Carbonizzatore: c’è ancora da studiare

di Paolo Scattoni

Il ritiro del progetto di un impianto di carbonizzazione è probabilmente soltanto una pausa in attesa delle elezioni regionali. Sono d’accordo con chi ha raccomandato prudenza: prima di cantare vittoria è necessario non abbassare la guardia. Ma come fare? Quelle che seguono sono soltanto opinioni del tutto personali.

I pochi mesi da qui alle elezioni regionali dovrebbero essere utilizzati per approfondire molti degli aspetti che i comitati hanno evidenziato, anche a prescindere dai risultati dell’Inchiesta Pubblica. Mi vorrei sbagliare ma è assai alta la probabilità di ricevere un testo dove ognuno potrà leggere argomenti per il si o per il no. La Inchiesta Pubblica sarà invece utile se considerata una mera introduzione a ulteriori approfondimenti. Le questioni sono molte, ne approfondisco solo una.

In un certo senso oggi è necessario rispondere a chi accusa i comitati di sindrome NIMBY “non nel mio cortile”. Anche se molto pochi, ci sono ancora alcuni che affermano che comunque da qualche parte il trattamento dei fanghi da qualche parte lo si deve pur fare. Cerchiamo di rispondere.

La prima analisi riguarda la localizzazione. Perché proprio alle Biffe? È necessario ricordare che l’area in questione riguarda un impianto di macellazione maturato negli anni ’60 e realizzato nei primi anni ’70. Quell’impianto aveva un depuratore a servizio del centro carni. Una volta dismesso il centro carni, il suo depuratore è stato poi utilizzato da un imprenditore privato e infine acquistato da Bioecologia che ne ha fatto un depuratore di poco meno di centomila tonnellate di acque reflue. Nel frattempo però quell’area è cresciuta per attività produttive e servizi.

Quindi un grande depuratore solo perché ce n’era già uno molto più piccolo. Nel frattempo la popolazione lamentava disagi  e problemi anche sanitari.

Analogamente l’impianto di carbonizzazione è dunque il frutto della logica della continuità che non ha molto a che fare  con una scelta localizzativa consapevole.

L’Inchiesta Pubblica ha sicuramente messo in evidenza un’altra questione. La tecnologia più adatta è davvero quella proposta? Quello che esce dall’impianto (biochar) ammesso che possa essere commercializzato rappresenta soltanto un percentuale minima del fatturato ipotizzato. La maggior parte dovrebbe invece provenire dalle tariffe di depurazione, cioè dalle nostre bollette, qualcosa che riguarda tutti noi. La domanda è quindi legittima: non esiste un processo più sicuro e conveniente?

Ecco un tema da approfondire con l’aiuto di esperti. Nel dibattito sono emerse altre opzioni, per esempio quella segnalata da Augusto Bazzocchi, del brevetto annunciato pochi giorni fa e messo a punto da IRSA- CNR. I titolari di quel brevetto affermano che i fanghi da depurazione possono essere trattati nel depuratore stesso. Un sistema “mangiafanghi” che li riduce a percentuale minima a costi quasi nulli.

Anche il brevetto Ingelia ci era stato presentato come un toccasana. Poi ne abbiamo scoperto tutti i limiti. Ormai siamo vaccinati e non compriamo a scatola chiusa. Sappiamo che dal brevetto alla ingegnerizzazione non è passaggio semplice.

Vale però la pena approfondire. In fondo Lecce è molto più facilmente raggiungibile di Valencia.

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Una risposta a Carbonizzatore: c’è ancora da studiare

  1. carlo sacco scrive:

    Io vedo anche un altra questione che è precedente a quella che tu declini.Qui si tratta di dire che o in un modo o in un altro un impianto di smaltimento dei liquami debba servire perchè ormai in un processo di sviluppo iniziato molti anni fa che poi si tramuta in sottosviluppo in quanto assorbente energie economiche che potrebbero essere utilizzate in altre direzioni,alla fine la logica del consumo introduce quella che fa sorgere la sindrome di Nimby.Qui infatti tutto ruota intorno all’ineluttabilità del dover prima o poi mettere mano ad un impianto,moderno quanto possibile,ma comunque ad un impianto installato in un territorio che risentirebbe di quanto possa produrre detta installazione anche con i metodi più moderni.A parte la certezza o meno sulla sicurezza,ma volevo far rendere conto ai lettori chi sia che ci abbia comandato lo spurgo delle acque reflue e la ragione per la quale non si possa invertire tale processo di sviluppo-sottosviluppo che è iniziato e che adesso cerca la via che più convenga per soddisfare l’economicità delle scelte.Una riflessione in questo senso,onnicomprensiva anche di ciò che dicono le opposizioni io credo che andrebbe fatta(Parlavo soprattutto della Lega e dei suoi programmi in questo settore),perchè non si può far finta che la gente non pesi dopo i chiarimenti che la politica dovrebbe prima fare,sennò succede come al Comune che adesso tutti gaudenti ma prima ”l’Amplifon era uno sconosciuto.

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