Così parlava Chiusi

di Fulvio Barni

Se vogliamo conoscere un popolo nei suoi minimi particolari non vi è cosa migliore che scavare a fondo nella vita di tutti i giorni. Ne verrà fuori la vera indole, il particolare carattere. Ed è proprio quanto ho tentato di fare una ventina di anni fa in una breve opera dedicata alla mia città, intitolata “Così parlava Chiusi”.

Quello che ne è venuto fuori, attraverso la raccolta di proverbi, modi di dire, vocaboli, è la storia di una popolazione che ama la propria terra, la casa, la famiglia. Un insieme di persone, essenzialmente di origini contadine, che voleva a tutti i costi diventare industrializzata trascurando, come del resto avveniva in quasi tutta l’Italia, la ricchezza che sarebbe potuta scaturire dallo sfruttamento della campagna e, soprattutto, del turismo.

Se analizziamo bene questi aforìsmi ci accorgiamo che moltissimi sono ancora validi, e potremmo persino arrivare a dire che nulla è cambiato da quando sono stati coniati: quello che volevano significare allora è ancora oggi tutto vero, o quasi. Vorrei riproporne qualcuno, magari tra i più simpatici, sperando anche che nessuno si scandalizzi se conterranno parole un po’ “pesanti”.

D’altra parte sarebbe come indignarsi di fronte al un nudo di un famoso pittore o scultore, essendo anche questa “arte”, frutto soltanto della saggezza popolare, è vero, ma pur sempre arte. Intendiamoci: non sono tra quelli che vogliono ad ogni costo recuperare i dialetti, ormai in gran parte dimenticati dagli anziani e ignorati dai giovani, per ragioni di bassa voglia di frantumazione politica, o di campanilismo ripristinato con fini separatistici, ma soltanto per far riscoprire un patrimonio che rischia di finire sepolto come le testimonianze dei nostri progenitori etruschi.

Al tempo de’ coglioni a te ti pigliavono per legaccio

Indica una persona poco furba la quale, metaforicamente, viene usata per legare un fascio di “coglioni”. Come dire il più coglione tra tutti.

Bocca unta ‘un disse mai male di nessuno

La bocca untuosa è tipica di chi ha mangiato cibo succulento. L’espressione vuol significare che un popolo che vive bene e non soffre non si lamenterà mai di chi lo governa.

E’ come la pila dell’acqua santa: c’inzuppono ‘n tanti

Indica una donna di facili costumi. Il riferimento all’acquasantiera rende perfettamente l’idea, infatti sono in molti a metterci le mani.

O che sei di bossulo?

Duro di comprendonio. Poco sveglio. Il riferimento è alla pianta del bosso, molto usata nelle siepi dei giardini all’italiana. Il suo legno è durissimo.

Tutti bravi ma ‘l cacio manca!

Professarsi persone oneste ma in realtà non è così.

Un prestà’ mai lo staio

Si dice di un tipo logorroico che non cede mai la parola. Questo modo di dire ha avuto origine verso la metà del XV secolo quando in ogni comune esisteva un solo staio per la pesatura delle granaglie. Lo avevano in consegna i “Massari”, amministratori dei beni pubblici, che lo prestavano a chi ne faceva richiesta e doveva essere riconsegnato prima di sera.

Largo come ‘na pina verde

Si dice di un avaro. La pigna quando è ancora verde ha le sue scaglie ben serrate tra loro e non lasciano uscire i pinoli.

Esse’ più coglioni del lume a mano

E’ riferito ad una persona buona, sempre disponibile. Il paragone con un vecchio lume che si può trasportare ovunque si voglia rende bene l’idea.

Lui lo sa sempre ‘n do’ dorme ‘l lepre

Si dice di una persona molto scaltra ed informata su tutto. E’ risaputo, infatti, che la lepre non dorme mai nel solito posto.

Tanto sonagli ‘n ciufulo che ‘n campano

E’ inutile spiegare una cosa a chi è duro di comprendonio.

O cacà’ o mostrà ‘l culo

Essere costretti ad agire forzatamente. Non avere alternative.

A punti a punti si cuce le scarpe

A piccoli passi e con tenacia si portano a termine progetti che a prima vista sembravano irrealizzabili.

