E se gli asini fossimo noi?

di Tiziana Marroni

Gira da qualche giorno su internet questa “storiella”. Molti, come me, l’hanno avuta dalla comunità religiosa de “Le piccole sorelle”.

Viene pubblicata per quelli che ancora non l’hanno letta anche se non non è strettamente attinente alle tematiche locali (o no?).

LA CRISI DEGLI ASINI
Un uomo in giacca e cravatta comparve un giorno in un villaggio.
In piedi su una cassetta della frutta, gridò a chi passava che avrebbe comprato a € 100 in contanti ogni asino che gli fosse offerto.

I contadini erano effettivamente un po’ sorpresi, ma il prezzo era alto, molti accettarono e tornarono a casa con il portafoglio gonfio, felici come una pasqua.

L’uomo venne anche il giorno dopo e questa volta offrì 150 € per asino, e di nuovo tantissime persone gli vendettero i propri animali. Il giorno seguente, offrì 300 € a quei pochi che non avevano ancora venduto gli ultimi asini del villaggio.

Vedendo che non ne rimaneva nessuno, annunciò che avrebbe comprato asini a 500 € la settimana successiva e se ne andò dal villaggio.Il giorno dopo, affidò al suo socio il gregge di asini che aveva appena acquistato e lo inviò nello stesso villaggio con l’ordine di vendere le bestie a 400 € l’una.

Vedendo la possibilità di realizzare un utile di 100 € la settimana successiva, tutti gli abitanti del villaggio acquistarono asini a quel prezzo anche se molto più alto di quanto avevano ricavato alla precedente vendita e, per far ciò, si indebitarono con la banca.

Come era prevedibile, i due uomini d’affari andarono in vacanza in un paradiso fiscale con i soldi guadagnati e tutti gli abitanti del villaggio rimasero con asini senza valore e debiti fino a sopra i capelli.

Gli sfortunati provarono invano a vendere gli asini per rimborsare i prestiti. Il costo dell’asino era crollato. Gli animali furono pignorati ed affittati a caro prezzo ai loro stessi proprietari dal banchiere.

Nonostante ciò il banchiere andò a piangere dal sindaco, spiegando che se non recuperava i propri fondi, sarebbe stato rovinato e avrebbe dovuto esigere il rimborso immediato di tutti i prestiti fatti al Comune.

Per evitare questo disastro, il sindaco, invece di dare i soldi agli abitanti del villaggio perché pagassero i propri debiti, diede i soldi al banchiere (che era, guarda caso, suo caro amico e primo assessore).

Eppure quest’ultimo, dopo aver rimpinguato la tesoreria, non cancellò i debiti degli abitanti del villaggio né quelli del Comune e così tutti continuarono a rimanere immersi nei debiti.

Vedendo il proprio disavanzo sul punto di essere declassato e preso alla gola dai tassi di interesse, il Comune chiese l’aiuto dei villaggi vicini, ma questi risposero che non avrebbero potuto aiutarlo in nessun modo poiché avevano vissuto la medesima disgrazia.

Su consiglio disinteressato del banchiere, tutti decisero di tagliare le spese: meno soldi per le scuole, per i servizi sociali, per le strade, per la sanità …

Venne innalzata l’età di pensionamento e licenziati tanti dipendenti pubblici, abbassarono i salari e al contempo le tasse furono aumentate.
Sindaci e banchieri dicevano che ciò era inevitabile e promisero di moralizzare questo scandaloso commercio di asini.

Questa triste storia diventa ancora più istruttiva quando si scopre che il banchiere e i due truffatori sono fratelli e vivono insieme su un isola delle Bermuda, acquistata con il sudore della fronte dei proprietari di asini. Noi li chiamiamo fratelli MERCATO. Molto generosamente, hanno promesso di finanziare la campagna elettorale del sindaco uscente.

Questa storia non è finita perché non sappiamo cosa fecero gli abitanti del villaggio.
E voi, cosa fareste al posto loro? Che cosa farete?

Se questa storia vi ricorda qualcosa, ritroviamoci tutti nelle strade delle nostre città e dei nostri villaggi Sabato 15 ottobre 2011 (Giornata internazionale degli INDIGNATI) … e fate circolare questa storiella….

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8 risposte a E se gli asini fossimo noi?

