Kodak addio. E’ la fine di un’epoca

di Carlo Sacco

E’ definitivamente finita un era! Qualche giorno addietro una notizia, quantomeno attesa, ha fatto il giro del mondo: La Kodak ha fatto fallimento!

La storica azienda americana che ha prodotto miliardi di pellicole fotografiche e che è stata leader nel mondo della fotografia e dei suoi derivati ha cessato la propria attività, sommersa dai debiti provocati soprattutto da una conduzione aziendale che non ha saputo adeguarsi ai nuovi livelli del digitale, diversificando in modo insufficiente la propria produzione, barcamenandosi appunto fra il vecchio sistema analogico e il digitale ormai dilagante.

Il colpo fatale gli è stato inferto sul suo stesso terreno e cioè la copertura di uno spazio troppo grande riguardante il connesso primario analogico che in un’epoca di stravolgimento dell’esistente non è riuscita a gestire ed indirizzare. Ora dovremo fare senza la casa che è stata la sorgente e che ha caratterizzato la produzione dell’immagine fino ai giorni nostri.

Altre case invece stanno prosperando ed allargando il loro mercato tipo la Fuji mentre altre più piccole o sono scomparse o per sopravvivere si sono dovute mettere a cartello, assumendo nomi nuovi. La diversificazione dei prodotti che aveva la casa di Rochester quando era al culmine espansivo era davvero impressionante e non esisteva professionista o dilettante che non usava quel marchio sia nei film sia nelle pellicole piane che sostituirono le lastre di vetro degli anni 50′ e 60′.

La storia della fotografia è passata ed è stata segnata da George Eastman che riuscì in poco tempo a metter su un impero. Sono circa 70.000 i dipendenti dovranno cercarsi un nuovo lavoro senza considerare quelli dell’indotto (fabbricazione dei prodotti chimici, oggettistica derivata ecc…).

L’ultimo rullino della famosa Kodachrome è stato donato simbolicamente a Steve Mc Curry il famoso fotografo del National Geographic. Quello che ha ritratto il famoso volto di Sharbat Gula la profuga afgana dagli occhi verde ghiaccio, ritrovata in un villaggio del Pakistan dopo 25 anni e che ha fatto il giro del mondo.

Da adesso in poi le immagini dei fotoreporter che hanno fotografato le guerre del Vietnam, dell’Africa decolonizzata e dell’America Latina saranno cimeli da conservare, destinati ad aumentare di valore negli archivi fotografici di tutto il mondo.

Il digitale impera sovrano, ma il processo chimico che sta alla base della fotografia -secondo me- è un ”qualcosa di diverso” che non è e non sarà sostituibile, almeno nelle forme in cui si è realizzato ed è stato usato fino ad oggi. Le nuove stampanti a getto d’inchiostro pur coprendo un campo sempre più largo della veridicità rappresentativa dell’immagine non arrivano a rappresentare tutte le sfumature e gradazioni della gamma di colori come è stato fatto dalle pellicole e dalla stampa delle carte fotografiche.

Il digitale è altra cosa, molto più adattabile alle esigenze e agli usi della modernità globale fino al punto che uno scatto dopo pochi secondi che è stato eseguito può raggiungere l’altra parte del mondo dando inizio ad un processo che non ha paragoni in termini di rapidità, di comodità e di divulgazione pubblica.

Forse rimarranno, in un vicino futuro, settori di produzione specifici per amanti della fotografia dove verranno usati tipologie di prodotti per una ristretta ”nicchia di amatori” dal costo inverosimile e senz’altro non più alla portata di tutti. Internet ed ebay incomincano ad essere pieni di vendite di apparati completi di sviluppo e stampa ormai obsoleti, perfettamente funzionanti ma inutili dal punto di vista economico.

E’ la potenza del progresso tecnologico che applicato all’economia scardina il passato ma tutto questo -diciamolo pure- se vogliamo, riveste anche un carattere di tristezza e dà il segno a tutti che muore anche parte di una cultura che ha fatto parte di tutti noi, sostituita da una novità che a sua volta è destinata a sparire in maniera molto più veloce e indolore sotto l’indifferenza di tutti che ormai ne sono stati assuefatti e ritengono cosa normale e inevitabile che così debba essere.

