Come rispondere al male oscuro di Chiusi

di Marco Nasorri

In un recente intervento sul blog Marco Fè ha parlato del “male oscuro” di Chiusi, che non consente alla città di valorizzare le tante risorse che possiede e fare quel salto di qualità sul piano turistico che, invece, altre realtà vicine sembrano aver fatto negli ultimi anni.

La questione merita una riflessione. Diciamo, in premessa che ai chiusini l’erba del vicino appare sempre più verde. Tuttavia, il divario, tra il ricco patrimonio storico e archeologico, una tradizione culturale originale e le deboli ricadute turistiche sono un dato oggettivo.

Le ragioni non sono semplici da definire. Concordo che in parte possano risiedere nella nostra incapacità a pensare in grande e nel non riuscire a convergere verso un’unità d’intenti.

A queste considerazioni aggiungerei che Chiusi, nelle sue tante componenti, non ha maturato, fino in fondo, la convinzione che il turismo possa diventare un motore trainante del proprio sviluppo. Più complessivamente direi che si fatica a progettare con determinazione il futuro in una visione di lungo periodo.

Non riesce a farlo, come sarebbe necessario, la politica locale che si è persa nel marasma generale e nella crisi dei partiti. Ormai si amministra la cosa pubblica e poco più. Non c’è la spinta forte delle categorie economiche e sociali che con le loro organizzazioni svolgono, per lo più, funzioni burocratiche e subiscono le difficoltà della crisi.

Più vivace, appare il sistema associativo. Oggi, tuttavia, anch’esso si limita a vivere e gestire il proprio presente. E’ dai tempi del gruppo archeologico, della nascita della Pubblica Assistenza, del fervore dei Semi d’arte, della sensibilità ambientalista del Gruppo Tutela Ambientale che non c’è un impegno predominante nella costruzione di idee e prospettive rivolte al futuro.

Non credo di offendere nessuno se dico che, le tante articolazioni della nostra realtà, appaiono spesso autoreferenziali; dinamiche nel gestire i propri spazi, ma poco inclini a mettersi a disposizione per una progettualità condivisa dall’intera città. Ci sono ovviamente delle eccezioni, ma in larga parte mi sembra che sia così. Manca forse un soggetto riconosciuto, capace di assumere un ruolo guida, in un processo che mette in stretta relazione idee, risorse, potenzialità, competenze. Non so se Chiusi premia la mediocrità, soffrendo d’invidia come sosteneva Loris Scricciolo, certamente hanno un peso i personalismi, il particolarismo a scapito di una vera cultura del fare sistema.

Infine, un’altra constatazione: la difficoltà a dare continuità alle cose, alle intuizioni che sono state negli anni bene o male messe in campo. Ognuno ha sempre voluto caratterizzare il proprio ruolo, il proprio lavoro, la propria presenza, mettendo in soffitta ciò che era stato fatto in precedenza.

Molto spesso è stato azzerato tutto, per ricominciare da capo. Questo non ha dato continuità, né consentito la crescita di esperienze e iniziative che sono così rimaste inespresse. Ci siamo inventati di continuo cose nuove, spesso lontane dalla nostra storia, dalle nostre vocazioni, finendo per non riuscire a caratterizzarci in modo forte. Spesso ci siamo avvicinati all’omologazione che non è un indice di qualità.

Molte iniziative, tanti eventi e feste che si ripetono uguali in ogni paese non segnano l’identità di una città. E, senza dare riconoscibilità e valore all’identità di un paese non si crea interesse culturale, né movimento turistico. Chiusi nel mondo è conosciuto per la sua storia etrusca. Proviamo a ripartire da lì. Se poi pensiamo che tanto sono solo “coccini”, allora i problemi sono più complicati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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2 risposte a Come rispondere al male oscuro di Chiusi

  1. Bell’articolo, quello del Nasorri e ‘giusto’, ma io rimango della mia idea. Il parcheggio libero, alle scuole del vecchio Campo della Fiera, era stato cominciato ad essere frequentato dai campers, stavano li un paio di giorni e poi erano sostituiti da altri. Un pò di gente a Chiusi c’era. E’ stato deciso di mettere il cartello con scritto 4 ore di sosta. Rifiuto di credere che qualsiasi persona non sia riuscita a capire che ciò avrebbe portato alla scomparsa dei campers, cosa puntualmente avvenuta. Uno dei tanti esempi per cui, secondo me, Chiusi DEVE rimanere chiusa, a prescindere.

  2. carlo sacco scrive:

    Trovo l’intervento di Nasorri frutto di una giusta riflessione, pacata ma incontestabile. Anche la fine del Post esprime un auspicio ed una volontà insieme ma a questa occorre-e senza voli pindarici-frapporre una diversa visione dei percorsi atta a sviluppare un insieme fruttuoso da poter costruire che sappia fruire delle ricchezze e delle eccellenze che Chiusi contiene.Credo sia tempo di non ripercorrere strade già battute che come si è visto sono asfittiche ma di affidare tale promozione ad un organismo slegato dalla politica ma dove ci ”zuppino” eccellenze sia di carattere organizzativo e promozionale ma soprattutto di contenuto culturale.Dal momento che viviamo in tempi nei quali le energie economiche sono date col contagocce occorre secondo me ”sciogliere i cani” e non basarsi sul solito ed inveterato viatico di capisaldi che non da adesso hanno dispensato a destra ed a manca rivoli di soldi verso iniziative di sodalizi ed associazioni che hanno a che fare direttamente con la politica e con le chiese,fornendo così una insuperabile barriera di contenimento.Se si continua su tale terreno non se ne esce.Tale macchina produce visibilità solo verso i soliti noti eppoi anche scarsa.Gli altri paesi con una progressione lenta ma costante ci sono rusciti,ma chi decide deve avere conoscenza dei problemi e sia soprattutto slegato dalla politica.

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