Un vortice di ricordi in quel libro di Marco Lorenzoni

 di Lele Battilana

E’ uscito da poco in libreria questo libro dell’  amico Marco Lorenzoni (Il vortice – Edizioni Del Bucchia) sugli anni 70 vissuti a Chiusi e dintorni.

E’ difficile che qualcuno parli dei fatti avvenuti lontano dalle grandi città’. Se poi è un amico con cui hai diviso molto di quel periodo e ti ritrovi anche nel post – scriptum del libro, è naturale che ti prenda alla gola. Per un attimo ho risentito quell’odore particolarissimo frutto della commistione tra “inchiostro per ciclostile, fumo e umido” delle stanze malsane dove trascorrevamo parecchie ore. Così come è stato facile ripescare dal cassetto dei ricordi quella mattina del 2 maggio 1980 in cui bussarono anche alla porta di casa mia, come in quelle di tutta via Pisacane, i Carabinieri e la Polizia per eseguire un mandato di perquisizione del Giudice Imposimato.

Ma noi eravamo della FGCI, non delle B.R!. Solo in seguito sapemmo che cercavano un nostro conoscente di Moiano (Caioncola per la precisione) nella cui casa si era riunita nientemeno che la Direzione Strategica delle Brigate Rosse. Si trattava di Loris Scricciolo ( solamente omonimo dell’onorevole Scricciolo) , arrestato più tardi a Roma per aver partecipato e sparato durante azioni delle B.R.

L’avevo conosciuto  a Moiano anni prima, in quella Casa del Popolo dove, sempre in quegli anni, scoppiò una bomba con un chilo e mezzo di tritolo che solo per caso non fece una strage. A pensarci adesso sembra incredibile, ma in quegli anni, in molti casi, bastava poco perché alcuni compagni di banco, di ciclostile o di corteo traslocassero armi e bagagli dalla contestazione forte al sistema, ma pacifica, alla lotta armata.

Per fortuna noi incontrammo il PCI, che sulle B.R. non ebbe tentennamenti condannandole senza sé e senza ma. Oggi sento, con molto piacere, molti giovani di sinistra ricordare la grandezza di Enrico Berlinguer.

Ma allora essere un giovane berlingueriano non era molto trendy. Non faceva figo. Berlinguer è quello che osò dire al Congresso del PCUS che “la spinta propulsiva del comunismo sovietico era finita” o che il PCI si sentiva più sicuro “sotto l’ombrello della NATO”. Fu inoltre l’ideatore del Compromesso Storico.

Se devo muovere un appunto a Marco, oltre all’utilizzo abbondante della parola cazzo, è di sembrare troppo attaccato all’intensità di quel periodo rischiando di rimanerne schiavo. Nel mondo sono cambiate tante cose da allora, penso a milioni di abitanti dei Paesi cosiddetti in via di sviluppo che sono passati dalla fame ad un tenore di vita decisamente migliore, anche se con ingiustizie profonde. Penso anche ad una classe operaia che si è ridotta fortemente di numero.

Penso al fallimento del comunismo sovietico che ha travolto anche i partiti comunisti europei. Ma siccome le ingiustizie e la poverta’ non sono morte con il comunismo, personalmente credo che occorra mettere a frutto l’esperienza di quegli anni per sostenere le nuove generazioni che vogliano ancora riaffermare i valori eterni di “libertè, egalitè e fraternità”. Facendo la fatica di aggiornare la propria visione del mondo.

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9 risposte a Un vortice di ricordi in quel libro di Marco Lorenzoni

  1. enzo sorbera scrive:

    Non discuto la persona Berlinguer – avercene, oggi, di politici così! -, ma parlare di “grandezza” mi pare una mitizzazione gratuita. Anche Longo e Natta hanno guidato il “più grande partito comunista occidentale”: sono acqua fresca? Diciamo che Berlinguer è stato il “papa rosso” di maggior durata (1972-1983). Ma non dimentichiamo, nel suo regno, l’intervento normalizzatore all’università di Roma – Lama accolto da una pioggia patate e di sanpietrini -, gli accordi sulla concertazione – che paghiamo ancora oggi -, l’elezione di Cossiga – chi non ricorda la commozione della Iotti? -, e via andare. Chi scrive ha fatto parte della nuova sinistra che sfociò poi negli “indiani metropolitani” e nel movimentismo del ’77, bollato da Berlinguer come “provocatori”. Stritolati dalle BR (chi non è con noi è contro di noi) e dal PCI di Napolitano e Amendola, il nostro patrimonio ideale è stato disperso ma riaffiora oggi nei saggi di Formenti, di Negri e di Tronti.

  2. marco lorenzoni scrive:

    Se a qualcuno interessa, venerdì 28 marzo alle ore 21,00 il libro verrà presentato a Cetona (sala SS. Annunziata, piazza Garibaldi); sabato 29/03 alle ore 11,00 al Liceo Poliziano di Montepulciano e sabato 12 aprile alle ore 17,00 a Città della Pieve, Palazzo Corgna. Ogni volta con la partecipazione e il contributo di amici giornalisti (Diego Mancuso, Riccardo Lorenzetti, Maria Luisa Meo, Andrea Biagianti, Massimo Benicchii…) e attori (Storelli, Poliziani…)

  3. marco lorenzoni scrive:

    Ringrazio Lele e gli altri amici per il dibattito a margine d’un commento al libello Il Vortice (già libro mi sembra una parola grossa) che non è un saggio storico, né un tentativo di analisi politica a posteriori sugli anni di piombo, quanto un racconto, sul filo dei ricordi e delle passioni, di come quel periodo fu vissuto in questo territorio, lontano dalla linea del fuoco, ma non tanto. Se mai c’è nel testo (che è scritto per il teatro e non per le biblioteche) la voglia di fare i conti, dopo 40 anni, con certe rigidità di allora, con certe valutazioni semplicistiche o sbagliate in voga anche dentro il “grande partito comunista…” Esserci riuscito o meno è un altro paio di maniche… Ma io a scriverle quelle pagine mi sono divertito. In teatro più di 1.500 persone hanno applaudito… può anche bastare…

