Potrebbe fare di più……

di Rosa Iannuzzi

Il giorno del ricevimento dei genitori, nella scuola frequentata dal proprio figlio, è sicuramente un giorno infausto: per i ragazzi che sanno che dopo quel giorno si prospettano ramanzine, arrabbiature e nel peggiore dei casi “punizioni”; per gli insegnanti nella prospettiva drammatica di trascorrere circa dodici ore, dopo le canoniche ore di lezione, all’interno del proprio luogo di lavoro e per i genitori la cui sensazione di aver fallito lungo tutta la linea – come genitori, come educatori, come esseri umani – aumenta in maniera esponenziale con l’aumentare delle file, con il passare delle ore.

Tutto ha inizio pochi giorni prima della data segnata in rosso sul calendario, lacrime e sangue di un percorso scolastico perennemente in salita. “Allora c’è qualcosa che dovresti dirmi prima di incontrare i tuoi insegnanti?” Mai fare queste domande mentre si è a tavola, perché se la risposta è positiva forse in qualche modo si può riuscire ad arrivare alla frutta. Ma se il silenzio persiste, allora quel boccone di cotoletta resta maledettamente a metà dell’esofago e non va né sù, né giù. Attanagliati dal tentativo di giustificare il silenzio di vostro figlio, ipotizzando che “magari sì non va tanto bene, ma ce la sta mettendo tutta per migliorare”.

Ogni pia illusione si infrange contro la porta del primo insegnante con il quale vi trovate a confronto, nel fatidico giorno. Se siete fortunati vi verrà detto che il vostro ragazzo è molto intelligente, ma non si applica abbastanza. Che vi aspettate da lui che maturi e che la smetta di chiacchierare e ridere tutto il tempo durante l’ora di lezione. Ma soprattutto che non si faccia trascinare dai compagni, perché se seguisse in classe sicuramente sarebbe a metà dell’opera. All’uscita dal terzo confronto con l’insegnante che vi ripete le stesse cose, cominciate a guardarvi intorno cercando un appiglio, uno sguardo consolatore. Ma la platea che avete davanti è così sfuggente, che difficilmente troverete conforto.

Se poi riuscirete a distaccarvi dal conflitto interiore, che vi vuole madre nella difesa estrema del valore del vostro ragazzo – “ ma non stanno parlando di mio figlio, di quel ragazzino che la sera voleva che gli leggessi la storia e che si incantava con me a giocare con le costruzioni” – ma che vi rende consapevoli del fatto che quel bambino non esista più, ed è rimasto solo nella vostra memoria; se riuscirete quindi a prendere le distanze dalla situazione che state vivendo, vedrete accanto a voi, scivolare insieme a voi, un esercito silenzioso di uomini e donne che, mesti, si spostano da una stanza all’altra, da un piano all’altro e che sconfitti portano con sé i segni di una battaglia che non è mai ad armi pari.

Quello che vi ho appena raccontato – con enfasi e con ironia – riguarda uno stato d’animo, una sensazione predominante di inadeguatezza. Per fortuna prevalgono i pareri positivi durante i colloqui dei miei figli – dove per positività non intendo esclusivamente il profitto scolastico – ma ogni volta che torno dai colloqui sento il senso di una sconfitta. Eppure riconosco il valore e la passione di molti insegnanti incontrati in questi anni, durante il percorso scolastico dei miei ragazzi. Riconosco la capacità di alcuni dirigenti di portare avanti progetti formativi, nonostante i tagli e nonostante il disinteresse da parte del nostro Stato nei confronti della scuola. Però mentre riusciamo a mettere in luce, anche se mai abbastanza, il valore dei nostricervelli, di tutti quei ragazzi che brillantemente ottengono ottimi risultati e si trovano costretti a cercare lavoro all’estero, mi chiedo che fine fanno le centinaia di ragazzi che invece abbandonano la scuola e che non riescono a comprendere il valore di un sistema educativo, che se pur traballante e monco, resiste a tutti gli attacchi. Perché è solo all’interno di questo percorso (il percorso scolastico delle medie inferiori e superiori) che hanno l’opportunità di entrare in contatto con un sapere che mai più avranno occasione di incontrare (per mancanza di opportunità, di curiosità, di interesse). Quindi la domanda che metto in campo nella discussione riguarda il perché la scuola non riesca a raggiungere questi ragazzi? perché non riesca ad avvicinarli, a incuriosirli? Che cosa occorre mettere in campo affinché possa rinnovarsi il patto tra famiglie, studenti ed istituzione scolastica, che permetta ai nostri ragazzi di crescere e diventare i nuovi cittadini del domani? E’ solo un problema di nuovi linguaggi? E’ un problema di incapacità comunicativa o di analfabetismo emotivo? Io chiaramente non ho risposte, ma credo che tutti dovremmo impegnarci a cercare nuove risposte. Affinché non si perda l’opportunità di riavvicinare ragazzi che hanno saperi che non sappiamo riconoscere.

 

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3 risposte a Potrebbe fare di più……

  1. luciano fiorani scrive:

    E’ vero quello che segnala Roberto (Donatelli). Una volta i genitori erano schierati compatti dalla parte dell’istituzione (la scuola), oggi, generalmente sono a difesa dei figli.
    Due eccessi e due segni dei tempi.

  2. C’è una vignetta che ha fatto il giro del net. non molto tempo fa; due genitori davanti alla maestra che con la pagella in mano dicono al loro figlioletto: “ma che razza di voti sono questi?”. La stessa scenetta si ripete, ma con una diferenza; questa volta i genitori rivolgono la domanda alla maestra, non al figlioletto. Le due scenette portano, in alto, la data del 1969 la prima e del 2000 l’altra.
    Forse la spiegazione è tutta li. Per la cause di questo cambiamento è tutto un altro discorso.

  3. luciano fiorani scrive:

    Da un pezzo ho smesso di andare al “ricevimento dei genitori”. I motivi sono diversi; dal cerimoniale barbaro con file che si protraggono fino al tramonto alla sostanza dello scambio di impressioni con gli insegnanti che vanno dal rendimento scolastico alla personalità del ragazzo.
    La sensazione con cui spessissimo sono tornato a casa è quella di aver perso tempo ad ascoltare cose che già sapevo. E spesso ho ripensato a quando erano i miei genitori a sottoporsi pazientemente (come erano stati abituati) a quel supplizio.
    L’impressione che ho sempre avuto è che la scuola sia fondamentalmente un ambiente “altro”, impermeabile alla vita reale che scorre fuori dai suoi recinti; anche se è in quello spazio che di solito avvengono i primi turbamenti amorosi e le prime amicizie vere.
    Forse mi sbaglio, per carità, e penso che non tutti condividano queste sensazioni però, è inutile nascondercelo, malgrado l’impegno di chi nella scuola lavora e dei ragazzi i risultati sono miserrimi.

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