Esse’ la querce del posatoio

Riferito ad una persona disponibile alla quale in tanti si appoggiano per qualsiasi bisogno.

Mettisi di buzzo bòno – oppure – Buttassi abbabbomorto

La vorare alacremente, con operosità.

Un sapè’ batte’ ‘n chiodo – oppure – ‘Un sapè’ fa’manco l’O col culo

Non avere ne arte ne parte. Il riferimento al non saper fare nemmeno un cerchio avendo a disposizione uno stampo la dice lunga.

Strilli tanti ma la lana punta, disse quello che andò a tosà’ i maiali

Questo modo di dire sta ad indicare come sia perduto il tempo dedicato ad un’impresa impossibile. E’ chiaro che non si ottenga lana tosando maiali.

Da quando mi so’ messo a fa’ i cappelli nascono tutti l’òmini senza capo

Questo è quanto potrebbe esclamare un imprenditore dopo essersi gettato in un’impresa che non ha avuto buon esito.

Ma che vòi ‘nsegnà’ al babbo a fa’ l’occhi a’ citti?

Come il figlio non può insegnare al padre il modo per generare la prole, così l’apprendista non può insegnare al maestro i segreti del mestiere.

Ma oggi che festa è, San Sughero?

E’ riferito alle leggere e ai vagabondi che prendono a pretesto qualsiasi cosa pur di non lavorare.

A ognuno ‘l suo e ‘l lupo a’ le pecore

Ogni persona dovrebbe fare quello di cui è capace, senza improvvisare nulla.

Chi paga avanti secca la vigna

Chi paga prima che sia ultimato un lavoro rischia di perdere i soldi o di non ottenere un buon risultato.

Chi ha magna, chi ‘un ha stenta oppure Disse la granocchia al rospo, salta chi può

Chi sta bene economicamente non ha problemi, gli altri fanno una vita di stenti.

Mali, malanni e l’uscio addosso

Detto da una persona perseguitata dalla sfortuna.

La croce e ‘l lanternone tocca sempre al più coglione

I lavori più faticosi e umili toccano sempre a chi non riesce ad evitarli. I furbi si attrezzano sempre.

Se era forcelluto me le cavavo tutt’e due, disse quello che si cavò ‘n occhio co’ ‘no stecco

Pensate a quanto si ritiene fortunata, nonostante la disgrazia, questa persona. Il modo di dire c’insegna che spesso bisognerebbe accontentarsi di quello che si ha.

O che c’è entro ‘l batalischio?

Se lo chiede qualcuno che spesso è colpito dalla sventura. Il “Batalischio” altri non è che il Basilisco, il rettile favoloso a cui le leggende attribuivano il potere di portare sfortuna nei luoghi in cui si aggirava.

Perde’ ‘l franco e la nonna

Perdere una scommessa o un affare in cui avevamo investito dei soldi. A proposito di questo aforìsma si racconta un aneddoto: Un giorno un uomo scommise del denaro con un amico che la nonna gravemente ammalata non sarebbe morta, ma dopo pochi giorni la nonna passò a miglior vita e così perse il franco e la nonna.

Un arriva mai la pezza al rotto

Questo modo di dire esprime chiaramente cosa sia la miseria. Infatti, pur cercando di mettere una toppa sopra uno strappo, non si possiede una pezza abbastanza grande che riesca a coprire lo stesso.

Nel prossimo articolo cercherò di mettere insieme un breve glossario chiusino con i vocaboli e i verbi più significativi.

*Foto Archivio Sacco

 

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Una risposta a Così parlava Chiusi

  1. Il bel’articolo del Barni mi ha messo addosso, strano a dirsi, una specie di tristezza che può essere riassunta cosi’: oggi la saggezza popolare è sparita, è stata rimpiazzata da, non so bene come descriverla, un qualcosa che è all’opposto della saggezza stessa. Oggi si vede gente di una certa età fare e dire cose che, se fatte o dette a quei tempi, verrebbe voglia di dire; ‘strilli tanti ma lana punta, disse quello che andò a tosà i maiali’.
    Credo che questo cambiamento sia la causa di tutto ciò che non va sia a Chiusi che nel resto del mondo.

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