La banca del tempo per la comunità, ma può essere solo un inizio

di Rosa Iannuzzi

Si è tenuto presso il Centro Visite “La Casetta” della Riserva Naturale del Lago di Montepulciano il terzo incontro dell’iniziativa “Sostenibilmente Aperti: per un futuro senza impronte” organizzato dalla Legambiente e dagli Amici del Lago di Montepulciano, dal titolo “La Banca del Tempo: per la solidarietà economica e sociale della comunità”. L’intervento del prof. Coluccia, pedagogista e ricercatore sociale indipendente, è stato preceduto dalla proiezione del film “Vivere senza soldi”, nel quale si raccontava la storia di una donna che ad un certo punto della sua vita decide di lasciare tutti i suoi beni e provare a vivere senza soldi. Il film ha sicuramente posto molti interrogativi sul tema, e alcuni di questi sono stati, più o meno provocatoriamente, anticipati dagli studenti che hanno assistito nei vari stati alle sue conferenze, o dai giornalisti dei quali è stata ospite televisiva, qualche volta con risultati a dir poco esecrabili per la capacità di tali conduttori di appiattire tutto o di cannibalizzare l’ospite  per il piacere dello show (emblematico il caso della conduttrice televisiva italiana Licia Colò). Contemporaneamente però sono stati anche molti i giovani che hanno apprezzato le sue idee e che ne hanno seguito i consigli, provando a mettersi in gioco.

La parola chiave che ha caratterizzato anche la presentazione della Banca del Tempo, è “reciprocità”. Una scommessa, oserei dire, e una sfida. E comunque credo l’unica strada che può permetterci di non farci sbalzare fuori da questo delirante senso di onnipotenza, che caratterizza molti soggetti che appartengono anche alla nostra quotidianità. Io ne aggiungerei qualcun’altra: umiltà, ascolto, attenzione, accoglienza.

Accompagnate da una volontà di imettersi in gioco, ognuno per la sua parte, di tenere insieme e non di dividere, di tessere e non di strappare. Perchè credo che non abbiamo ancora preso consapevolezza della grave situazione nella quale ci troviamo. Dalla quale possiamo uscire solo se creiamo rete, perchè da soli – cittadini, associazioni, partiti, – possiamo solo soccombere. Alla Banca del tempo, la risorsa scambiata è quella relativa alla disponibilità di tempo, di saperi, di
capacità. Si entra in una rete che permette alle persone aderenti, di potere dare e ricevere aiuto nelle piccole cose di tutti i giorni, ma sopratutto di poter uscire fuori dalla tenaglia dell’incapacità che abbiamo sempre più di dare e – anche se può apparire strano – di chiedere.

Credo però che la Banca del tempo possa essere solo l’inizio di un percorso, nel quale dentro ci stanno i Gas (Gruppi Solidali di Acquisto), l’equo-mercato, i gruppi di auto mutuo aiuto, ed anche in parte il tessuto associativo, quando non diventa un luogo nel quale trincerarsi, piuttosto che un terreno comune di scambio.

Recentemente sono stata a Torino a trovare la mia famiglia e rivedendo gli amici più cari, mi hanno parlato del cohousing (per chi fosse interessato può visitare il sito www.cohousingitalia.it/ ) forse perchè tutti noi proveniamo da esperienze di convivenza amicale, forse perchè i nuclei familiari cambiano, non solo per la crescita dei figli, ma anche per effetto delle separazioni, o forse perchè siamo coscienti che vivere l’età “adulta” da soli fa molta più paura, che viverla insieme ad altri. Da questa crisi, economica, sociale, culturale, ne possiamo uscire solo se cambiamo il paradigma mentale con il quale ci
approcciamo gli uni agli altri, se riusciamo – e so quanto questo sia faticoso – a mutare polarità alle nostre “mancanze”, perchè molto spesso non dipendono solo da noi.

