In Duomo, magistrale lezione sulla mafia di Maurizio Artale. Ma troppi ragazzi erano in piazza

di Marco Fè

L’ incontro con Maurizio Artale, organizzato dall’ I.C. Graziano da Chiusi nel contesto delle iniziative di apertura dell’anno scolastico e svoltosi venerdì 28 nel Duomo di Chiusi, oltre ad essere stato una lucida panoramica sul devastante fenomeno mafioso ha suggerito una riflessione quanto mai attuale sulla Chiesa di oggi e sul suo rapporto con il mondo.

Anzitutto un’allarmante verità: il fenomeno della malavita organizzata ha in Sicilia, Calabria, Campania e Puglia le sue manifestazioni più eclatanti e violente ma come mentalità e costume sociale è diffuso in tutta la Penisola.

Basti pensare a Chianciano! ha precisato Maurizio Artale, presidente del Centro “Padre Nostro” di Palermo, fondato da Don Puglisi. E’ una “forma mentis” ammantata di perbenismo e di ipocrisia che si nasconde sotto i termini di grandi valori, come “famiglia” ad esempio, per svuotarne e stravolgerne il contenuto più vero e nascondere i più devastanti attentati alla persona e alla società.

Si trincera dietro un’apparente legalità ma “fare le cose legali – ha precisato – non significa fare cose giuste… basti pensare all’aborto e al falso in bilancio”. E’ un fenomeno trasversale che coinvolge chi detiene le leve del potere politico ed economico, predilige i partiti e i mezzi di informazione e si insinua, in maniera subdola, anche negli ambienti al di sopra di ogni sospetto, come la sanità, la scuola, e, anche se indirettamente, la Chiesa.

I suoi adepti si riconoscono al fiuto ed amano stringere dei rapporti stretti che chiamano amicizia e collaborazione e che in realtà sono solo squallidi legami settari che hanno il miraggio di accrescere ancora potere e denaro. Il primo sintomo del fenomeno malavitoso è la prassi, apparentemente innocua, per cui si preferisce “quello perché è dei nostri” piuttosto che quell’altro che dei nostri non è. E l’ultimo sintomo, presagio della fine imminente, è il delirio di onnipotenza che caratterizza gli adepti che hanno fatto più strada.

Don Puglisi – ha continuato Artale in un passaggio particolarmente felice – era un prete normale, ucciso dai cristiani, di quelli che amano i primi posti in Chiesa nelle solennità, e portano statue di santi e madonne nelle feste patronali. Quale cristianesimo praticano? quale battesimo hanno ricevuto?” Quale vangelo leggono ? potremmo aggiungere.

E Maurizio Artale ha così disegnato i contorni di una Chiesa che non deve mai scendere a compromessi con il potere sia politico che economico, infatti Don Puglisi rifiutò 30 milioni delle vecchie lire che un mafioso gli voleva regalare per le feste patronali. E’ apparsa una Chiesa che si incarna nel mondo e promuove la giustizia e i valori che ogni uomo ha dentro di sè; una Chiesa, infine, che ama il nemico così come Don Puglisi sorrise dinanzi ai suoi uccisori. Una magistrale e attuale lezione sociale, economica, politica, storica ed ecclesiale. Anche e soprattutto per i giovani. Peccato che la maggior parte di loro erano fuori dalla chiesa, in Piazza Duomo, a preparare il bellissimo concerto che ha seguito la lezione di Maurizio Artale.

 

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2 risposte a In Duomo, magistrale lezione sulla mafia di Maurizio Artale. Ma troppi ragazzi erano in piazza

  1. luana scipioni scrive:

    Peccato, non ho potuto esserci. Ho letto e riletto il post di Marco Fè, ho l’impressione che per riassumere un discorso piuttosto corposo forse ha sintetizzato troppo qualche passaggio. Se vogliamo incominciare a parlare di cultura della legalità, propongo ai frequentatori del blog un esercizio: segnalare qualsiasi episodio di illegalità, sopraffazione o malcostume anche senza riferire i nomi delle persone coinvolte. Periodicamente possiamo farne una lista e rifletterci su. Potrebbe essere un modo per osservare meglio ciò che accade quotidianamente a noi o intorno a noi. La Sicilia forse non è così lontana. E la massoneria?
    Non ho capito: ma la Chiesa se ama il nemico può amare anche le donne più sfortunate o più deboli che ricorrono all’aborto?

  2. lucianofiorani scrive:

    Caro Marco (Fè), forse è stato meglio così. E’ bene che i nostri ragazzi non sentano certi discorsi.
    Passano gli anni ma sempre di “buoni e cattivi maestri” ci ritroviamo a discutere.

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