria esistenza e per questo quando reputa anche necessaria la coesistenza,questo lo fa senza alcuna reticenza.Anche se non altro per misurarne le facoltà da poter sviluppare al proprio interno senza investimenti di sorta e per prendere conoscenza di certi processi che a tale sistema costerebbero risorse.Se vogliamo rimanere con i piedi per terra occorre confrontarsi con tale problema.Il Kenya di Obama che tu dici è l’eccezione che conferma la regola e non solo il Kenya.Ormai è storia.

  7. pscattoni scrive:

    Rispondo a Carlo Sacco. Quello che qui si vuole sostenere è che c’è uno sopazio per una ricerca che non dipenda né dai canali pubblici né da quelli privati, bensì da iniziative basate sul “volontariato”. La prova è nel software gratuito. La comunità degli sviluppatori di Libreoffice oggi (5 agosto 2015) presenta la versione 5.0 che ha performance addirittura superiori a Microsoft Office che è a pagamento. Sta emergendo una dimensione diversa da quella a cui siamo abituati e cioè quella delle regole classiche di mercato più o meno temperate dall’intervento pubblico.
    Wikipedia è un altro esempio. Dopo la prima iniezione di risorse del suo fondatore oggi riesce a fornire un immenso servizio senza il sostegno della pubblicità, ma di quello volontario di tanti nel mondo. Lo stesso può avvenire in altri campi.

  8. carlo sacco scrive:

    Tu Paolo ti sei sempre schierato contro i cosiddetti”massimi sistemi” da inserire in una discussione o qualsivoglia progetto che sia,specialmente in un contesto come il nostro territorio, provincia o regione tuttalpiù, ma il collegamento con quanto dici e le riflessioni che fai nel tuo Post dipendono direttamente e direttamente condizionano anche le speranze di ciò che tu ti auguri.Indipendentemente dal promuovere l’iniziativa di singoli e gruppi sul terreno proficuo della ricerca che apre scenari nuovi e valorizza le esperienze individuali e di gruppo- e per tale discorso mi trovi d’accordo-inevitabilmente l’allargamento di tale processo si scontra con il livello delle risorse messe a disposizione,che in questo contesto sono economiche,e dovrebbero far parte di quell’iniziativa pubblica tendente a favorire lo sviluppo.Nella storia abbiamo assistito alle scoperte tecnologiche ed alle innovazioni della società industriale che si sono sviluppate nella maggior parte con capitale privato anzichè con quello pubblico,anche perchè quello privato ricerca un profitto ed un ritorno immediato ed è più veloce,quello pubblico riguarda uno sviluppo molto più a lungo termine.Ed allora i conti occorre farli con l’oste e questa teoria che poi teoria non è ma evidenza reale,la dice lunga sui governi che investono oppure no.Ed il nostro è fra gli ultimi.

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