La leggenda di Santa Mustiola che attraversa il lago di Chiusi

di Fulvio Barni

I cittadini di Chiusi, memori del martirio di Mostiola, eressero una chiesa in suo onore e la assunsero come patrona della città.

Nel Martirologio geronimiano, il dies natalis (giorno in cui morì e fu sepolta) di Santa Mustiola si ritiene sia avvenuto il 23 novembre, mentre per quello romano e secondo l’antica tradizione chiusina, il 3 luglio.

A Chiusi si narrano molte leggende sul modo in cui Santa Mustiola giunse nella nostra città. Ve n’è una in particolare che ormai da secoli è tramandata di padre in figlio. Qui di seguito la potrete leggere così come i miei nonni la raccontarono a me un po’ d’anni fa.

La giovane Mustiola, perseguitata per la sua fede in Cristo, decise di scappare da Roma. Partì per Chiusi inseguita dai soldati romani mandati dall’imperatore Aureliano. Viaggiando sempre di notte per non essere vista, giunse in prossimità del nostro lago, sulla riva dalla parte umbra. Aspettò che arrivasse il giorno, per cercare qualcuno che con la barca glielo facesse attraversare. Nella nostra città risiedevano alcuni suoi parenti, presso i quali pensava di rifugiarsi. Il cielo intanto stava schiarendosi e non c’èra anima viva in giro. Udì ad un certo punto uno scalpitìo di cavalli e grida di uomini che si stavano avvicinando velocemente. Il suo pensiero andò subito ai soldati che la inseguivano. Sentitasi perduta, s’inginocchiò e pregò intensamente il Signore, perché accorresse in suo aiuto. Dopo pochi istanti, in mezzo ad un accecante bagliore, le apparve un Angelo che le disse di togliersi di dosso il mantello e di adagiarlo sull’acqua. Così fece e non appena lo ebbe posato, questo si distese e diventò rigido in maniera che lei potesse accomodarvisi sopra. Salì su questa barca improvvisata, che sospinta da una leggera brezza, lasciando dietro di se una luminosissima scia, in poco tempo la traghettò dall’altra parte del lago”. Sempre secondo il racconto, tutto questo accadde all’alba del tre d’aprile dell’anno 274.

A Chiusi c’è persino chi giura di aver visto ripetersi questo prodigio, all’alba dello stesso giorno in cui avvenne molti secoli fa.

Si dice anche che in una roccia situata a circa trenta passi dalla chiesa del SS.mo Salvatore di Cesareto, tra Panicale e Paciano, vi siano impresse le impronte del piede e del ginocchio della Santa. La leggenda, infatti, narra che la Santa mentre fuggiva da Roma, percorrendo la strada che portava a Chiusi, si fermò in quel luogo per riposarsi della fatica del lungo viaggio e prima di ripartire si inginocchiò davanti ad un sacerdote per avere la sua benedizione.

Sicuramente il Corpo della Santa fu sepolto in una tomba gentilizia di qualche famiglia aristocratica, convertita al cristianesimo. Luogo di sepoltura che in seguito fu trasformato in cimitero dalla comunità presente in Chiusi. Tra il IV ed il V secolo, sopra di esso fu edificata una basilica martiriale consacrata al suo nome e probabilmente, nella stessa occasione, il corpo di lei fu trasferito dalla catacomba sottostante in una fossa dietro all’altare. Di questo secondo seppellimento, sono pervenuti a noi solo alcuni frammenti di una iscrizione dedicata alla Santa, eseguita su tre lapidi e dettata dal diacono Anastasio.

Oggi si trovano nel museo della Cattedrale. Conosciamo però i versi dell’intero epitaffio, poiché gli storici di allora ce li hanno tramandati. Purtroppo, di questa basilica abbiamo poche notizie. Sappiamo per esempio, che nell’anno 728 furono apposte delle lapidi di marmo, chiamate tavole longobarde, oggi murate nella Cattedrale, a testimonianza dei restauri fatti eseguire dal duca longobardo di Chiusi, Gregorio, nipote del re Liutprando, quando Arcadio era vescovo della città.

Potremmo benissimo dire, che più che di restauri, si trattò di una riedificazione vera e propria della chiesa, poiché fu demolita e ricostruita dalle fondamenta, a tre navate divise. Invece, la tomba della Santa non fu toccata, ma lasciata nello stato in cui era stata disposta, al momento della sepoltura del suo corpo in basilica.

Dall’anno 989, ma la data non è assolutamente certa, sempre nella chiesa di Santa Mustiola, era custodito l’anello matrimoniale di Maria Vergine. Ci rimase fino al 1251, quando fu trasferito per maggior sicurezza nella Cattedrale di San Secondiano, dentro la città. Successivamente, nel 1420, questa reliquia ebbe ancora nuova collocazione nella chiesa di San Francesco e lì vi rimase fino al 1473, quando frate Wintherio lo rubò, facendone dono ai perugini.

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Una risposta a La leggenda di Santa Mustiola che attraversa il lago di Chiusi

  1. carlo sacco scrive:

    Siamo ad un punto del nostro sviluppo storico, materiale e mentale che le menti che vengono attratte dai discorsi che vengono fatti,al riguardo per esempio del fatto che la Mustiola si tolse il mantello dopo che le apparse la luce e passò dall’altra sponda del lago che ancora a qualcuno lo induce a pensare che sia stato possibile o che fosse avvenuto davvero in qualche modo.
    Una domanda: avete mai pensato al mondo di quasi 2.000 anni fa, come era costituito e quanto poco bastasse sul racontare dette storielle e quanti ci credevano? Risposta: Quasi tutti.
    Coloro che poi non ci credevano e che avevano anche il potere se ne servivano per dominare ancora di più la gente. Oggi non è diverso, perchè c’è perfino chi crede alle statue delle Madonne che piangono sangue, e nella loro mente non sorge mai il sospetto che possa trattarsi di inganni rozzi o sopraffini a seconda di come vengano messi in atto. Mi spiegate perchè in Danimarca, in Svezia, in Norvegia in Germania ed in tanti altri posti non ci sono questo tipo di manifestazioni? Sono solo in Spagna, Italia, Portogallo e nei paesi islamici per ciò che riguarda la loro religione. Sono paesi per altri motivi chiamati ”Pig” oggi si dice, ma i veri Pig non è la povera gente, sono coloro che propagandano tale cultura perchè sia presente nella gente, e tale cultura fa parte iniscindibile di quell’insieme che ci porta alla rovina anche in altri campi e manifestazioni della vita. Nel mondo questo l’hanno capito in parecchi e da diverso tempo.

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