Elites, informazione e democrazia: a Chiusi come stiamo?

gramscidi Paolo Scattoni

Sin dai suoi inizi la politologia contemporanea, quella che si sviluppa dalla fine dell’800 ad oggi si basa sulla cosiddetta teoria delle elites. In maniera assai grezza la si può riassumere in un’umanità divisa in due: quelli che comandano e quelli che eseguono. All’inizio, per quella teoria, il problema era quello di studiare i meccanismi e come si può passare a far parte dell’elite. Di solito avviene per cooptazione e così si spiega il ruolo delle cosiddette organizzazioni riservate come la massoneria. Quella impostazione di base ha poi trovato sviluppi nella scienza della politica più recente sul come sia possibile incidere da parte di quello che in teoria dovrebbe essere il “popolo sovrano“.

Chi ha un po’ studiato la storia contemporanea di Chiusi vedrà che quello elitista è stato il modello dominante, anche quando il governo era della sinistra e nelle sezioni c’era la foto di Antonio Gramsci, il cui pensiero si proponeva di smantellare l’elitismo.

Oggi a mio avviso quella seguita dal nostro governo locale è una scimmiottatura un po’ patetica e pessimamente interpretata della teoria delle elites. Perché patetica? Perché non ci si rende conto che stiamo attraversando una rivoluzione, quella conosciuta come terza rivoluzione industriale che mette a disposizione strumenti del tutto nuovi. Non è che scompaia la suddivisione fra chi comanda e chi esegue. C’è però la possibilità di incunearsi con un’efficacia prima mai sperimentata per erodere questo sistema. Si chiama web. Se l’informazione è potere, e su questo siamo tutti d’accordo, c’è la possibilità di costruire una conoscenza collettiva, ben organizzata. Se questa poi irrita colore che credono di esserne depositario esclusivo, costoro dovranno farsene prima o poi una ragione.

Nella Pubblica amministrazione tutti gli atti (salvo rarissime eccezioni) sono visibili e riproducibili. La questione ieri era quella di poter valutare con calma se un progetto di viabilità per il Palazzetto che ci è costato un po’ più di 40.000 euro e dato in via fiduciaria a un professionista valga tutti quei soldi. Nessuno contesta la regolarità amministrativa dell’operazione, ma anche al valutazione esterna deve essere garantita. L’accesso alla conoscenza non è un richiesta di parte e di partito, quanto piuttosto una precondizione della democrazia. Perché lo sappiamo tutti, in questo sistema prima o poi si vota, con una buona informazione quell’atto è più consapevole.

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