Capire le radici del declino di Chiusi

di Paolo Scattoni

Anche su chiusiblog si è scritto sul declino del nostro comune, che alcuni si intestardiscono a negare. Invece è necessario farlo, cercando anche di spiegarne le radici. Personalmente ci ho provato, ma senza grande successo, tento di nuovo.

Se a Chiusi ci fosse un’impresa che occupa più di cinquecento addetti, verrebbe considerata uno degli assi portanti dell’economia locale. Ebbene questa ipotetica impresa c’era. Ora però non c’è più. Si tratta dei dipendenti delle Ferrovie dello Stato con buoni stipendi. A Chiusi c’erano il deposito macchine e il deposito personale viaggiante. Il primo è stato progressivamente depotenziato fino alla chiusura una decine di anni fa, il secondo contava circa duecento ferrovieri e adesso una cinquantina.

Ecco una delle radici del declino passare da cinquecento a cinquanta.

C’era un’altra impresa importante in zona. Si chiamava stagione a Chianciano. Anche se occupava per pochi mesi all’anno, la cosiddetta “stagione a Chianciano” non c’è più a causa della crisi irreversibile del termalismo.

Erano due fonti importanti di reddito che determinavano risparmio, depositato principalmente nella banca locale. Quei risparmi erano per una parte consistente indirizzati al “mattone”, visto come bene rifugio che non perde valore.

Quel modello non funziona più da quasi quarant’anni. Ma non se n’è preso atto. La crisi è stata per troppo tempo percepita come congiunturale e si è cercato di ovviare con investimenti in opere pubbliche ai tempi d’oro dei contributi della Fondazione Monte dei Paschi. Alcune di quelle opere si sono dimostrate utili come ad esempio la ristrutturazione delle scuole elementari di Chiusi Scalo altre molto meno come la costruzione della gigantesca pensilina della stazione.

Negli ultimi quindici anni si è tentato di insistere su quella strategia, ma senza effetti significativi.

Il declino che era nelle cose, è continuato  ed oggi tutti (meno il sindaco) possono constatarlo guardando ai dati della drastica decrescita della popolazione, della continua chiusura di negozi, impoverimento dei servizi e  così via.

Sono ormai poche le imprese che hanno un ruolo per produzione o servizi per un territorio più vasto. C’è la Vivai Margheriti, la Plan, la SICE e poco più.

Una strategia per arginare il declino è ancora possibile, ma non certo negando la realtà. Fare di Chiusi un centro per il trattamento di rifiuti (leggi ACEA e affini) non è un’alternativa accettabile e nemmeno efficace.

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Una risposta a Capire le radici del declino di Chiusi

  1. Luca Scaramelli scrive:

    E c’è ancora chi afferma che amministrare un comune significhi fare i marciapiede e le rotonde o l’illuminazione pubblica e che per il futuro sono importanti i lavori di manutenzione. Lancio un grido di allarme, il futuro delle giovani generazioni non può essere in mano ad amministrazioni di questo tipo, ci sono persone e competenze tenute da sempre ai margini, che possono disegnare il futuro di Chiusi, non possiamo più pensare di dover rimanere prigionieri di questa situazione.

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