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8 risposte a Kodak addio. E’ la fine di un’epoca

  1. carlo sacco scrive:

    Grazie per il ” bravo fotografo”Mauro ma sono solo stato un fortunato in questo spaccato di vita perchè ho avuto le possibilità di inseguire un sogno,che sogno poi tale è rimasto, poichè ho fatto altro nella vita,ma per me è stata una grossa valvola di sfogo che mi ha consentito di riequilibrare molti aspetti che forse non sarebbero stati proprio in equilibrio.Comunque sia ormai è acqua passata ma è acqua che ha determinato anche una formazione di ricerca sulla fotografia di reportage che ha anche molto condizionato il mio modo di pensare, e per certi aspetti mi ha dato anche un equilibrio nella quotidianità soprattutto al cospetto e confronto con la scena internazionale che ho percorso legata a questo tipo di lavoro e di ricerca…Il problema del digitale fatto professionalmente è anche oggi un problema di costi in una realtà globale,dove tutti si sentono ed ambiscono ad essere ” attori ” e come in ogni altra cosa se affronti il problema in maniera professionale-almeno per certe branche di fotografia-diventa uno status altamente selezionante e pochi sopravvivono indipendentemente dalle capacità che possiedono.E’ un ”deja vu” ma tutto questo fa capire che viviamo in un sistema che purtroppo non fa esprimere potenzialità contenute nelle persone e molti divengono frustrati perchè puntano tutte le loro energie su un obbiettivo finale che poi stenta a realizzarsi.Comunque Steve Mc Curry è un grande! Il cut dei 1400 carattteri mi impone di continuare con un altro articolo su di lui.

  2. mauro cattini scrive:

    Caro Carlo, hai ragione la magia delle foto Kodakrome è morta con l’ultimo rullino scattato da Mc Curry. Tra l’altro gli scatti di quell’ultimo rullino sono stati documentati dal National Geographic e sono una cosa meravigliosa. Però da informatico della prima ora ti dico che l’evoluzione del digitale non è chiusa. Ho acquistato la prima macchinetta una quindicina di anni fa e faceva delle foto improponibili, l’ombra di quelle che puoi scattare oggi con una digitale di fascia alta. La kodakrome era l’evoluzione di una storia che partiva dai dagherrotipi; vedrai che tra pochissimi anni non sarà più possibile distinguere tra foto analogiche e digitali, senza considerare che effettivamente la foto digitale può arrivare dall’altra parte del mondo, come dici tu, in tempo reale.
    La nuova D4 Nikon ha 16,2 mp ad alta risoluzione e 12.000 iso. Tra poco usciranno macchine con il doppio di potenza e le differenze spariranno come già stanno sparendo in fase di stampa con otto inchiostri ed un magenta che imita sempre di più il Kodak. Un bravo fotografo come te deve ‘precorrere’ i tempi!!!
    Un abbraccio Mauro.

  3. carlo sacco scrive:

    Grazie dell’augurio Paolo(Scattoni)di riuscire a produrre ancora immagini su pellicola ma ti garantisco che non sarà facile.Esiste una gamma ridotta di pellicole ancora reperibili sul mercato e per ”pochi intimi”, che sono le pellicole in genere provenienti dall’ex est europa e di fabbricazione industriale sì, ma di composizione di base ed assemblaggio quasi artigianale, nel senso che sono qualitativamente più cariche di nitrato d’argento ed altri componenti sull’emulsione. Questo fatto tendenzialmente aumenta la qualità della resa ma non è facile reperirne i prodotti per lo sviluppo e comunque sono tutte destinate a morire purtroppo.L’archivio della The Face of Asia(www.thefaceofasia.org ) possiede invece molte lastre di vetro antecedenti alle pellicole piane dalla metà del 1800 sino agli anni ’60 del 1900 in parte fattte da mio padre e da Solismo Sacco(mio zio)ed altre relative ai primi fotografi che fotografavano l’Asia e l’Africa e che potrebbero essere scannerizzate e stampate in ”Fine Art” su carta cotone con inchiostri a pigmenti di carbone ,ma ci vorrebbe un portafoglio come un ”organetto”….

  4. pscattoni scrive:

    Sin dall’epoca delle caverne l’uomo ha cercatio di riprodurre graficamente la realtà in cui vive. Le tecniche sono state diverse dai graffiti appunto, all’affresco, alla tela e molto più recentemente alla fotografia. Per fortuna ciascuno di questi stili è coesistito con i precedenti. Quindi Carlo continuerà a regalarci le sue bellissime opere realizzate con le pellicole e sviluppate in camera oscura.
    FRa i maestri della fotografia stiamo assistendo al dibattito, e continuerà a lungo, se è meglio la tecnica vecchia o la nuova. Secondo me è una discussione inutile perché sono semplicemente due modi diversi di rappresentazione come lo è il dipinto dalla fotografia.
    Una sola piccola nota. Il digitale permetterà a molte più persone di accedere alla tecnica della rappresentazione grafica della realtà (perché di questo si tratta) e magari qualche ragazzo pachistano riuscirà a riprodurre il volto della “sua” Sharbat Gula in maniera altrettanto emozionante. In maniera diversa, ma altrettanto coinvolgente.

