Nell’ultimo Consiglio comunale la consigliera Pd, Sara Marchini, ha presentato una mozione che, traendo lo spunto dai drammatici fatti di Lampedusa, esprimesse il sentire della nostra comunità sulla questione dell’immigrazione clandestina e su tutto ciò che comporta e gli ruota attorno.
La mozione non è stata discussa; è stata rinviata al prossimo Consiglio su richiesta della Primavera che si è detta favorevole ma che su questo tema voleva portare anche il suo contributo per arrivare magari ad una mozione condivisa.
Il tema dell’immigrazione, frutto avvelenato della globalizzazione, interroga le nostre coscienze prima che i nostri convincimenti politici.
Premesso che reputo, da sempre, odioso infierire sui più deboli e indifesi voglio fare qualche considerazione strettamente personale.
La “politica” si è divertita in questi giorni a giocare sul “reato di clandestinità” limitandosi, ben spalleggiata dagli organi di informazione, a porre il questito: cancellarlo o no? Non ho sentito argomentazioni ragionevoli ma solo slogan “buonisti” o “feroci”.
Nessuno si è degnato di spiegare cosa sia e cosa comporta. La maggior parte degli italiani, come su tanti altri argomenti, non ha la più pallida idea di cosa si parla (eppure basterebbe poco per informarsi), ma tutti hanno maturato la propria convinzione, a favore o contro, in base alla propaganda che più gli aggrada.
Dico subito che il “reato di clandestinità”, a mio avviso, va mantenuto come misura amministrativa, con possibile espulsione per lo straniero clandestino.
Non ritengo cioè ammissibile che si possa consentire l’ingresso in Italia (o in Europa, se si vuole allargare l’ambito) senza alcun documento.
In attesa dell’abolizione di tutti i confini nazionali, quando saremo tutti cittadini di questa terra soggetti a un’unico governo e con regole valide per tutti, è giusto che ci siano leggi che gli stati (o comunità di stati) si danno riguardo alla libera circolazione delle persone. In sostanza, se varchi un confine devi dichiarare chi sei e perchè lo fai.
Ma una volta riaffermato il reato di clandestinità possiamo dirci sereni e tranquilli? No di certo. La realtà quotidiana ci chiama a far fronte a un fenomeno tragico e dobbiamo farlo con quanta più umanita e saggezza possibile.
Chi riesce ad arrivare in Italia, non solo con i barconi ma con qualsiasi mezzo, scappa da realtà insopportabili ed ha tutto il diritto di farlo.
Ma noi che dobbiamo fare e cosa possiamo fare per non doverci vergognare e mantenere un apprezzabile spazio civile?
Una risposta convincente non è ancora stata trovata né qui né altrove e nemmeno se ne intravede alcuna all’orizzonte.
Penso però che molto si possa fare: l’attuale sistema di accoglienza o di “respingimento” (chiamatelo come volete) va profondamente cambiato.
Dietro l’asettica dicitura di “Campi di accoglienza” si nascondono in realtà veri e propri lager. Chi arriva in Italia, specie se dopo odissee terribili, va accolto e curato civilmente, per il solo fatto che è un uomo, anche se non ha nessun documento.
Ma fatto questo possiamo dichiarare che tutti possono rimanere nel nostro paese per il solo fatto di esserci arrivati?
L’istituto dell’asilo politico va ridefinito e applicato seriamente, con tutti gli obblighi che comporta per il nostro paese. Ma anche qui non è uno scherzo. Se è facile stabilire gli aventi diritto che scappano da persecuzioni,individuali o di gruppo, come comportarsi con quelli che arrivano, ad esempio, dai paesi islamici “moderati” o da regimi che di democratico hanno solo il nome?
Chi scappa da guerre e carestie o semplicemente perchè spera di costruirsi un futuro migliore ha minor diritto di restare qui?
Definire i criteri in base ai quali un immigrato clandestino possa restare in Italia non è certo semplice e soprattutto sappiamo che non è facile farli rispettare. E’ facile, invece, dire che i delinquenti vanno rimandati al loro paese; ma con tutti gli altri come pensiamo di comportaci? Come abbiamo fatto fino ad oggi?
Servono idee, organizzazione, soldi e tanta umanità. Quello che non possiamo fare però è far credere che l’Italia sia un porto franco in cui si arriva con ogni mezzo, senza documenti e ci si resta in ogni caso. Il Reato di immigrazione clandestina (chiamatelo in un altro modo se la definizione vi disturba) ci costringe a scegliere, fissare delle priorità, stanziare fondi, darsi delle regole che si possano far rispettare…
Insomma, a mio avviso, deve rimanere in vigore e diventare il biglietto da visita di un paese finalmente civile.
4 risposte a Qualche riflessione su una mozione da approvare