  4. luciano fiorani scrive:

    Berlinguer merita un posto tra i grandi del dopoguerra non fosse altro per aver richiamato due questioni con cui siamo ancora costretti a fare i conti: la questione morale e l’austerità.
    Non ebbero la dovuta attenzione neanche all’interno del Pci che cominciò allora ad annusare il profumo dei soldi dopo che da Mosca avevano chiuso i rubinetti.
    La strategia del compromesso storico era giusta (almeno secondo me), tatticamente invece la spregiudicatezza di Craxi spiazzò i comunisti e ci regalò i ruggenti anni 80 e quel che venne dopo.
    In quel che accade oggi c’è tanto Craxi e niente Berlinguer.

  5. carlo sacco scrive:

    Ah Lele,forse è la prima volta che mi trovi d’accordo,tranne un po’ meno forse per la tua espressione che dice ”quando un periodo storico è passato è passato’… ”E’ anche vero che sia passato ma l’oggi-ricordalo-non è che la conseguenza di ieri ed allora in tale veste quello che bolle in pentola ne è la risultante.Il cattolicesimo democratico,il cui contenuto valoriale ed etico non può essere espresso in due righe su un blog,secondo me nelle sue intenzioni ha tenuto in poco conto la natura del sistema in cui operava e si trovava,e le sue finalità pulite a parole sono rimaste sulla carta sostanzialmente proprio per la sua impotenza a garantire il cambiamento ed il peso che si è portato dietro non era affatto liberatorio della società pur nelle sue intenzioni,ma ha dovuto sopportare la zavorra molto politica di coloro che parlavano bene e razzolavano male.La prima repubblica è caduta sotto il peso di tale contraddizione.I fatti l’hanno dimostrato ormai da parecchio indipendentemente che piega prenderà un partito come è oggi il PD e quanto sia servito e servirà a cambiare le cose nel verso della guerra che dichiara contro la resistenza al cambiamento.Non dimenticare con chi governa e le modalità,e questo dopo quanti anni dalla sua esistenza.

  6. Lele Battilana scrive:

    Io credo che quando un periodo storico e’ passato e’ passato. E personalmente ho condiviso la storia tormentata che ha portato il PCI a cambiare nome e poi ad integrarsi con gli eredi del cattolicesimo democratico. Ma sostenere che Berlinguer era un nano mi sembra, quantomeno, azzardato. Ha guidato il Partito comunista piu’ forte dell’ Occidente e lo ha portato alle soglie del governo nazionale, governando tre Regioni e molte amministrazioni locali. Nessuno ha messo in dubbio la serieta’ della persona e la sua moralita’. Poi si puo’ non essere d’accordo sulle scelte politiche, meno sulle qualità della persona.

  7. carlo sacco scrive:

    Le tre paroline sono rimaste tre paroline e forse se lo sono rimaste la responsabilità politica di questo,dalla quale nessuno è esente sia chiaro,tantomeno il PCI,è da annoverarsi alla sinistra od a coloro che nobili di sinistra una volta(PSI)si sono fatti attrarre nell’ambito della concertazione dei governi.Ma forse erano anche in buona compagnia perchè se non ricordo male gli incarichi di governo astutamente furono forniti in quantità molto, ma di molto maggiore al peso elettorale raggiunto(12,4%).O no? E come poteva essere diverso? La fame fa brutti scherzi.ma quella del PSI non era storica,perchè negli anni precedenti aveva trovato sazietà.Ed a tale rinfrescamento di memoria vorrei ricordare che nell’altare” dell’autonomia partitica”di cui si parla mentre si annovera il collateralismo al pentapartito,forse i maggiori danni all’Italia sono venuti da quei governi Craxi-Forlani da cui è emersa la caduta della prima repubblica.Il Cavaliere viene da quello e dall’uso di tali prodotti.Il detto ”divide et impera” coniato col centro-sinistra ha oggi assunto la congiunzione degli anelli della catena Renzi-Alfano,tanto per non dimenticare.Mi fa specie che la gente s’incazzi.Sarò di parte ma la memoria è proprio poca.

  8. luciano fiorani scrive:

    Leggendo il libro di Marco Lorenzoni è inevitabile, per quelli della nostra generazione, fare i conti non solo con la storia ma anche con i ricordi. Perchè si parla di come è stato vissuto il periodo del terrorismo da queste parti e di molti di noi che avevano vent’anni o giù di lì.
    Nessuna nostalgia politica. Più di una invece per l’età e per compagni e amici che il tempo ha disperso.
    Paralleli con la situazione politica attuale e con i vent’enni di oggi non credo siano proponibili.
    Certo, ci sono sempre quelle tre paroline, che ricorda Battilana, che ancora aspettano di diventare quotidianità.

  9. enzo sorbera scrive:

    A Lilliput anche un nano può sembrare gigantesco. Non ho mai apprezzato Berlinguer e non perché non fosse trendy. L’eurocomunismo berlingueriano era di fatto un intrico di contraddizioni tra la sirena del collateralismo al pentapartito di allora e i richiami alla necessità di “aggiornamento” di una tradizione di classe vissuta ormai come un retaggio del passato. Non mitizziamo un PCI che stava investendo nelle cooperative e nelle assicurazioni, si stava facendo azionista di spa e conquistando fette di mercato bancario. Le lacerazioni erano evidenti, ma molti facevano finta di niente, proprio come ora.

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