Sulla nostra scuola mi permetto tre domande

istituti-tecnici-superioridi Paolo Scattoni

Su questo blog e sui social c’è stata una vivace (secondo me giusta) reazione ad un’uscita del sindaco sull’Istituto di Istruzione Valdichiana (ex Marconi-Einaudi). È stata giudicata un’uscita infelice, critica ma anche contraddittoria, perché pochi giorni prima o stesso sindaco aveva espresso giudizi positivi. L’articolo di Carlo Giulietti ha ricevuto molti commenti di docenti ed ex docenti, così come di studenti ed ex studenti. La stampa locale, di solito molto amica del sindaco, è riuscita per ora a giustificarlo. Anzi silenzio assoluto.

Io che invece ho cercato sempre di evidenziare i pregi di questo istituto che è stato frequentato anche da uno dei miei figli, vorrei porre alcune questioni in spirito costruttivo.

Parto da una frequentazione della scuola negli ultimi anni. Mi riferisco al monitoraggio del progetto Laboratorio Ambiente, finanziato dalla Autorità per la Promozione della Partecipazione della Regione Toscana e in seguito quello di Air Self Control promosso dall’associazione Innovazione Locale al quale la scuola ha collaborato. Sono stati due progetti di “scienza di cittadinanza” che hanno ottenuto un buon successo.

Per porre le mie domande faccio riferimento ad uno studente conosciuto in quel contesto. Ne raccolto la storio, ma non ne faccio il nome. Ha frequentato il progetto di Laboratorio Ambiente. È un rumeno che parla con un accento fabrese che sitagia cn il coltello. Si lamentava cintinuamente di materie come storia, geografia, letteratura, di tutte meno che laboratorio. Poi scopro che un geniale maker, che all’inizio ha invaso il salotto di casa e in seguito il garage.

Affronta l’esame di maturità e con il suo 96 ottiene la prima o seconda valutazione di tutta la scuola. Lo rivedo qualche volta su facebook, nelle foto è con la fidanzata, forse oggi moglie.

Questa semplice storia mi sollecita tre domande. È possibile approfondire un metodo per queste persone geniali versate alla pratica e che vedono come una tortura lo studio delle materie “teoriche”? Per gli isttuti professionali sarebbe una rivoluzione. non so, ma un metodo basato sulle mappe mentali, con l’aiuto di software di supporti potrebbe aiutare?

La seconda domanda riguarda la dispersione di queste capacità maturate a scuola. Non so esattamente cosa faccia quello studente, credo l’elettricista, perché non fornire servizi che lo possano favorire nella sua attività di maker, inizialmente anche soltanto come hobby?

Nella mia frequentazione ho potuto vedere studenti che realizzavano oggetti complessi. Qualche volta se ne è scritto anche su questo blog o su innovazionelocale.it La quasi totalità di loro non ha proseguito a creare oggetti. Magari oggi fanno i camerieri sottopagati a Londra.

La terza domanda riguarda l continuazione del percorso di apprendimento. Sono rarissimi i diplomati al professionale che continuano con gli studi universitari. Quasi nessuno completa il percorso. La nostra università è la struttura meno adatta ad accoglierli. I laboratori sono spazi semisconosciuti che si scoprono dopo esami teorici per loro difficilissimi. Sul modello tedesco da qualche anno anche in Italia ci sono corsi postdiploma denominati Istituti Tecnici Superiori che combinano lo studio teorico con il lavoro in azienda. In provincia di Siene ce n’è uno sull’energia a Colle Val d’Elsa che però è poco frequentato dai nostri studenti. Si potrebbe pensare a un coordinamento di scuole da Chiusi ad Orvieto per crearne uno più orientato verso i maker?

Sono consapevole di parlare su cose che non conosco appieno. Mi chiedo, però, se le mie domande possano essere oggetto di riflessione.

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