Qualità della scuola: è la cultura locale che conta

di Paolo Scattoni

ll ministro della scuola e l’università Profumo ha fatto conoscere i contenuti della riforma del governo. Per capire le intenzioni basta citare il titolo dell’articolo su Repubblica: “Soldi a scuole e atenei migliori, premi agli studenti più capaci, ecco la riforma dell’eccellenza”.

Premetto subito che sono favorevole alla competizione. Non sono però convinto che la competizione sia la sola medicina. Non si può pensare, però,a una soluzione dei problemi senza cercare di capire che cosa non funziona nella nostra scuola e il perché della differenza fra una scuola e l’altra.

A questo proposito mi ha impressionato una tabella a corredo dello stesso articolo e che qui riporto. La qualità delle scuole italiane (se si esclude la positiva eccezione della Basilicata) vede nelle prime posizioni le regioni più settentrionali e decresce muovendosi verso sud con la Sicilia all’ultimo posto.

La Toscana non è messa bene collocandosi appena al di sotto della media nazionale (decima su 18 regioni censite).

Certo queste graduatorie sono sempre approssimative, ma qualche considerazione deve pur essere svolta.

La qualità della scuola italiana è forse figlia della stessa cultura che influenza pesantemente il tessuto produttivo. Forse possiamo dire che è la qualità stessa della scuola una delle condizioni di quello sviluppo.

Mi chiedo allora se per dare qualche chance allo sviluppo non si debba pensare a migliorare le nostre scuole. Per quanto riguarda Chiusi si dovrebbe cominciare a pensare come la comunità locale possa contribuire a perseguire l’obiettivo. Dobbiamo capire come le nostre istituzioni possano contribuire a migliorare le nostre scuole.

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3 risposte a Qualità della scuola: è la cultura locale che conta

  1. enzo sorbera scrive:

    mi sa che della scuola resterà solo un profumo stantio

  2. pscattoni scrive:

    Per carità, non ne voglio ad alcuno. Ricordo però che abbiamo già un istituto professionale alberghiero a Chianciano e uno per i servizi turistici a Città della Pieve.
    Sarebbe però bene capire come la scuola secondaria a Chiusi debba essere potenziata sulle produzioni dbasate su nuove tecnolobgie. Ce l’abbiamo e sarà bene supportarla adeguatamente. Anche perché forse qualcuno non lo sa, ma alcune piccole e medie imprese che vi operano a Chiusi ci sono. Sono, fra l’altro, quelle colpite meno dalla crisi. Basta studiare un po’.

  3. Riporto una parte del mio intervento al Consiglio Comunale sulla crisi economica:
    “Altra considerazione che dobbiamo fare è sul tipo di scuole superiori che abbiamo a Chiusi. Io penso che gli istituti presenti non hanno più nulla a che vedere in relazione al futuro della nostra città. L’istituto tecnico commerciale ha avuto senso fino a quando c’è stata grossa richiesta da parte degli istituti bancari di diplomati, oggi non c’è più questo tipo di richiesta. L’istituto tecnico per geometri ha avuto la sua importanza fino a quando c’è stato il boom dell’edilizia ma oggi cosa faranno tutti questi geometri? L’istituto tecnico professionale i cui indirizzi, sebbene rinnovati, nel nostro territorio sembra non abbiano sviluppo di alcun tipo. Detto ciò credo che anche le nostre scuole dovranno cambiare indirizzo andando a formare giovani che possano lavorare nel turismo, nell’agricoltura di qualità, nei beni archeologici e nella cultura in generale cioè come già detto nei settori che sono la peculiarità della nostra città”
    Che Paolo Scattoni non me ne voglia

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