Un nuovo progetto politico

bilancio-partecipatookdi Marco Nasorri

Nei giorni scorsi è stata posta una questione essenziale: come riattivare un coinvolgimento partecipativo che riguarda le scelte della nostra città.

Prima di entrare nel merito dell’argomento faccio una breve premessa. Chiusi vive una condizione paradossale. La città, stretta in una crisi epocale, sembra essere sospesa nel tempo. In pochi colgono la complessità della situazione e provano ad avviare un vero confronto sui temi economici e sociali. Eppure, in tanti incominciano ad avvertire un vuoto di prospettiva, con una politica latitante e un’amministrazione locale che si affanna in un continuo spot pubblicitario. Il solo partito rimasto, chiude le sedi e non esprime, da mesi nessun autonomo pensiero. L’opposizione da la sensazione di giocare solo sul campo di chi governa. Calpestare questo terreno, per quanto possa essere disastrato, non produrrà nessun efficace vento di cambiamento.

Il territorio ha grandi potenzialità, ma non da ora, Chiusi e l’intera Valdichiana si perdono in divisioni, in protagonismi di basso profilo. In troppi finiscono per guardarsi l’ombelico, senza che nessuno realmente riesca a immaginare un futuro e quali opportunità possa offrire. Ci troviamo a essere un paese spoliticizzato che vive una quotidianità nell’attesa che accada qualcosa. Celata tra feste e celebrazioni, fini a se stesse: probabili primarie, l’approssimarsi di nuove opportunità per inutili carriere personali, elezioni per mobilitare senza contenuti, associazioni, gruppi di pensionati, volontari del sociale, giovani delle contrade in un impegno da comparse e, forse una squadra di pallavolo in serie A.

Se questa è la situazione, la ricerca di un metodo, cioè un sistema con cui la comunità possa organizzarsi e costruire una strategia per realizzare un vero coinvolgimento attivo di intelligenze e conoscenze è vitale. Per altro è una vecchia questione mai risolta, neppure quando le sezioni dei partiti erano piene di militanti.

Prima però, occorre un chiarimento. Qual’è ‘’intenzione: costruire un’idea e una proposta di governo alternativa all’attuale o semplicemente realizzare un movimento critico, capace di condizionarne l’azione? Chi governa oggi esprime quanto vediamo. Può piacere o no, ma questo è. Non vedo possibilità di grandi condizionamenti. Per immaginare qualcosa di diverso, la strada è una sola: la volontà di persone che si riuniscono incominciano a discutere, ponendosi degli obiettivi. Non credo sia tanto un problema di stimoli, quanto rendere credibile l’utilità dell’impegno. Serve un orizzonte che vada oltre la semplice critica, ma sia capace di ripoliticizzare la realtà locale. Quando ci si occupa della cosa pubblica e di interessi collettivi si fa politica. Non ci si sottrae a questa banale logica. La crisi dei partiti e il conseguente pseudo rinnovamento, che ha portato al renzismo non ha migliorato la politica come era necessario. Semplicemente l’ha ammantata di sterile decisionismo, di finta velocità. L’ha resa pratica comunicativa, privandola di senso. Nell’opinione pubblica è cresciuto il dogma del “ basta che si faccia”. Anzi, si annunci.

Ecco perché, a mio avviso, anche in ambito locale è indispensabile un’opera di ripoliticizzazione culturale delle questioni che riguardano le nostre vite. Capisco che è un compito difficilissimo, ma non vedo alternative. Dovrebbero farlo, innanzitutto, le nuove generazioni. Non ci sono ostacoli a impedirglielo. Sono spariti anche i vecchi partiti che occupavano gli spazi della discussione. Purtroppo, anche i giovani esprimono un vuoto, nel rivendicare e nell’immaginare un’altra realtà. Manca loro, l’abitudine ad avere la visione, la prospettiva delle cose e del futuro. Se, manifestano un impegno, è sul contingente, un tema, un interesse specifico e immediato. Un limite generale dimostrato dal fatto che, in Italia non è sorto nessun movimento di giovani degno di questo nome. Qualcosa di simile a ciò che è cresciuto in Spagna con gli indignados e Podemos o in Grecia con Tsipras. E, pensare che in un decennio sono stati tolti fondamentali diritti, la possibilità di avere una pensione, un lavoro con un minimo di tutele. La colpa sarà anche del sindacato, ma loro cosa hanno fatto per se stessi.