  1. carlo sacco scrive:

    Non contesto affatto quello che dici Paolo delle basi sulle quali si sia formato Draghi.Ho detto scuola carliana intendendo Draghi come osservante di una evoluzione del pensiero Keynesiano (applicato da Carli nel periodo ormai lontano del suo lavoro- e l’ho detto che era un periodo diverso dall’attuale ).Le basi sono comunque sostanzialmente le stesse, non avrebbero potuto essere diverse: intervento dello stato, pompa aspirante premente dell’economia, moneta ed interesse, privato che si interseca nel pubblico e viceversa.Il fatto è che attualmente ciò che è venuto fuori da Draghi in maniera molto chiara,precisa e con un piglio molto forte è un uso accentuato delle politiche di compressione della spesa pubblica. E’ la teoria pienamente sposata dai vertici della BCCE nella quale in periodo di crisi per mettere sotto controllo l’inflazione e garantire il debito pubblico devono essere tagliate le spese sociali, comprimendo vicino al punto di rottura le entrate per decine e decine di milioni di persone(cioè soldi e risorse ai privati e meno al pubblico).Lo sò che nulla di meglio è stato applicato oltre al sistema Keynesiano, ma è la teoria della coperta al letto che se la tiri giù copri i piedi ma scopri il viso e se la tiri su copri il viso ma scopri i piedi.I milioni che sono scesi in piazza-macchine bruciate o non macchine-sono le prime vittime di tale sistema che ormai è insuffi …..

  2. anna duchini scrive:

    Avevo programmato di andare alla manifestazione perchè condivido in pieno le parole d’ordine della mobilitazione globale.
    Ma da sessantenne non mi sono fidata dell’ordine pubblico e purtroppo non mi sono sbagliata.
    Ora l’attenzione è solo per i disordini ma le questioni di fondo restano sul tappeto.
    Se pensiamo che saranno i banchieri alla Draghi a tiraci fuori da questo disastro stiamo freschi.
    Draghi secondo me è una persona anche amabile ma fa parte a pieno titolo di quella schiera che ha prodotto quello che ora ci vogliono far pagare.

  3. pscattoni scrive:

    Per Carlo Sacco. Draghi di scuola “carliana” (Guido Carli)? Non mi pare. Quando Carli esce dalla Banca d’Italia Draghi studia ancora. I Maestri di Draghi sono stati Federico Caffé prima (alla Sapienza) e il premio nobel Franco Modigliani (MIT) dopo. Diviene professore universitario del 1975.
    Uno può anche contestare la scuola keynesiana. Non mi pare che al momento ci siano però scuole di pensiero molto più credibili.

  4. carlo sacco scrive:

    Per ritornare brevemente ancora su Draghi e chi difende la sua visione e conseguentemente i sui programmi, nonchè i suoi ”simpatici sfottò” sulle maschere raffiguranti lui stesso. Draghi è stato uno di quei dirigenti di scuola Carliana (ma erano altri tempi quelli, ma la teoria economica fondamentale non è cambiata) che ha dato il proprio pieno consenso all’economia dei tagli sociali (Treu, Dini, Tremonti, ma anche altri) per rivitalizzare il mondo della finanza, concepito quale motore dell’economia. A te caro Paolo(Scattoni) resterà pure simpatico ed approverai come hai detto nel tuo articolo la sua visione delle cose, ma non ritieni che quanto abbia detto a Sarteano sullo spreco dei nostri giovani non sia che una diretta conseguenza di una visione e di una politica realizzata principalmente con i tagli sociali?
    Si tratta o non si tratta della solita vecchia spartizione della torta oppure mi sbaglio?
    Ed allora vi dovete mettere d’accordo dentro il PD che reclama da una parte la non più sopportabilità dei tagli e chi ne è uno dei veri artefici, senza incensarlo. Ma questa è la vecchia politica democristiana di aspirare ossigeno da dentro il contenitore e di ri-immettercelo quando il malato sta per morire per ridargli fiato, ed intanto si legifera, si governa, e si va avanti e ci si ingrassa, mentre l’Italia affonda.
    Il sistema ci va a nozze con tutto questo! Se poi altri più deboli muoiono…

  5. carlo sacco scrive:

