Chiusi: andarsene e non partire

 

di Gianfranco Barbanera

 

Chiusi – Chianciano Terme. Il cartello ferroviario sfreccia più volte prima della fermata del treno e molti, sbagliando concordanze, ci leggono che le terme di Chianciano sono chiuse.

Veramente non stanno molto bene, ma non è colpa di Chiusi.

 Questa antichissima città etrusca, sotto il comando di re Porsenna, dà una dura lezione a Roma, ottenendo una vittoria che terrorizza il popolo e il senato romano.

 

Già diocesi dal IV secolo, Chiusi racchiude nel suo territorio numerose pievi paleocristiane: S. Maria del Balneo, presso S. Casciano dei Bagni (1014); S. Donato de’ Radicofano (1275); S. Maria in Campo (1023); S. Maria de’ Spino (1014); come pure la basilica di S. Mustiola fuori città, unitamente alle catacombe che racchiudono i resti dei primi martiri cristiani.

 Fin qui le sue glorie. Ma dall’anno 1000, la città sembra destinata addirittura a scomparire. Dante, guardando a Luni e ad Urbisaglia, profetizza la fine di Chiusi e di Sinigallia.

 Chiusi, che ha vinto i romani, cede alle acque melmose che la rendono inospitale, trasformandola in un bacino di malaria e assoggettandola al dominio di Orvieto, Perugia, Siena.

 “Frigida palude” la definisce lo storico Repetti, con piccolo nucleo di abitanti “chiusi” nella città alta per circa sette secoli, allorché la bonifica granducale porrà fine all’accerchiamento.

 Vita e morte sembrano aver scelto Chiusi come campo di battaglia per la loro eterna lotta.

 Ancor’oggi, non sono chiari i confini tra l’una e l’altra e chi delle due, nei vari momenti, prevalga. Non si sa se a decidere le sorti della città sia ancora il popolo sotterraneo degli etruschi, o gli insediamenti industriali della piana, o i nuovi potenti e un po’ misteriosi proprietari delle ville di campagna, venuti da chissà dove. Ville rigorosamente chiuse, nel territorio di Chiusi.

 L’arcano non sta nella contrapposizione dei termini “chiuso-aperto”, di “vuoto-pieno”, ma nel modo di essere di questa nostra gente e dello stesso luogo fisico.

 

Le poche tombe note e le molte, per fortuna, inviolate sono fornite di cibo, armi, suppellettili. Gli etruschi del sottosuolo possono resistere a lungo e contenere le frotte di viaggiatori che arrivano e partono dalla Stazione.

 È stato notato un tale che, da decenni, scende giù a piedi da Chiusi città, con il suo trolley al seguito: si presenta alla biglietteria, chiede notizie sul traffico ferroviario, ma non fa il biglietto e non parte mai.

 

Il vero viaggiatore è sempre in procinto di partire, ma non parte mai.

 

Chiusi è il luogo emblematico dell’eterno fluire della storia, con le sue alterne vicende: trionfare, essere sul punto di sparire e poi esserci ancora. È anche uno spazio psicologico individuale in cui “andarsene” non è sinonimo di “morire”. Puoi sempre farlo, di andartene, da te stesso, cioè dai tuoi automatismi, dalla consuetudine, senza che siano attivate le pompe funebri, anzi traendone beneficio per ricominciare.

 D’altra parte, come potremmo considerare la morte evento deprecabile e disumano noi che viviamo in una terra dove i morti continuano a mangiare e a servirsi delle loro cose?

 Quel tale col trolley scende giù ogni mattina da Chiusi città alla Stazione: i vecchi sono disposti a testimoniarlo.

 Tra loro ammiccano: sono convinti che si tratti di re Porsenna. Anche su quei signori delle ville di campagna, potenti e un po’ misteriosi, i chiusini hanno qualche sospetto: “chissà che non siano…”. E si fermano qui.

 

 

Gianfranco Barbanera

 

 

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4 risposte a Chiusi: andarsene e non partire

  1. E’ possibile che si guardi soltanto all’aspetto psicologico (?) e non alla sostanza dell’articolo? La risposta sembra essere: si. Mah!

  2. rita scrive:

    Mi piace molto l’aspetto psicologico della narrazione.
    Puo’ essere la storia di ognuno di noi, da sempre e per sempre “romantici ed idealisti”
    Vorrei andermene ma poi resisto e continuo a sognare, non ho un trolley ma ho il desiderio, l’impulso, l’istinto.
    Chissa’ se prima o poi tutto cio’ si potra’ tradurre da sogno a realta’, forse solo in modo virtuale…ma e’ pur sempre un’occasione.
    Complimenti, un interessante spaccato di interesse umanamente sociale.

  3. Senza contrastanti opinioni non ci sarebbe dialogo, c’è da aggiungere, però, che le opinioni si dovrebbero esprimere sui fatti. Credo che l’articolo abbia descritto perfettamente sia la Chiusi del passato che quella ‘ moderna’.

  4. Carlo Giulietti scrive:

    Meno male che adesso ci sono i marciapiedi, almeno “il tale” corre meno rischi di essere investito e forse, sarà più invogliato a tornare sui suoi passi!…
    Battutine a parte, trovo un che di “ermetico” nella poetica di Barbanera, mi fa pensare alla “solitudine dell’uomo moderno, che avendo perso la fede negli antichi valori non ha più alcuna certezza cui ancorarsi”, la “frustrazione, dovuta al prendere coscienza del contrasto tra la vita ideale e una realtà quotidiana troppo spesso deludente”, aspetti che è facile ritrovare anche ai giorni d’oggi.
    A questi si potrebbe anche aggiungere l’incapacità, impossibilità di un colloquio aperto e fiducioso con gli “altri”….

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