Adesso è il tempo per chi ha voglia, passione, desiderio di concepire una città migliore per loro e per i propri figli. Per partire non bisogna contare quanti si è. Bensì, ragionare come mettere in moto idee, come gestire un gruppo di “tanti io”. Occorre un metodo di agire, semplice e condiviso, gradualmente strutturato e aperto, ma dai contorni ben identificabili. Altrimenti, tutto si dissolverà in poco tempo.

Il metodo può essere un primo punto, ma senza l’obiettivo di un nuovo progetto politico, basato su valori e propositi comuni tutto rimane impalpabile. Un progetto che metta al centro della discussione una nuova programmazione per la città. Si parla sempre delle potenzialità turistiche di Chiusi. Oggi, però non c’è nessuno che riesca a far percepire un disegno compiuto per valorizzare le nostre risorse e dar loro un’identità che attragga turisti. Si contano le aziende che chiudono. Tuttavia, nessuno avanza qualche idea per contrastare la crisi, per rimettere in moto un economia legata ad un passato che non c’è più. La sfida è riuscire a indicare una direzione e proposte realistiche che portino a migliorare le cose e risolvere i problemi.

Lo stesso scenario politico si sta ridisegnando. Fino ad ora, ad esempio, non è stato colto quanto è avvenuto e sta avvenendo nel partito di maggioranza e non solo. Dietro i numeri e le percentuali c’è una base che sta cambiando e, una parte consistente di quella più tradizionale e di sinistra non trova più rappresentanza.

Occorre costruire un nuovo campo di gioco, attraverso l’iniziativa politica, si sarebbe detto una volta. Bisogna che la gente si incontri, esca di casa, si misuri con differenti pensieri. La rete, i blog, face book sono strumenti e come tali vanno usati. Le persone, anche in ambito locale devono tornare a essere passione e interesse organizzato. La partecipazione “da individui” che si esprime attraverso le moderne tecnologie non cambierà, a mio avviso le cose. La costruzione di progetti, la definizione delle priorità non avverranno per merito di questi strumenti, bensì dalla testa e dalla volontà delle persone.

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11 risposte a Un nuovo progetto politico

  1. Paolo Scattoni scrive:

    Il problema è il non saper sviluppare democrazia rispetto al mutamento. Il mutamento è drastico, lasciamo per ora fuori i giudizi di valore. I giornali in questi anni hanno perso milioni di copie. In centro a Firenze ormai tutte le grandi librerie hanno chiuso. Rimane una Feltrinelli localizzata nella stazione di Santa Maria Novella in compresenza con un bar. I negozi chiudono perché ormai compriamo sempre più sulla rete. Si avvicina ilo momento in cui potremo “stampare” molti prodotti in casa. Insomma sta cambiando quasi tutto. Nelle sezioni dei partiti, quando ci sono, non va più quasi nessuno. Questo avviene non (o non solo) perché è calata la volontà. Non ci sono più i partiti quali collettori della volontà della gente che si aggrega su temi e obiettivi mutevoli e quindi non ci sono organizzazioni stabili. Su questo mutamento si sono abilmente inseriti i campioni della comunicazione (Renzi, Grillo, Berlusconi, Salvini, etc.). Vince (purtroppo) quello che al momento del voto riesce a vendere meglio il nulla e con questo nascondere interessi molto personali o di piccoli gruppi.
    A Chiusi basta ripercorrere l’archivio di questo blog (e di chiusinews) per averne la prova.

  2. roberto donatelli scrive:

    Concordo.
    Progresso + buona volontà + intelligenza = un incerto presente ed un ancor più incerto
    domani. L’internet può essere utile per discuterne, ma non credo sia la causa di questo stato di cose, quindi il vero problema é altrove.

  3. pscattoni scrive:

    Uno può giudicare questa rivoluzione come vuole, ma è una rivoluzione e va affrontata. I modelli di partecipazione politica ne sono stati pesantemente condizionati. di questo bisogna tenere conto e produrre modelli alternativi. Quelli vecchi secondo me non funzionano. Né a Chiusi e né altrove.

  4. roberto donatelli scrive:

    Devo ammettere che non sono molto pratico del net., non ho familiarità con i nuovi significati dei nomi delle varie operazioni che si possono fare sul web. Spero che Paolo sia d’accordo che il mondo è molto cambiato da quando eravamo giovani, in peggio. Sull’internet non vedo dibattiti sul perchè di questo cambiamento, vedo soltanto un impressionante diluvio di ciò che uno pensa, senza che ci sia un dibattito. L’altro punto oscuro dell’internet é che non si sa mai chi c’é dietro un sito web. In poche parole è una rivoluzione che non mi convince.