    Che sia stata un’occasione sprecata, nonostante i disordini, le spaccature delle vetrine e gli atti di violenza personalmente la cosa non mi trova d’accordo. Hanno manifestato centinaia di migliaia di persone che non sono state sporcate da 500 scalmanati e delinquenti che hanno reso solo più difficile la comprensione al resto dell’Italia di quanta necessità ci fosse di manifestare il dissenso; ma guarda caso ci si indigna per 500 delinquenti che spaccano le vetrine ed incendiano le macchine, ma si tenderebbe a non riconoscere -con molto scetticismo di coloro che si credono equidistanti nei giudizi- i danni prodotti dalle Banche e dalla Finanza ad intere comunità.
    E’ ora di finirla con due pesi e due misure, proprio anche rispetto agli atti di violenza che se pesati sono un inezia di fronte agli altri danni, quelli sì di violenza quotidiana, prodotti da coloro che ho appena citato. Incominciamo ad usare un metro giusto e non a difendere chi decide la spartizione della torta. Chiediamoci perchè avvenga invece questa ultima cosa, e si aprono panorami politici certamente non belli: la tendenza alla mistificazione da parte dei media e di chi ne sta a capo.
    A Draghi che fa battute tali da far intendere una presa di coscienza occorrerebbe rispondere con un altra battuta -tutta chianina-: ”tardi cantasti merlo”! Mi sembra proprio quella di Draghi un’ammissione di circostanza. Quanto alla sua professionalità che non è in discussione, ricordo che Draghi -ma credo di non sbagliarmi- sia stato fino a qualche tempo fa nel Consiglio di Amminisrazione della Goldmann Sachs; una, se non quasi l’unica indiziata del default della Grecia con i titoli spazzatura.
    Non sarà da imputare a lui la cosa, ma credo che avrebbero potuto nominare a capo della Banca Europea un’altra figura. Non è come mettere la volpe a guardia del pollaio? E’ difendibile tutto questo?

  6. pscattoni scrive:

    Sono un estimatore del governatore della Banca d’Italia Mario Draghi. In un recente convegno a Sarteano ha svolto una relazione importante e ben documentata sul grande spreco che stiamo facendo dei nostri giovani. Quando ha saputo che i manifestanti di oggi a Roma mostravono dei draghetti di plastica ha accettato di buon grado lo sfottò e ha ripetuto ch la manifestazione era il segno di un grande disagio e poteva rappresentare l’avvertimento a tutti i livelli compreso il suo dell’inizio di un grande riscatto. Quando lo hanno in formato degli incidenti ha detto che era “una grande occasione sprecata. Concordo.

  7. lucianofiorani scrive:

    Negli anni mi sono convinto che il mio vecchio professore di matematica delle superiori non avesse tutti i torti.
    Era solito consolare quelli che avevano seri problemi con la materia con la battuta;”Sei nato asino e asino rimarrai”.
    Allora mi sembrava un’offesa ingiustificata ma col tempo ho cambiato idea.

  8. carlo sacco scrive:

    Cosa fare non è neanche tanto difficile immaginarlo : gli asini talvolta disarcionano i cavalieri poichè tenuti a biada per un giorno e per gli altri 6 a digiuno.Ci stiamo velocemente avvicinando a quel punto in cui o gli asini disarcionano chi li cavalca oppure chi cavalca terrà a digiuno gli asini ancora per i 6 giorni.
    Prima di farsi disarcionare però i cavalieri tenteranno sicuramente di mettere gli asini contro gli asini e spesso nella storia il giuoco è riuscito e si sta tentando di ripeterlo ancora (come nel 1921 quando misero i poveri contro i poveri e da lì lo stato autoritario che portò acqua per venti anni agli industriali ed agli agrari e miseria ai poveri). Stà agli asini sapere cosa fare.
    Dal mio punto di vista potrei immaginare cosa occorrerebbe fare: creare le condizioni perche gli asini mangino tutti i giorni e chi ha mangiato per 10 giorni su 7 rinunci al gurmet per quei 3 giorni…ma c’è chi dice che proprio così non si possa fare se no è un altro stato autoritario…Chi dice così, ed è pieno il mondo di chi trova tali ragioni, tira la corsa al gurmet per cui coloro che mangiano per 10 giorni continuino a mangiareo ancora indisturbati, a barba degli asini.
    Indignatevi!! Bertold Brecht diceva: ”Vi verseranno grappa nella gola, ma voi dovete rimanere lucidi…”
    Indignatevi!!

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