Possiamo quindi pensare alla costituzione di una rete di solidarietà laica – e scusate la puntualizzazione ma per me è d’obbligo, per evitare atteggiamenti caritatevoli o quant’altro – che si chiami Banca del Tempo, o gruppo di auto mutuo aiuto costituito da cittadini singoli e nuove famiglie ( e per nuove intendo tutte le forme di convivenza che sfuggono ad una catalogazione religiosa o governativa) ?
Aspetto i vostri commenti e intanto vi ricordo che Domenica 28 ottobre si terrà l’ultimo incontro dal titolo “La decrescita felice” dove verrà anche presentato il libro “Pensare come le montagne”, a cura dell’autore Paolo Ermani, Presidente Ass. PAEA, alle 15.30 nello stesso luogo indicato all’inizio
di questo articolo.

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4 risposte a La banca del tempo per la comunità, ma può essere solo un inizio

  1. Anche noi siamo disponibili a metterci in gioco! La nostra è una identità marcatamente ecclesiale. Amare Dio, gli uomini e ogni singola persona come noi stessi, anche quando non lo merita, fino a dare la vita, è l’ imperativo che ci ha dato Gesù. In questi tre anni e mezzo abbiamo aperto due appartamenti presi in affitto e ospitiamo e condividiamo, con gli ex senzatetto e con il vicinato i pesi e le gioie del vivere insieme. A giorni apriremo anche una “sala da pranzo” di vicinato. Non abbiamo mai chiesto a nessuno di recitare il “credo” prima di essere accolto. La Carità poi, non è elemosina, ma è la vita divina intratinitaria che ci è conferita mediante il battesimo e la fede. Quello che leggo nell’ articolo è molto condivisibile, salvo il dover fare professione di “ateismo”.
    Claudio Provvedi*
    Presidente della Fraternità René Hagen di Chiusi

    La nostra è una identità marcatamente ecclesiale

  2. pscattoni scrive:

    Condivido. Sono sempre di più coloro che pensano che l’impegno gratuito ha sempre più spazio nell’economia tanto da mettere in crisi i vecchi modelli sul funzionamento del mercato.

  3. Mi piace il tema della ribellione al denaro e penso che la via della cultura sia una delle più facili da percorrere per emanciparsi progressivamente dalla sua ossessione. Un esempio. Pensiamo a una vetrina di un museo, dove per anni viene esposto il solito oggetto. Si dirà che per quanto sia bello il visitatore verrà una volta, gli basterà quella e poi non tornerà più. Un Settis qualsiasi – e qui mi riallaccio a una discussione apertasi da poco sul blog – osserverebbe che bisogna offrire qualcos’altro e suggerirà investimenti per cambiare allestimento, salvo poi osservare che non si può fare nulla perché ormai di risorse per la cultura non ce ne sono più. Io dico invece che se già la prima volta di quell’oggetto è stata fatta capire l’importanza e la pregnanza culturale, cioè la sua capacità di offrire sempre nuove informazioni incrociandole con altre, e che in ogni caso la ricerca prosegue, lo stesso visitatore la volta dopo in quella stessa vetrina vedrà il solito oggetto trasformato dalle nuove informazioni offerte e continuerà a tornare in quel museo, perché esso sarà entrato nel suo percorso mentale e affettivo, perché magari si sarà legato anche a quella persona che con gentilezza e passione gli avrà offerto sempre nuove notizie e prospettive. Pochi stipendi bene investiti su persone capaci e appassionate possono valere molto ma molto di più di ben più costosi arredi e allestimenti, dove spesso la tecnologia e l’esercitazione di stile sono fini a se stessi, o meglio a chi li produce.

  4. Gaetano Rispoli scrive:

    Grazie Rosa per il bellissimo articolo.
    Il Circolo di Legambiente da anni cerca di movimentare le coscienza sui temi della sostenibilità, della reciprocità e della cittadinanza attiva, i risultati ottenuti non posso giudicarli io che sarei di parte.
    Credo che a questo punto sia quasi obbligatorio creare una rete di mutuo aiuto, che non abbia niente di caritatevole, ma che punti alle effettive necessità degli individui e delle comunità.
    Oltre alle cose che elencavi, G.A.S., cohousing, banca del tempo, sento di inserire come necessità anche quella della mobilità, affrontata in una interessante conferenza proprio Giovedì sera a Montepulciano, nel nostro territorio ci sono molte difficoltà in questo campo e potrebbero essere sopperite con una rete di reciproco aiuto.
    Noi siamo disponibili a metterci in gioco.

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