  5. carlo sacco scrive:

    Caro Paolo (Giglioni), capisco bene la tua nostalgia e da cosa derivi ed ogni cosa ed ogni nome e marca contenuti nel tuo intervento me li ricordo benissimo tutti ! D’altra parte dobbiamo prendere atto che il tempo passa velocemente ma che con il suo passaggio interi edifici vengono demoliti. E’ la ricerca scientifica sulla quale poi si applica la commercializzazione dei prodotti, che vuol dire anche assuefazione dei mercati e delle menti dei consumatori.In definitiva a questa spinta in avanti molte cose si perdono ma molte altre si acquisiscono.Trovo giustissima la tua riflessione che induce a sapere ed a dover conservare quella che questo modo di fotografare ha sviluppato nelle persone e che è in definitiva LA NON RINUNCIA ALL’EMOZIONE ! Vuoi mettere quella sensazione
    che scaturisce nel buio della Camera Oscura quando pian piano si formano le immagini dagli acidi dell sviluppo e che tu hai deciso di far diventare nel modo e nei termini che hai voluto ? E’ una creatività assoluta ed una libertà che ti fà spaziare e muovere il cervello.
    Tutto questo dovrebbe in qualche modo-come dici tu- essere tutelato, preservato, usato per la nostra memoria affinchè chi verrà dopo di noi sappia che in quei risultati che in quel momento potrà osservare dietro un ” urna di vetro” usata a protezione quasi a poter conservare un reperto archeologico, c’è dietro una serie di meccanismi di linee per punto, di acidi, di temperature e giuochi di luce combinati insieme ed irripetibili.Ai giovani d’oggi che osserveranno le stampe in digitale fra qualche anno , cosa rimarrà : I PIXEL ? Forse neanche quelli….

  6. Mauro Bischeri scrive:

    Che botta di nostalgia!
    io ho iniziato a fare riprese in super 8 con pellicole kodak nel 1977 , quelle famose pellicole in bobine da 5 minuti ,costosissime, che andavano poi sviluppate e poi montate con forbici e scotch ….dalla ripresa al prodotto finito passavano mesi! Oggi tutto questo è impensabile, ma il passato non si dimentica,;io stò restaurando i miei vecchi filmati per poi condividerli su youtube: uno di questi è la Coppa Bologna del 1980 a Montallese di cui allego il link: prima parte http://youtu.be/9up_-zoepK4 e seconda parte http://youtu.be/JUusg1V5YLU

  7. marco lorenzoni scrive:

    Quando ho letto la notizia che la Kodak ha portato i libri in tribunale… ho pensato proprio a te, così come quando uscì la notizia – non molto tempo fa – che la stessa Kodak smetteva di produrre i vecchi rullini…
    E ora come fa il nostro Carlos, mi domandavo? come fa un incallito amante della fotografia analogica (si dice così?) a lavorare senza i famosissimi Kodachrome? La risposta è la conversione obbligata al digitale. Le foto saranno belle lo stesso. Ma certo è che è finita un’era, che anche questo è un segnale dei tempi che cambiano e anche i fotografi, pure i più grandi, devono cambiare sistema di produzione…
    Una salva di fucile (metaforica), per salutare la gloriosa Kodak che non c’è più…

  8. Paolo Giglioni scrive:

    Lo so che sei un professionista della fotografia, per cui rispetto la competenza e non aggiungo più di tanto !
    Chi è della nostra generazione e di quelle precedenti che non ha usato pellicole o macchine fotografiche Kodak !
    La mia prima macchina fotografica è stata una piccola compatta Kodak, utilizzata la prima volta,quando i miei genitori mi portarono alla Città della Domenica di Perugia ! Mi ricordo la risposta nazionale alla Kodak, era rappresentata dalla Ferrania con quelle cineprese pubblicizzate con un volto di donna ! C’era l’attesa dello sviluppo delle foto, per confrontarsi prima con il fotografo che dava buoni consigli e poi in casa per raccontarci dei momenti vissuti insieme ! Poi più grande, mi comprai la Praktica Reflex manuale con l’obiettivo da 50 , perchè la più economica, per imparare meglio, come avevo letto in un libretto edito da L’Unità di Wladimiro Settimelli e poi perchè le macchine dell’est socialista venivano considerate un cult. Adesso con il digitale faccio prima e molto spesso non utilizzo più la vecchia reflex manuale (YASHICA) con l’esposimetro incluso, ora è tutto automatico e qui si perde la voglia di studiare, di approfondire il gioco di luci, gli obiettivi da utilizzare(il grand’angolo, il 130 da comprare a buon prezzo per Natale !). Ci sarà sempre quella curiosità di entrare in una camera oscura, come in una scatola magica, con l’idea di farla in casa , in bagno con il rischio che entrasse qualcuno all’improvviso e ti rovinasse tutto ! Non so. la fotografia è un’arte ed avrebbe bisogno come gli altri mestieri di essere tutelata, come quando si lavora il vino ! Scusa la nostalgia !

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