  5. pscattoni scrive:

    Internet

  6. roberto donatelli scrive:

    Quale sarebbe la nuova rivoluzione in corso? La domanda non ha altri scopi se non quello di sapere di quale rivoluzione si parla.

  7. pscattoni scrive:

    x Roberto Donatelli. Le direttive europee non sono leggi, ma il loro recepimento per gli stati membri l’obbligo di recepirle e quindi di adeguare la propria legislazione. Se però la tua nota si riferiesce al mio commento non vedo un nesso consequenziale. Quello che voglio affermare è che abbiamo bisogno di aggiornarci alla nuova rivoluzione in corso. Se vogliamo rispondere al vuoto della politica degli annunci non possiamo più basarci sulle nostalgie da qualsiasi parte provengano. E’ necessario passare all’azione con iniziative che potranno essere anche piccole ma che viste in prospettiva possono creare il cambiamento.

  8. carlo sacco scrive:

    Io invece concordo con Maco Nasorri proprio perchè mi sembra che la sua visione delle cose riassuma con semplicità tutto quanto possa servire come base di partenza.Adesso non esistono più nemmeno tali varianti che Scattoni dice che prima erano calate dall’alto.Ci si affida al ”Capo”che ha fatto odorare la linea alla base dicendo di voler eliminare i paletti che limitavano lo sviluppo ma fin’ora non cambiando nulla e perseguendo o facendosi portatore consapevole od inconsapevole di schemi di indebolimento dei ceti meno abbienti.Fin’ora così è stato.L’uso del sistema basato sui soldi e non sui valori questo ha prodotto.Io credo che non vi siano alternative e che questa costruzione da sinistra debba far vedere agli occhi delle classi subalterne quanto tempo si è perso credendo alle favole.Il sistema politico-economico si è rifagocitato tutto qunto era stato prodotto.Non c’è alternativa, perchè alla fin fine è nella lotta vera per cambiare le cose che la persona trova la ragione della sua emancipazione,la ragione di aver più chiaro ed efficace il fine che si propone.La lotta è scuola e se non c’è teoria- diceva un vecchio- non c’è rivoluzione.Per il PD-quello attuale-la rivoluzione è quella di non avere quelli che giudica”schematismi ed ideologia”.Cosa resta se non l’idea di americanizzazione della società?

  9. roberto donatelli scrive:

    ‘ Direttive ‘ che io sappia non sono leggi. Perchè le direttive europee vengono applicate come se fossero leggi? Forse perchè fanno comodo alla volontà di cui parlavo? Lo stesso discorso è applicabile a tutte le altre occasioni in cui si dice; ma questo non si può fare perchè la legge……..in Italia la legge si osserva quando fa comodo, è stato sempre cosi’ e sarà sempre cosi’, e qui si ritorna alla volontà. Quale é la vera volontà della G.C. e dei cittadini di chiusi?

  10. pscattoni scrive:

    Forse l’intervento di Marco (Nasorri) faccia riferimento a un mio post. Se è così non sono comunque d’accordo sulle sue conclusioni. Condivido la critica alla politica di oggi. Non credo però che la si possa superare con la sola forza della volontà e in pratica riproponendo i metodi di una volta. Iscritti e simpatizzanti ai partiti si trovavano (molto più spesso di ora è vero), ma il dibattito era organizzato su esigenze che ora non sono più quelle di allora. C’era un momento informativo e poi veniva data la linea che veniva sì discussa ma su aspetti marginali.
    Oggi una prassi del genere non è più praticabile. L’informazione politica la si può trovare con metodi diversi e “più comodi”. La linea deve essere costruita dal basso (ci tornerò). Per fare questo il metodo deve essere completamento diverso. Secondo me a Chiusi potrebbero essere le condizioni per fare questo. I metodi della partecipazione sono spesso impraticabili perché costosi (in termini di tempo e risorse). Il mio post cercava di superare questi ostacoli.

  11. roberto donatelli scrive:

    In Italia se VOGLIAMO fare le cose siamo i migliori al mondo e, naturalmente, siamo i peggiori quando NON vogliamo farle. Chiusi é una parte dell’Italia, e come tale rispecchia il costume Italiano. Tutto qui. Le proposte ed i cervelli ci sono, manca la VOLONTA’ da parte di tutti sia della Giunta Comunale che dei cittadini. Non ho idea di come fare per cambiare questo stato di cose, ma fino a ché rimarrà cosi’ è perfettamente inutile partecipare, o proporre incontri, o quant’altro.
    Scommetto che questo post verrà ‘ ignorato ‘.

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