La grande lezione della Nuova Accademia degli Arrischianti

Marco Fè mi aveva inviato questo articolo una settimana fa, ma mi era sfuggito. Chiedo scusa a Marco, agli artisti e agli amici di chiusiblog. (P.S.)

di Marco Fè

La sera di domenica 21 luglio presso il Castello medioevale di Sarteano si è conclusa la settimana teatrale della Nuova Accademia degli Arrischianti di Sarteano che ha presentato <La tempesta> di Shakespeare per l’adattamento e la regia di Laura Fatini e Gabriele Valentini. Ed è stata una grande lezione, non solo di teatro ma anche di libertà e di ampiezza di vedute, senza le quali è difficile parlare di cultura.

Dal punto di vista artistico e teatrale sono state accattivanti e originali le invenzioni dell’ azione scenica a tutto campo suddivisa in quattro palchi distinti e del gruppo di spiriti e marinai che si aggira tra il pubblico. Invenzioni belle ma rischiose perché, se non adeguatamente studiate e realizzate, lo spettacolo poteva perdere di intensità e di unità. Il rischio corso e brillantemente superato ha sortito l’effetto di un pieno coinvolgimento del pubblico e di un livello di meraviglia che non si è mai attenuato.

C’è poi stata la suggestione della Rocca, della piazza d’armi, del bosco di lecci e del panorama, mirabile esempio di come possono essere valorizzati i luoghi storici, artistici e naturalistici. Inoltre lo spettatore che non fosse stato della zona avrebbe potuto credere di trovarsi di fronte ad attori di professione e non dinanzi a dilettanti del teatro che sanno però lavorare come professionisti. E si può dir questo non solo di chi vanta una notevole esperienza ma anche dei giovanissimi che costituivano la maggior parte del cast teatrale. Dal punto di vista culturale è stata esemplare ma anche rischiosa la scelta di proporre il capolavoro di Shakespeare.

Rischio non nuovo per l’ Accademia degli Arrischianti che lo scorso anno ha presentato <Gli uccelli> di Aristofane. Ci vuole coraggio per saper andare controcorrente e proporre, in quest’epoca caratterizzata dal pensiero debole e superficiale, quei capolavori che sanno scendere nel profondo dell’esperienza umana. La risposta del pubblico entusiasta e numeroso, sia dell’anno scorso che di quest’anno, dimostra quanto ci sia bisogno di spettacoli che sappiano far pensare, elevare l’animo, proporre grandi valori, come, nel caso di <La tempesta>, la magia dell’arte e la necessità del perdono che riesce a comporre in unità ciò che le tempeste della vita hanno separato.

Gli aspetti più rilevanti dal punto di vista socio culturale sono stati la collaborazione, ormai consolidata, con il Cantiere d’arte di Montepulciano ed il coinvolgimento di circa 40 persone, di età e provenienze diverse, che hanno lavorato all’unisono per circa due mesi accumunate dalla passione per il teatro e all’insegna della creatività. A Sarteano sono quindi apparse le potenzialità artistiche della nostra zona che non sono poche e neppure di scarsa qualità e che lavorano all’insegna della gratuità.

Ciò nonostante non sono sufficientemente valorizzate da certe istituzioni, più inclini a seguire logiche di compromesso, la filosofia secondo la quale l’erba del vicino è sempre più verde e la narcisistica opportunità di vedere nella cultura un piedistallo su cui salire. E’ significativo il fatto che circa un terzo del cast teatrale di <La tempesta> era rappresentato da persone di Chiusi, e tra di questi i più esperti sono membri del prestigioso collettivo <Semidarte>.

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6 risposte a La grande lezione della Nuova Accademia degli Arrischianti

  1. Il risultato è stata la chiusura di tutte le compagnie locali, che non potevano permettersi i costi di affitto, e la loro migrazione verso le compagnie dei paesi vicini che hanno così cominiciato a proliferare e Chiusi ha perduto un’altra risorsa storica importante a causa della miopia di chi dà più importanza a qualche migliaio di euro piuttosto che all’attività sociale che il teatro può promuovere.

  2. Il teatro Mascagni di Chiusi, oltre che la propria funzione di luogo di spettacolo, ha svolto per molti anni anche quella di luogo di formazione culturale per gli amanti locali del teatro e della musica, suscitando coinvolgimento, ammirazione ed emulazione in tutti i paesi del circondario. Numerosi erano i gruppi teatrali locali che facevano a gara per allestire spettacoli che sempre riempivano il teatro e costituivano momento di aggregazione e di crescita sociale e culturale. Sociale perché per mesi le persone vivevano insieme per le prove e per l’allestimento finale; culturale perché riuscivano a diffondere tra la gente l’amore per il teatro e per la musica. Poi è arrivata la concezione del teatro come risorsa economica e gli affitti sono cresciuti a dismisura, gestiti da chi non aveva nessun interesse allo sviluppo dell’attività locale ma, anzi, la vedeva come una concorrente scomoda da combattere anziché favorire dimostrando di preferire il teatro di elite a quello popolare

  3. pmicciche scrive:

    Mi spiace di non averlo visto, causa anche la pioggia di quei giorni……in ogni caso il teatro fatto con queste premesse – la formula, il luogo e il tipo di coinvolgimento degli attori più o meno professionisti – è sicuramente un’occasione meritoria e, tra l’altro, una delle poche situazioni in cui il “teatro dal vivo” oggi può mostrare una sua piena vitalità. Invece Francesco, quando si parla di Promozione, anche nella sua accezione più cinica e propagandistica, si intende una strategia e una serie di eventi collegati e finalizzati. Nel caso specifico, Promozione è solo una insegna al neon (pure di quelle che ogni tanto fanno cilecca) dove esistono solo eventi slegati e senza una finalità complessiva che non sia quella di blandire certe categorie una per una. Diciamo che più che una Promozione è un’auto-Promozione e sicuramente una Bocciatura per Chiusi.

  4. ringrazio a nome di tutti per le belle parole. E’ vero che dove si semina disponibilità e condivisione (come a Sarteano) ….. si raccoglie cultura ed entusiasmo. Dove si semina promozione…… si raccoglie…. Boh!

  5. luciano fiorani scrive:

    Bello spettacolo, posto suggestivo e uno Storelli super.
    Del tutto condivisibili le considerazioni finali di Marco Fè.

  6. Di cultura non si mangia…….di pseudo cultura si.

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