Maxischermo di Lorenzetti presentato a Orizzonti

 

Questa presentazione del libro è stata inviata da Enzo Sorbera un po’ in ritardo ( a poche ore dalla presentazione al Festival Orizzonti) e non ho avuto modo di pubblicarla in tempo utile. Rimane però un’interessante recensione. (P.S.)

di Enzo Sorbera

E’ sempre un rischio presentare un lavoro artistico: al di la’ dell’equivoco, in cui si incorre spesso per proprie distrazioni o ignoranze, c’è sempre l’irrisolta questione se quel che ci piace non sia proprio quanto l’autore detesta del proprio lavoro.

Affrontare il lavoro di un amico, poi, con cui abbiamo condiviso percorsi e temi di scrittura, amplifica il rischio fino a farlo diventare un vero e proprio pericolo di deludere l’amico e magari esporsi a ritorni critici di moneta uguale e contraria.

E’ un rischio che sono sicuro di non correre nel caso di Riccardo Lorenzetti e del suo “L’anno che si vide i mondiali al maxischermo e altri racconti”, volume che presentato ieri lunedi 5 agosto nel contesto di Orizzonti.

Intanto perché non parlerò dei suoi magnifici racconti: non hanno bisogno di presentazione o, per dir meglio, mi piacciono così tanto che non riesco ad esserne distaccato come invece l’esercizio critico richiede. In secondo luogo, perché l’ironia di Lorenzetti è tale da essere immune persino all’equivoco. E’ l’ironia toscana, che lo contraddistingue.

Semplificando molto, dirò che, nel tempo, mi sono fatto l’idea che esistano due macro categorie di toscani: i Toscani, fieri portatori di una tradizione ironica e battutistica incline al cinismo, che non perdono l’occasione di deridere o trasformare in occasione di scherno anche le disavventure più ruvide, finendo per diventare antipatici (rientrava in questa categoria una mia amatissima zia che, a una mia rimostranza, mi fulminò con un “Meglio perder un amico che una battuta”), e poi ci sono i toscani, quelli che della tradizione fanno tesoro ma la ingentiliscono con uno sguardo più vicino alle altrui difficoltà, riuscendo a far diventare l’umorismo una forma di partecipazione sdrammatizzante, piuttosto che una presa di distanza.

Ecco, Riccardo partecipa di questa seconda forma di toscanità: caustico fino alla ferocia verso la stupidità che mostrano certi personaggi, è però capacissimo di accompagnare con un sorriso e una battuta di incoraggiamento le disavventure di chiunque, sia un bambino o una qualsiasi persona.

Appassionato di sport e di calcio fino al virtuosismo (mi parlava di giocate di calciatori dei tempi andati, dei quali conoscevo appena il nome e, in qualche caso, neppure quello), Riccardo usa talvolta questa sua passione come una sorta di lente per mettere a fuoco le deformazioni indotte da certe precostituzioni ideologiche. Attento lettore di Meneghello, Riccardo condivide con lui il senso di una dimensione “provinciale” come specchio e radice del più vasto mondo “metropolitano”.

In più, rispetto a Luigi Meneghello, la sua creatività si alimenta della sensibilità particolare che ha per le persone che lo circondano, che riesce a vedere nella loro complessità di microcosmi, come persone, appunto (mentre Meneghello estenua i suoi personaggi in “caratteri”). Questa sua caratteristica ne fa un autore particolarmente adatto per il teatro (splendida la riduzione che han realizzato Poliziani e Storelli di Maxischermo). Se il teatro è una palestra di dubbi, inscenare la complessità di questi personaggi aperti è una scommessa che riporta il teatro alle sue radici: nel mostrare, induce a riflettere.

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Una risposta a Maxischermo di Lorenzetti presentato a Orizzonti

  1. Paolo Scattoni scrive:

    Questo è il primo post su Orizzonti di quest’anno. Domani il festival chiude. Forse è arrivato il momento di fare i primi bilanci anche in relazione a quello che si è mosso in altri comuni (Cantiere di Montepulciano, Festa della Musica di Chianciano, ecc.).

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