Il grido del silenzio

di Elona Kerengi

Sono stati solo cinque giorni!
Cinque giorni di un paese a confine che si è trovato ad essere improvvisamente famoso, ma anche di un volontariato degno di una metropoli, di una riscoperta coscienza civica esemplare, di comprensibili timori misti di speranza, di sospiri di sollievo e di “clausura”.
Ma di questi cinque giorni, non posso non ricordare il dignitoso silenzio. Quello dei concittadini che in fila, uno dietro all’altro, da soli, con i figli per mano o con i genitori sotto braccio, si mettevano seduti in quella sedia per sottoporsi al tampone. Mi sono detta: ci vuole un grande coraggio, un coraggio che non parla ma che smuove più di ogni parola, per fare quella fila e per sedersi su quella sedia; ci vuole coraggio anche nel voler sapere, nell’accettare che ti si potrebbe sconvolgere la vita 24 ore dopo e che, nel migliore dei casi, ti dovresti ingegnare per come passare le giornate chiuso in casa.
Eppure tale silenzioso coraggio è stato dirompente, è stato contagioso, è stato degno del più grande rispetto umano e proprio a quel coraggio civico, va tutta l’ammirazione.
Ma di questi cinque giorni, non posso non ricordare il silenzio altrettanto dignitoso di chi, dietro alla mascherina e la tuta bianca, con lo sguardo che infondeva rassicurazione e con il sorriso nascosto, seppur stanco a fine giornata, ha rafforzato quel coraggio.

Mi sento onorata dell’appartenenza alla cittadinanza di questo paese di confine, che con la discrezione del proprio silenzio, si è elevata oltre ogni parola.

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6 risposte a Il grido del silenzio

  1. carlo sacco scrive:

    X La Sig.ra Kerengi.La ringrazio per la sua chiarificazione.Certamente è vero che ognuno esprime il proprio punto di vista ed è ulteriormente vero che i tempi che viviamo sono fortemente dominati da aspettative che molto spesso se non verificate si vivono come qualcosa che manchi o che rivestano un senso di incompletezza o parzialità rispetto ai problemi.Nel caso che lei ha voluto prendere in considerazione, -e faccio ammenda a me stesso -per avere forse frettolosamente letto il significato di”silenzio”non considerando che il paragone oltre al fatto sociale che rivestiva,era teso ad individuare la fotografia di una situazione in un contesto generale dove il paragone era forse esteso ad altre realtà che vivevano la stessa condizione.Purtuttavia credo che la lettura degli avvenimenti-soprattutto quelli sconvolgenti le comunità del territorio come la pandemia-,oltre all’interpretazione individuale che poggia sulla nostra sensibilità e da come questa ci ha formati dentro anche spesso sentimental- mente ed emotivamente,la nostra visione debba essere tendenzialmente onnicomprensiva dei problemi che una comunità si trova di fronte e della risoluzione dei medesimi.I rischi però di anteporre una visione chiamiamola”emozionale”per la quale si creda che non possa essere scontato un comportamento sociale di normalità,possono portare a sconfinare in un sentimento di sfiducia che invece i cittadini non hanno mai dimostrato di avere in questi casi.

  2. Elona Kerengi scrive:

    Rispondo a Carlo Sacco, ringraziandolo del suo commento, per me occasione di confronto.
    Io penso che il problema dei nostri tempi (tempi ai quali anche io appartengo) è quello di dare per scontato tutto, un’azione, una reazione, una condivisione, un’uniformità di pensiero e così via.
    Conseguentemente, rischiamo la non comprensione di un differente punto di vista, di un semplice “Grazie” e di un cortese “Prego” che non necessariamente devono avere una estensione extra contestuale.
    Io personalmente La ringrazio per avermi fornito, con il Suo punto di vista che rispetto, l’occasione di esprimere un mio ulteriore pensiero che ovviamente rimane solo il mio e non richiede, per ciò solo, condivisione.

  3. carlo sacco scrive:

    Condivido la visione di Enzo Sorbera,soprattutto per quanto riguarda la sua frase finale,anche se-al di là del silenzio-riflettendoci a freddo non sembra un fatto stravolgente lo stesso silenzio,da dargli tutta tale importanza”morale”e non credo che dicendo così sia questa mia una mancanza di sensibilità.I cittadini sono stati chiamati(cosa doverosa e normale chiamarli da parte delle autorità e occorrerebbe imparare da questo senza nè osannare i meriti di chi sia deputato a svolgere il proprio normale lavoro di amministratore sia nell’altro caso a non esaltare un senso di civismo che mi sembra normale possedere in queste occasioni),hanno risposto in massa,nell’ordine di importanza primo per responsabilità verso se stessi e gli altri e senso civico,ma mi chiedo cosa avrebbero potuto fare di diverso se non questo del dignitoso silenzio?Ci sarebbe stato da attendersi altro in luogo del”dignitoso silenzio” messi di fronte ad una pandemia rischiosissima per tutti? Questo lo dico per cercare di ristabilire l’ordine delle cose ed i valori che tale scelta abbia messo in evidenza e credo che la cittadinanza abbia dimostrato in questa fase della pandemia una attenzione doverosa verso il problema.Non credo che ci sia da pontificare nulla nè da una parte nè dall’altra.Semmai è certamente doveroso un grazie a tutte le persone che si sono impegnate e che sono state al freddo per fare i tamponi ai loro concittadini per ore ed ore.Questo di certo.

  4. Luciano Fiorani scrive:

    Chi guida il paese, secondo me e come ha già accennato Enzo (Sorbera), a tutto si è attenuto tranne che alla “discrezione del silenzio”.

  5. Paolo GIGLIONI scrive:

    Concordo con Elona,
    Senza alcuna retorica o demagogia, possiamo dire che viviamo in un paese dove lo spirito collettivo prevale su quello individuale e la paura del Contagio è stata accompagnata dalla necessità di non fungere dai veicolo diffusivo. Abusando di un termine ricorrente, possiamo dire che la società civile si è dimostrata degna della propria identità solidale.

  6. enzo sorbera scrive:

    Brava Elona. Non è facile notare il silenzio. Era il silenzio un po’ preoccupato di chi attende un verdetto che potrebbe davvero cambiarti la vita dei giorni a venire: isolamento, quarantena, controlli e fastidi a non finire – che uno si sarebbe potuto evitare semplicemente non andando a fare il controllo. Eppure, abbiamo tutti fatto la fila per scongiurare di essere un pericolo per gli altri. Civismo nel miglior senso del termine. Questo senso civico è stato pure cinicamente sfruttato per imbastire una visibilità dal sapore elettorale. Ma il silenzio, spesso, annega il rumore del frastuono.

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