il 4 maggio al Mascagni sognando California

Istantanea_2019-04-29_15-54-23ricevuto da Giorgio Cioncoloni

Sabato 4 maggio, alle ore 21,00, al Teatro Mascagni di Chiusi andrà in scena uno spettacolo teatral-musicale scritto da Giorgio Cioncoloni, in collaborazione con Enzo Sorbera: “Quando sognavamo la California”, un viaggio tra i giovani e la musica degli anni ’60.

I brani musicali saranno eseguiti dal vivo da “I Rivelati”: Sandro Buonavita, Giorgio Cioncoloni, Riccardo Garzelli, Lucia Mangiabene, Stefano Petraccelli e Umberto Trabalzini. Le voci narranti saranno quelle di Francesca Carnieri e Francesco Storelli.

Erano gli anni ’60. L’elettrodomestico più usato era la radio. La televisione, che pochi si potevano permettere, era in bianco e nero e aveva solo due canali.

Quasi tutti gli stati erano divisi politicamente in due blocchi. Quello orientale, comunista, guidato dalla “grande madre” Russia, e quello occidentale, capitalista, guidato dalla “democratica” America. Gli Stati Uniti, per esportare la “loro” democrazia nel Vietnam comunista, si incagliavano in una lunga e sanguinosa guerra, che mandava a morte decine di migliaia di giovani americani.

E allora i giovani iniziarono a scendere in piazza per protestare, utilizzando la musica per coinvolgere e tenere insieme centinaia di migliaia di persone. Con l’aiuto di questa musica vi racconteremo il sogno di un mondo diverso che ha spinto una generazione di giovani a ribellarsi al proprio futuro, programmato da una società da cui non si sentivano rappresentati e di cui non condividevano gli ideali.

Perché con la musica? Perché è stata la base di questa ribellione.

E in particolare quella “beat”: una musica rumorosa, che rompeva gli schemi e le tradizioni e che parlava di pace e trasgressione. Veniva suonata da giovani strani, vestiti male, con i capelli lunghi e gli stivaletti a punta, con il tacco alto: i Rokes, i Nomadi, l’Equipe 84, i Corvi, i Dik Dik, i Ribelli, i Quelli. Tutto il contrario di ciò che la cultura musicale del tempo considerava “normale”.

Vi racconteremo anche gli anni del “Piper” e delle sue “regine”: Caterina Caselli e Patty Pravo e di come questa musica abbia contribuito a cambiare i rapporti tra ragazzi e ragazze, in quell’Italia del boom economico in cui i genitori desideravano per i figli un successo standard: un lavoro sicuro, un’automobile, una casa, una moglie, dei figli. Ma i figli volevano tutto questo?

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4 risposte a il 4 maggio al Mascagni sognando California

  1. carlo sacco scrive:

    X Giorgio.Certo che stò sereno…Anch’io ho vissuto quell’epoca e le sò quali erano le pulsioni che andavano per la maggiore in quelli della mia generazione,come anche sò che il tuo è un intervento che tende a riportare alla memoria quegli anni e soprattutto le emozioni unite ai ricordi che fa scaturire la musica.Devo però puntualizzare che tutto questo complesso di interventi sulle menti dei giovani li hanno in parte distolti dal divenire una vera forza di pressione verso il sistema proprio perchè è lo stesso sitema che è costituito così,che dapprima emette quelle che sono ”novità”ma che poi quando sembrano che diventino rivoluzionarie in modo tale da incidere profondamente sul cambiamento ci sono gli anticorpi che trasformano alla radice in maniera sublimale sia lenta che veloce la forza del cambiamento che prende altre direzioni, forse più personali ed indivdualistiche che anche trovano la propria panacea nelle relazioni che smorzano quella forza ed il risultato è quello che riprendono il sopravvento le forze che il sistema non aveva mai perso ma che aveva tenuto sopite.Questo volevo dire col mio intervento,non che quella musica non faccia venire in mente ricordi e vita vissuta,persone,amicizie e battaglie fatte.D’altra parte su questo piano l’America è un battistrada se prendiamo in considerazione gli hyppies,le comuni,la california ed il sogno americano veicolati dai media.Oggi gli USA vendono le armi al vietnam,figurati te….

  2. pscattoni scrive:

    Si ricordo quando la televisione era una sorta di rito collettivo. La si vedeva al bar oppure in luoghi come il Dopolavoro ferroviario o la parrocchia. Forse fu proprio il secondo canale nel 1962 a metterlo in crisi. Si doveva scegliere. I beatles arrivano agli inizi degli anni ’60. La California “che un giorno io vedrò” era un simbolo per le nuove generazioni. Quella California che pochi anni più tardi vedeva i primissimi esperimenti di comunicazione fra computer e l’inizio di una rivoluzione. Doveva essere l’aria.
    Non so se sarò al Mascagni, ma auguro ad autori e interpreti il meritato successo.

  3. Giorgio Cioncoloni scrive:

    Carlo, stai sereno.
    E’ solo uno spettacolo, che non vuole dare giudizi storici né emettere sentenze epocali.
    Vuole solo raccontare come molti giovani vivevano la vita in quegli anni di profonde innovazioni, tra sogni, musica, contestazione, scoperte di nuove realtà.
    Poi, alla fine, ognuno può tenersi il proprio giudizio senza nessun problema.
    Ti ricordo soltanto che, come detto nell’articolo, la televisione, in quegli anni, se la potevano permettere in pochi e quindi ancora non poteva essere molto condizionante.
    Ti aspetto sabato a teatro.

  4. carlo sacco scrive:

    Il vero dramma è che ai figli il fatto di non volere tutto questo per una gran parte glielo ha detto la televisione.Se fossero state conquiste prodotte da loro stessi forse oggi il mondo sarebbe un po’ diverso.Non sò se sarebbe stato peggiore o migliore di quello che è,ma di sicuro il riflesso di tutto questo è che i media hanno assunto la facoltà di far pensare la gente col cervello e la volontà di chi i media li comanda.Ed oggi non esiste nulla che si possa opporre a questo processo dal momento in cui lo Stato come sua concezione non ha la forza di immettere una svolta dentro tale processo.Le poche volte che ci ha provato ha fallito ed hanno vinto coloro che detengono il potere sull’economia e sui media e non mollano l’osso perchè usano la”democrazia”per fare
    spesso il contrario della democrazia e fanno questo col consenso dei più.E’ un processo che rende soldi e ricchezza ma che alla fine consuma l’umanità.E non perchè voglia contestare ciò che dici ma una umanità od un popolo che voglia cambiare non
    agisce come si è iniziato a fare in America e cioè far fare la base alla musica per raggiungere il cambiamento.Difatti quei movimenti hanno generato il culto del pacifismo,della droga, dell’estraneazione.E’ la forza di quel sistema adesso divenuto globale ad incanalare e gestire il cambiamento in reazioni con modalità imbelli che il
    cambiamento non lo permettono.E questo non può essere la musica;codesto se si pensa è mistificatorio.

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