La battaglia di Chiusi

di Fulvio Barni

Due giorni dopo l’ingresso delle truppe alleate a Roma, cominciò la grande ritirata germanica verso il nord Italia. I primi colpi di cannone si fecero sentire a Chiusi l’11 giugno 1944.

Erano ben visibili gli scoppi dei proiettili e il fumo delle granate sulle strade che da Orvieto e Perugia portano a Città della Pieve I reparti di guastatori tedeschi intanto avevano già compiuto opera di distruzione alla stazione ferroviaria, facendo saltare posti di blocco, cabine elettriche e ponti, ancora non danneggiati dai bombardamenti aerei del 21 novembre 1943 e del 11 aprile 1944. I tedeschi piazzarono nel centro storico cannoni, mitragliatrici e carri armati in posizione strategica verso Chiusi scalo. Alcune mine furono collocate nell’incrocio di via Marconi con via Cassia Aurelia e all’ingresso del paese, sotto la porta San Pietro, per farle saltare al momento opportuno ed ostacolare l’eventuale avanzata delle truppe alleate.

Per questo, diverse case attigue a questi luoghi furono fatte sfollare. Molte vie del paese furono minate, con grave pericolo per la popolazione. Tutto faceva pensare che la città stesse per divenire scenario di una sanguinosa battaglia. Il giorno 16 alcune granate colpirono Chiusi e più precisamente la chiesa di San Francesco e la fortezza, dove i tedeschi avevano posto alcune mitragliatrici. Il giorno 17, la cittadinanza cominciò a sfollare verso la campagna. Le mine poste sotto le case al Leon d’Oro sono fatte saltare. Il 18 mattina cominciò un grosso cannoneggiamento.

I soldati tedeschi intimarono alla popolazione rimasta in paese, anche a quelli sistemati nei rifugi, di allontanarsi al più presto. Le loro intenzioni si potevano ben intuire: restare padroni e saccheggiare quanto più potevano prima di lasciare la città. Entravano all’interno delle case, dei negozi, dei magazzini, prendendo tutto quello che poteva loro servire, distruggendo il resto. La quasi totalità della cittadinanza trovò ospitalità nelle case coloniche della zona del lago, di Montevenere e in molte grotte appena fuori città, ma, nonostante questo, non rimase immune dalla morte e dalla distruzione. Tra il 19 ed il 23 giugno più di cento civili restarono uccisi. Intanto, la notte del 19, sotto una pioggia scrosciante, ci fu da parte degli alleati un primo tentativo di ricognizione all’interno della città. Il Lgt. Richard Kim, della XI armata, mandò una compagnia dalla zona di Fabro verso Chiusi, per rendersi conto della situazione. Nessun soldato tedesco fu incontrato per la strada, solo pioggia e tanto fango.

Alle prime luci dell’alba del giorno 20, arrivarono all’altezza dello scalo ferroviario, ma anche lì non scorsero nessun nemico, solo rovine e macerie. Cominciarono allora a risalire la collina e arrivarono sulla cima dove era situato il vecchio paese. Si addentrarono per le strette strade, rovistarono case e scantinati senza sparare nessun colpo. Sembrava proprio che i tedeschi si fossero ritirati, ed infatti così era. A mezzogiorno la compagnia ridiscese verso lo scalo, lasciando sul luogo soltanto una postazione. Intanto continuavano senza sosta i cannoneggiamenti degli alleati. Una seconda compagnia della divisione sudafricana arrivò a Chiusi scalo e avanzò subito verso il paese vecchio, attestandosi nei pressi di porta San Pietro (oggi sede AUSER e albergo la Sfinge).

Nottetempo, i soldati tedeschi che avevano abbandonato la città, tornarono indietro e la occuparono di nuovo. Il giorno 21, fin dalle prime ore del mattino, gli scoppi delle granate delle artiglierie anglo-americane, piazzate sulle colline sopra Po’ Bandino e Moiano a est, di Montorio e Ficomontano a sud e sull’altipiano di Sarteano a ovest, si moltiplicarono in maniera inaudita: sembrava un inferno. Le belle vetrate della Cattedrale di San Secondiano cominciarono a tremare ed in pochi minuti andarono in frantumi. I tedeschi rispondevano da Chiusi con mitragliatrici e cannoni di piccolo calibro piazzati in via Garibaldi, al campo della fiera (oggi scuole medie), al Prato (piazza Vittorio Veneto) e alla Fortezza, oltre ad alcuni carri armati che facevano la spola dal Teatro a piazza del Duomo e all’Olivazzo.

Il bombardamento andò avanti incessante, tutto il giorno e la notte, salvo brevissimi intervalli. Sul fronte di Chiusi stavano combattendo per i tedeschi la Divisione Goering e la Divisione Paracadutisti, mentre per le forze alleate, le Divisioni Sud- Africana, Internazionale, Marocchina, Canadese ed Inglese. Nella notte fra il 21 e 22 una compagnia della divisione Sudafricana fu mandata alla conquista della città. Un plotone era al comando del Maggiore Bartlett, l’altro del Capitano Carnac. Raggiunsero Chiusi sotto un furioso fuoco di sbarramento della loro stessa artiglieria e si attestarono all’interno del teatro Mascagni. Da lì a poco ebbe inizio un tremendo combattimento con il nemico che, per la ferocia degli scontri tra le opposte fazioni, tutte le memorie scritte del secondo conflitto mondiale la citano come: “la battaglia di Chiusi”.

La mattina del 22, i pochi abitanti rimasti in paese videro la cupola del campanile squarciata e la campana di Santa Mustiola che non era più al suo posto. Il teatro devastato e pieno di cadaveri, in grandissima parte di soldati sudafricani. La distruzione regnava sovrana in tutto il paese.  Il giorno 23 ci furono molte vittime tra i civili, quasi tutte per mano tedesca, tra cui l’allora portiere dell’ospedale schiacciato, volutamente, contro un muro in via Porsenna, da un carro armato tedesco. I giorni 24 e 25 trascorsero tra rari scoppi di granate da ambo le parti. Il via vai continuo di automezzi tedeschi faceva presagire che l’abbandono di Chiusi, da parte delle forze germaniche, era iniziato e che le truppe alleate erano già nelle vicinanze della città.

Verso l’una di notte del 26, un grande e terrificante boato squassò tutta la collina e la città parve sussultare come in balìa di un gran terremoto: i tedeschi in fuga avevano fatto saltare la grossa mina collocata il giorno 11 sotto Porta San Pietro. Della vecchia porta e delle case adiacenti non rimaneva che un enorme cumulo di macerie fumanti.

Quello fu l’ultimo gesto criminale dei tedeschi in fuga. Il martirio della città cessò il 26 giugno 1944. Chiusi era stata liberata.

*Foto Archivio the Face of Asia

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